Negli ultimi mesi il governo Meloni ha lanciato una serie di iniziative nel campo dell’innovazione tecnologica, in particolare su alcuni temi come startup, criptovalute e intelligenza artificiale. È cosa buona o c’è da stare in allerta?
Startup: buone norme grazie al confronto in Parlamento
Partirei dalla questione startup. Ricordo come alla pubblicazione del Disegno di Legge sulla Concorrenza ci fu una sommossa del mondo startup. Ma come? Venti mila euro di capitale sociale minimo per aprire una nuova startup? Perché poi nuove complicazioni che porterebbero a nuove interpretazioni sulla definizione di cosa sia in effetti una startup innovativa? In che modo tutto questo dovrebbe valorizzare il settore?
Fortunatamente – caso più unico che raro – nel corso del dibattito parlamentare, in cui le associazioni sono state ascoltate – si è effettivamente riusciti a ottenere un ripensamento del Governo. Non solo si è tornati indietro sulle norme critiche, si è infatti fatto un grande passo in avanti grazie all’introduzione di novità rilevanti come l’obbligo di investimento in Venture Capital per i fondi pensione (norma che nella scorsa legislatura era stata fermamente esclusa dagli uffici ministeriali), l’esclusione dal registro delle attività di consulenza, l’ampliamento dei termini di permanenza nel registro stesso e il potenziamento della politica incentivante.
Ecco questo è un bell’esempio di come si possano partorire buone norme per il Paese, grazie al confronto aperto con chi vive ogni giorno il proprio settore e non solo con i funzionari ministeriali.
Unico appunto? Sarebbe meglio farlo prima di pubblicare le norme. Non è più accettabile pubblicare in Gazzetta Ufficiale provvedimenti palesemente frutto di una conoscenza parziale del tema affrontato, conseguenza del totale distacco dalla realtà di parte della politica. Politica che deve comprendere quanto l’incertezza normativa sia un dramma strutturale del nostro Paese e che pesi molto più di una tassa. Frena l’iniziativa di impresa, allontana gli investitori e fa scappare i talenti. Non comprendo davvero questo atteggiamento da parte del Governo.
Webtax su startup e Pmi e tassazione sulle plusvalenze per le criptovalute
E qui mi collego alla Legge di Bilancio il cui articolo 4 contiene poche righe estremamente rilevanti. In primis la webtax estesa a startup e Pmi, in secondo luogo l’aumento della tassazione sulle plusvalenze per le criptovalute. Due norme assurde, giustificate da un gettito (stimato) ridicolo, rispettivamente di 50 e 17 milioni di euro l’anno. L’articolo 4 ha lasciato tutti noi attoniti: possibile che il Governo si comporti in questo modo nei confronti di settori innovativi, per un gettito del genere, senza tra l’altro stimare gli impatti negativi su imprese e investimenti?
Verso una proposta di riformulazione del Governo sul tema criptovalute?
Scrivo a dibattito parlamentare in chiusura. Ci sarà forse una proposta di riformulazione del Governo sul tema criptovalute. Non sono ottimista. Credo che comunque sarà un aggravio rispetto la situazione odierna e sarò ben felice di essere fragorosamente smentito. Tra l’altro si tratta di un tema toccato già nelle scorse Leggi di Bilancio.
C’è dunque una recidiva e quindi ci dobbiamo chiedere: cosa ci aspetterà tra 12 mesi? Un’altra sorpresa? Su questo insisto particolarmente perché assisto a un dibattito davvero sterile. Vedo ministri andare in televisione citando ritriti stereotipi sulle immani tragedie che Bitcoin porta con sé. Tutto questo mentre i maggiori operatori finanziari a livello internazionale stanno sviluppando e mettendo a mercato strumenti per investirci, mentre Powell della Federal Reserve lo definisce sostanzialmente l’oro digitale e mentre Paesi di primo piano – come proprio gli USA – iniziano a considerare l’ipotesi di fare di Bitcoin una riserva statale.
Intelligenza artificiale: aree da attenzionare
La lungimiranza che vediamo nei confronti del mondo crypto spero non sia la stessa rispetto ad altre tecnologie emergenti come l’Intelligenza Artificiale. “Visto che il fenomeno va diffondendosi” (cit. Viceministro all’Economia Leo) non vorrei che il legislatore facesse il solito passo in avanti nel vuoto, andando a fissare paletti laddove ancora manca il terreno. Si tratta della stessa critica all’approccio dell’AI Act, approccio che probabilmente sarà rivisto da questa rinnovata Commissione Europea.
Nel campo dell’AI vi sono aree estremamente critiche da trattare. Penso alla sanità, alla pubblica sicurezza, all’intelligence. Si tratta di ambiti in cui il funzionamento dei sistemi autonomi dovrà essere particolarmente regolato e attenzionato. Ciò significa che oggi le attività di ricerca e sviluppo si devono fermare? Ovviamente no. Ed è qui che devono entrare in gioco – non a gamba tesa – le istituzioni. Auspico e mi aspetto un atteggiamento più aperto e orientato verso le opportunità della transizione digitale e di tutto ciò che comporta, piuttosto che estremamente cautelativo rispetto a rischi che anche oggi non siamo in grado di quantificare o, ancor peggio, immaginare.
Tecnologie emergenti: meglio la deregulation e l’ascolto di leggi frettolose
Cosa suggerisco quindi al Governo? In primis di non cedere alla tentazione del legislatore medio, quella di produrre nuove leggi all’unico scopo di poterci mettere un nome sopra senza ovviamente valutare le drammatiche conseguenze delle proprie azioni. E mi riferisco soprattutto alle tecnologie emergenti su cui anche gli stessi esperti a livello internazionale hanno difficoltà a pronunciarsi su prospettive di medio-lungo periodo. Sarebbe infatti molto più utile e apprezzato ragionare in ottica di deregulation e semplificazione.
In secondo luogo penso sia utile camminare nel solco scavato nel Disegno di Legge per la Concorrenza: l’azione politica dovrebbe essere subordinata all’ascolto delle categorie coinvolte e alla condivisione dell’iniziativa legislativa. Chiaramente – ultimo punto – a patto che tutto questo avvenga ex-ante rispetto a una seduta del Consiglio dei Ministri all’insaputa delle parti sociali coinvolte.
D’obbligo poi il suggerimento rivolto agli imprenditori, alle associazioni di categoria e in generale alle parti coinvolte: bisogna far sentire la propria voce. In un dibattito politico tristemente sterile e incentrato su non-problemi del presente e su retaggi del passato, è oggi più che mai necessario impostare una virata verso quello che verrà.