Lonestar Data Holdings è un’azienda americana che ha recentemente lanciato un progetto per la realizzazione di data center all’interno di grotte lunari entro il 2026. I primi test di trasmissione dati dalla Terra alla Luna – avvenuti tramite un lander – sono andati bene e a breve verrà sperimentato anche il dispiegamento di sei satelliti nell’orbita lunare per l’archiviazione di informazioni.
L’avvento dell’IA e la corsa alla creazione di data center
Al di là delle suggestioni fantascientifiche, l’insolita iniziativa risponde a quella che è una vera e propria corsa alla realizzazione di nuovi data center in giro per il mondo (e non solo), alimentata in particolare dall’avvento dell’intelligenza artificiale.
A differenza delle precedenti tecnologie, che hanno avuto tempistiche di adozione medio-lunghe, gli strumenti abilitati dall’intelligenza artificiale sono proliferati rapidamente e diventati disponibili a livello globale quasi da un giorno all’altro, sotto forma di chatbot o generatori di testi e immagini. Il dibattito su questo dirompente sviluppo dell’IA è stato finora dominato dal tema della fornitura dei semiconduttori, ma un’altra questione comincia a imporsi all’attenzione: dove realizzare i data center necessari ad alimentare gli enormi carichi di lavoro dell’IA.
Gli Usa capitale mondiale dei data center
Gli Stati Uniti sono oggi il Paese che ospita il maggior numero di data center al mondo, oltre 5.000. Al secondo e terzo posto ci sono rispettivamente la Germania e il Regno Unito con circa 500. La Cina è in quarta posizione con poco più di 400. Nonostante questo enorme vantaggio, sono proprio gli Stati Uniti i più attivi nel cercare nuovi spazi per la realizzazione di data center. Non necessariamente entro i propri confini.
I problemi energetici legati alla proliferazione dei data center
La rete energetica americana – infrastruttura fondamentale per i data center – è infatti obsoleta e comincia a manifestare i suoi limiti con ricorrenti blackout. Negli ultimi anni è stata sottoposta a un’enorme pressione a causa di una serie di fattori, tra i quali l’aumento generale della domanda di elettricità, i ritardi negli aggiornamenti delle infrastrutture, gli eventi meteorologici estremi e la lenta transizione verso le energie rinnovabili, che con la prossima amministrazione potrebbe subire una frenata.
Per comprendere come l’avvento dell’IA stia impattando sulle esigenze energetiche, è sufficiente evidenziare che ogni richiesta che facciamo a ChatGPT richiede quasi 10 volte più elettricità per essere elaborata rispetto a una ricerca su Google. Goldman Sachs ha stimato che nel 2022 i data center abbiano utilizzato il 3% dell’energia degli Stati Uniti, una percentuale che potrebbe raggiungere l’8% entro il 2030.
La Federal Energy Regulatory Commission ha previsto che l’utilizzo dei data center aumenterà da 17 gigawatt nel 2022 a 35 GW nel 2030. Negli Stati Uniti, il tempo medio di consegna per costruire nuove infrastrutture della rete elettrica può arrivare fino a 10 anni. Tempistiche che non si conciliano con lo sviluppo sempre più rapido dell’IA e soprattutto non permettono di contrastare l’attivismo del principale competitor americano, la Cina.
La strategia cinese per diventare leader nell’IA
Nell’applicazione della sua strategia per diventare leader nell’intelligenza artificiale, Pechino ha già avviato la costruzione di dozzine di reattori nucleari, la sua produzione di carbone ha raggiunto livelli record nel 2023 e i suoi investimenti in energie rinnovabili ammontano a un terzo di quelli globali. Parte di questa potenza energetica è messa a disposizione di un’iniziativa nazionale lanciata nel 2022 chiamata “Eastern Data, Western Computing“, che prevede anche un investimento di 6,1 miliardi di dollari in otto importanti hub di data center.
Gli Usa alla ricerca di alleati affidabili per una rete di data center
Per queste ragioni oggi Washington comincia a guardare oltre i propri confini alla ricerca di alleati affidabili per la realizzazione di una rete di data center.
Il Canada
Al primo posto sulla mappa c’è il Canada, principale partner commerciale degli Stati Uniti, membro della NATO e dell’alleanza di intelligence Five Eyes. Il Paese ha grandi quantità di terre ben alimentate a livello di energia e collegate in rete. I principali sviluppatori di data center hanno recentemente annunciato importanti progetti, in particolare nella zona di Alberta, ricca di energia.
