Nonostante il difficile contesto economico e geopolitico, le aziende italiane non rinunciano ad investire in tecnologie e servizi di Data Management & Analytics. Ciò non è più vero soltanto per le realtà più mature, ma anche per una parte di medio-grandi aziende ad oggi in ritardo che stanno accelerando nel loro percorso. Nel mentre, anche da parte della Pubblica Amministrazione si alza l’attenzione sul tema valorizzazione dei dati.
L’Osservatorio Big Data & Business Analytics – promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano – monitora ormai dal 2008 la maturità nelle applicazioni, scelte d’investimento, organizzative e tecnologiche per valorizzare i dati nelle grandi aziende italiane.
Secondo le nostre stime, nel 2024 la spesa delle aziende italiane in risorse infrastrutturali, software e servizi connessi alla gestione e analisi dei dati registrerà una variazione attesa del +20%, raggiungendo il valore stimato di 3,42 miliardi di euro. Ma questo dato è sufficiente per affermare che ci sia una buona diffusione dell’approccio data-driven tra le organizzazioni italiane? Certamente no. In questo articolo, proverò a commentare luci e ombre di una trasformazione lunga e complessa, di cui si discute ormai da decenni.
Data, AI e Culture: la strategia che crea valore
Come team di ricerca dell’Osservatorio quest’anno abbiamo scelto come concetto centrale il seguente: “Data + AI + Culture: la strategia che crea valore”. L’obiettivo è evidenziare come la creazione di valore in un contesto aziendale moderno richieda un approccio integrato che metta insieme dati, intelligenza artificiale e cultura organizzativa. Oggi, la vera sfida non è adottare tecnologie avanzate, ma saperle integrare in una strategia che favorisca l’uso consapevole dei dati. Per riuscirci, ogni organizzazione deve sviluppare una strategia personalizzata che risponda alle proprie specifiche esigenze, obiettivi a breve e medio termine e, soprattutto, al proprio contesto culturale.
Gli ingredienti per costruire una strategia di valore basata su dati e AI
Come si traduce in concreto tutto questo? Dal nostro punto di vista, tre sono gli ingredienti principali per costruire una strategia di valore basata su dati e AI:
- Buona gestione e usabilità dei dati: la gestione dei dati non riguarda solo le tecnologie di raccolta e l’archiviazione, ma anche la loro qualità e accessibilità. Una buona strategia di dati implica anche la capacità di trasformarli in informazioni utili, che possano essere facilmente comprese e utilizzate da chiunque all’interno dell’organizzazione. Le grandi aziende ne sono sempre più consapevoli e dal 2021 ad oggi sono quasi raddoppiate le aziende che hanno ruoli e responsabilità ben definiti di Data Management (dal 25% al 46%), tuttavia solo il 24% delle aziende si dichiara soddisfatto della qualità dei dati utilizzati nelle analisi.
- Capacità di innovazione e implementazione di analisi avanzate: La vera sfida per molte organizzazioni è riuscire a innovare attraverso l’uso dei dati. Questo significa non solo fare affidamento su strumenti analitici avanzati per estrarre insights dai dati, ma anche sviluppare la capacità di implementare queste innovazioni in progetti concreti. Nel 2024, il 73% delle grandi organizzazioni ha avviato almeno una sperimentazione in ambito Advanced Analytics. La percentuale è stabile rispetto al 2023 ma per le aziende che già si erano mosse, i progetti tendono ad aumentare costantemente. La necessità di competenze in continua evoluzione porta a richiedere sempre di più il supporto di consulenti esterni.
- Evoluzione culturale verso una diffusa Data & AI Literacy: Il cambiamento culturale è la chiave per una vera trasformazione digitale. Non basta formare solo il team di data scientists (presente ad oggi nel 36% delle grandi aziende), ma bisogna promuovere una cultura dell’analisi dei dati all’interno di tutta l’organizzazione. La Data & AI Literacy significa preparare e abituare l’intera organizzazione all’uso dei dati, affinché ogni decisione aziendale sia informata dai dati, e non solo dall’intuizione. Il 20% delle grandi aziende ha scelto di promuovere la Data & AI Literacy partendo dall’alto, ossia affidando l’obiettivo di questa trasformazione a ruoli executive (Chief Data Officer o Chief Data & Analytics Officer). Come ci dicono anche gli studi degli analisti internazionali, questo è però un punto molto delicato. Come direbbe Peter Drucker “Culture eats strategy for breakfast” … e questo vale anche nell’ambito utilizzo dei dati.
A differenza delle operazioni matematiche, dove l’ordine degli addendi non cambia il risultato, nel caso della strategia Data + AI + Culture, cambiando l’ordine o la priorità di questi ingredienti il risultato può cambiare notevolmente. Ad esempio, l’innovazione potrebbe essere inutile se non supportata da una solida cultura della gestione dei dati, così come una buona gestione dei dati non porterà ad impatti sorprendenti se non si lavora anche all’implementazione di soluzioni innovative. L’equilibrio e l’interconnessione tra questi tre aspetti sono essenziali.
Il Data Strategy Index dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics
Per avere una vista di sintesi, l’Osservatorio Big Data & Business Analytics ha sviluppato nel 2022 il Data Strategy Index, strumento in grado di fotografare la maturità complessiva di tecnologie, competenze e attività di ogni ambito della Data Strategy. Secondo questo indice, nel 2024, il 23% delle grandi organizzazioni può essere definito avanzato (+3 p.p. rispetto al 2023). Dall’altro lato, soltanto l’11% è considerabile immaturo (-5 p.p.). La discriminante nella maturità è principalmente la dimensione aziendale: grandissime realtà sono tendenzialmente più mature nei diversi ambiti di analisi. Inoltre, tra le aziende avanzate è più probabile trovare una rappresentanza consistente dei seguenti settori: bancario e assicurativo, utilities, editoria e media e telco.
Data Strategy delle PMI: ma c’è davvero una strategia?
Il 79% (+5 p.p. rispetto al 2023) delle piccole e medie imprese (PMI) italiane ha dichiarato di svolgere attività di analisi dati almeno descrittive. Negli ultimi tre anni, questa crescita è stata lenta ma costante, tuttavia va ricordato che la maggior parte delle PMI svolge tali analisi sporadicamente e senza figure professionali dedicate. Nonostante ci siano dunque dei segnali positivi, possiamo affermare che sono ancora una minoranza le piccole e medie imprese che ritengono davvero centrale l’utilizzo dei dati per migliorare o innovare i propri processi di business. Non a caso, solo il 37% dichiara di aver definito degli obiettivi specifici per il 2025. Tra queste, le realtà che si stanno muovendo sono per lo più medie imprese e si focalizzano sulla formazione e sull’upskilling del personale, riconoscendo l’importanza di sviluppare competenze interne per affrontare le sfide legate ai dati.
Per trasformare il concreto delle attività quotidiane, non basta solo parlare di Generative AI! Circa una PMI su due non ha avvertito nessuna differenza nelle scelte aziendali in ambito dati dovuto all’attenzione mediatica che sta avendo l’Intelligenza Artificiale. Le aziende più piccole, pur sempre più interessate al tema, continuano a navigare senza una chiara direzione in parole chiave, tecnologie e competenze che sembrano distanti dalle loro possibilità. Faticano a trovare sul mercato un’offerta adeguata alle loro esigenze, si rifugiano per lo più nel foglio elettronico e non sono attrattive per figure specializzate come Data Engineer o Data Scientist. Tuttavia, esperienze di successo ci mostrano come siano sufficienti anche piccoli passi, ad esempio la piena adozione di un buon strumento di Data Visualization, per portare benefici economici anche alle realtà più piccole.
Il futuro dei dati: la direzione futura
Se il 2023 è stato senza dubbio l’anno dell’interesse sulla Generative AI, con un’attenzione crescente verso le sue applicazioni nei più vari settori, il 2024 è a livello internazionale – e nelle realtà più grandi e mature del contesto italiano – l’anno delle prime implementazioni di questa tecnologia emergente. Oltre all’adozione di strumenti pronti all’uso con licenze (es. ChatGPT Plus, Claude, copilot in Microsoft 365), la vera differenza la faranno quelle realtà che riusciranno a far lavorare la Generative AI sulla propria knowledge base. Questo avrà un impatto diretto sulle scelte di investimento, sia in tecnologie per la gestione dei dati, sia nella volontà di sperimentare nuove applicazioni. In termini di stack tecnologico (dalle risorse infrastrutturali alle componenti software), ciò comporta il crescente utilizzo di risorse hardware ad elevate prestazioni e l’integrazione di componenti software innovative quali Vector DB, Graph DB o strumenti di Data Observability. In termini di metodologie, grandissimo è il fermento legato alle metodologie di Retrieval Augmented Generation, per far lavorare gli strumenti di GenAI su specifiche informazioni aziendali. Più in ampio, le funzionalità degli strumenti di gestione dei dati evolvono cercando di semplificare la valorizzazione di dati non strutturati, in particolare documenti. Non a caso, tra le grandi organizzazioni italiane, le più evolute hanno sviluppato delle sperimentazioni di Advanced Analytics su dati documentali nel 48% dei casi, contro il 7% delle aziende immature.
Nel frattempo, la Strategia Europea sui Dati entra sempre più nel vivo. Il Data Act, che sarà applicabile dal 12 settembre 2025, stabilisce nuove normative sulla condivisione dei dati generati dall’uso di prodotti connessi e servizi correlati, promettendo di avere un impatto significativo sia su individui che su imprese. L’obiettivo è contrastare i monopoli sui dati, dando ai consumatori il controllo sui propri dati generati dall’uso di prodotti connessi, permettendo loro di decidere se condividerli con terze parti. Parallelamente, proseguono i lavori sui Data Spaces, iniziative che mirano a creare spazi sicuri per la condivisione dei dati tra diversi attori, al fine di promuovere l’interoperabilità e facilitare l’innovazione. Inoltre, la Generative AI sta spingendo verso nuove collaborazioni nel settore dei dati, come quelle recentemente siglate da OpenAI con attori del mondo dell’editoria e delle community online. La questione di come riappropriarsi del valore dei dati, sia per i cittadini che per le imprese, e allo stesso tempo promuovere modelli di condivisione dei dati che possano beneficiare tutti, è destinata a essere uno degli snodi cruciali per il futuro prossimo.