La crescita del mercato giapponese
Un altro alleato storico degli Stati Uniti, il Giappone, vanta un ecosistema tecnologico evoluto e ospita aziende importanti della filiera dell’IA. Oggi il Giappone è al decimo posto al mondo per numero di data center, con un potenziale ancora inesplorato per una delle culle delle tecnologie più avanzate. Grazie soprattutto al rivitalizzato interesse per l’intelligenza artificiale si stima che il mercato nipponico dei data center possa raggiungere un valore di 30 miliardi di dollari entro il 2029, rispetto ai 23 miliardi del 2021. Il governo sa che il Paese può giocare un ruolo importante nella competizione tecnologica tra Stati Uniti e Cina e ha intrapreso politiche ambiziose per attrarre investimenti esteri da parte di aziende tech e operatori immobiliari attivi nel settore dei data center.
Il mercato dei data center in India
Nel quadrante geografico dell’Indo-Pacifico, anche l’India è osservata con attenzione. Secondo l’ultimo rapporto di Cushman & Wakefield, l’attuale capacità dei data center nelle prime sette città è di 977 MW, ma si stima che la capacità totale potrebbe arrivare a 3,29 GW entro il 2028. Il valore del mercato dei data center in India nel 2023 è stato di 4,5 miliardi di dollari e nel 2032 potrebbe arrivare a 11,6 miliardi con un tasso annuo di crescita dell’11%.
Tre sono le principali ragioni che inducono a stime ottimistiche.
La prima affonda le sue radici nella decisione della Reserve Bank of India di imporre l’archiviazione dei dati finanziari all’interno del Paese.
La seconda è la costante crescita della penetrazione di Internet, con una base utenti che oggi sfiora gli 800 milioni.
E infine, la veloce transizione di aziende e organizzazioni di tutte le dimensioni verso piattaforme basate su cloud. A queste ragioni si aggiunge un impulso molto determinato da parte del governo. Nuova Delhi sta effettuando investimenti significativi nei data center, rafforzando al contempo il suo ruolo di partner tecnologico affidabile attraverso la partecipazione a forum come il Quad (Il Dialogo quadrilaterale di sicurezza tra Australia, Giappone, India e Stati Uniti con lo scopo di contenere l’espansionismo cinese nell’Indo-Pacifico) e il corridoio economico India-Medio Oriente-Europa.
Gli investimenti di Microsoft negli Emirati Arabi Uniti
Lungo questo corridoio gli Emirati Arabi Uniti potrebbero diventare un altro partner strategico degli Stati Uniti nella nuova rete internazionale di data center. Lo scorso aprile Microsoft ha investito 1,5 miliardi di dollari nell’azienda G42 di Abu Dhabi, la principale società di intelligenza artificiale del Paese. Nel comunicato dell’azienda si legge che “l’investimento rafforzerà la posizione degli Emirati come hub globale dell’intelligenza artificiale e offrirà ulteriori opportunità di innovazione e crescita”. L’accordo prevede in particolare la costruzione di un enorme data center alimentato a energia geotermica in Kenya, destinato a servizi cloud e allo sviluppo di intelligenza artificiale nei Paesi del Medio Oriente, dell’Asia centrale e dell’Africa. Per siglare l’accordo Microsoft ha dovuto attendere il via libera dell’amministrazione Biden, arrivato solo dopo che G42 ha reciso i suoi legami con Pechino. Molto attiva sul fronte commerciale – a ottobre del 2023 ha firmato una partnership con OpenAI – G42 è stata considerata in passato dai funzionari della sicurezza americana un canale attraverso il quale tecnologie avanzate e dati sensibili venivano dirottati verso aziende cinesi.
Il caso degli investimenti di Microsoft negli Emirati dimostra come nella corsa alla costruzione di nuovi data center gli Stati Uniti stiano sfruttando il binomio strategico tra una rete ben consolidata di partenariati globali e l’attivismo dei suoi giganti tecnologici che hanno interesse a espandere la loro presenza su più mercati. Anche la risposta cinese si muove su questo stesso binomio e conferma che l’asse tra settore pubblico e privato sarà fondamentale in questo nuovo risiko digitale in cui sulla mappa al posto dei carri armati vengono posizionati i data center.