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BIM, le novità in cantiere per le PA: obblighi e regole da gennaio 2025



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Le modifiche e integrazioni del Governo al Codice appalti riguardano anche il BIM, il nuovo modello di progettazione: vediamo cosa prevede e cosa cambia per PA e imprese con il nuovo anno

Pubblicato il 16 dic 2024

Patrizia Saggini

avvocata, esperta di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione



italia digitale (1)

Un tema che avrà un grande impatto sulle PA nel 2025: è il BIM – Building Information Modeling, cioè la progettazione “digitale” delle opere. Prevede che il sistema informativo digitale della costruzione sia composto dal modello 3D integrato con i dati fisici, prestazionali e funzionali dell’edificio.

Di recente il Governo ha approvato in esame preliminare un Decreto Legislativo che contiene alcune modifiche ed integrazioni; l’iter di approvazione del provvedimento si concluderà con la sua pubblicazione finale in Gazzetta Ufficiale (prevista entro la fine dell’anno); tra le varie modifiche, ce ne sono alcune che riguardano proprio il BIM, ed in particolare l’innalzamento della soglia a partire dalla quale l’utilizzo della progettazione digitale è obbligatoria ed alcune specificazioni tecnico – gestionali.

BIM, cosa prevedono le modifiche del Governo

Il vero potere di questa tecnologia di progettazione è racchiuso nella possibilità di generare un modello BIM informativo dinamico, interdisciplinare e condiviso che contiene le informazioni sull’intero ciclo di vita dell’opera, dal progetto alla costruzione fino alla sua demolizione e dismissione. L’introduzione del BIM è stata prevista nel Nuovo Codice degli Appalti – D. Lgs 36/2023, rientra nelle milestones PNRR concordate con l’Unione Europea, ed è previsto che entri in vigore a partire dal 1 Gennaio 2025.

Entrando nel dettaglio delle modifiche previste dal nuovo decreto, nella versione attuale la soglia minima corrisponde a 1 milione di euro a base d’asta (quindi IVA e altri oneri esclusi), mentre nella versione in corso di approvazione la soglia corrisponde a 2 milioni di Euro di valore complessivo dell’opera (in cui rientrano quindi anche l’IVA e le altre spese collegate): quindi non si tratta di un raddoppio secco dell’importo, come invece sembra a prima vista.

Dal punto di vista gestionale, le disposizione contenute nell’allegato I.7 (riguardante i documenti per la progettazione) e I.9 sono state maggiormente specificate dal punto di vista gestionale e organizzativo.

BIM e PA, cosa succede nel 2025

Quindi, in previsione del 2025, se il Piano Triennale delle Opere Pubbliche prevede opere di valore complessivo superiore a 2 milioni di Euro, l’Amministrazione deve (All. I.9, art. 1 comma 2, nella nuova versione in attesa di pubblicazione):

“a) definire e attuare un piano di formazione specifica del personale, secondo i diversi ruoli ricoperti, con particolare riferimento ai metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, anche per assicurare che il personale preposto alla gestione finanziaria ed alle attività amministrative e tecniche consegua adeguata formazione e requisiti di professionalità ed esperienza in riferimento altresì ai profili di responsabilità relativi alla gestione informativa digitale di cui al comma 3;

b) definire e attuare un piano di acquisizione, gestione e manutenzione degli strumenti hardware e software di gestione informativa digitale dei processi decisionali;

c) redigere e adottare un atto di organizzazione per la formale e analitica esplicazione dei ruoli, delle responsabilità, dei processi decisionali e gestionali, dei flussi informativi, degli standard e dei requisiti, volto a ottimizzare il sistema organizzativo ai fini dell’adozione dei metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni per tutte le fasi, dalla programmazione all’esecuzione, dei contratti pubblici oltre che per la gestione del ciclo di vita dei cespiti immobiliari ed infrastrutturali.
Tale atto di organizzazione è integrato con gli eventuali sistemi di gestione e di qualità della stazione appaltante o dell’ente concedente”.

I ruoli: chi gestisce il BIM nella PA

Nel successivo comma 3 vengono descritti i ruoli previsti all’interno dell’organizzazione per la gestione del BIM; infatti, nell’atto organizzativo occorre nominare:

  • un gestore dell’ambiente di condivisione dei dati e almeno un gestore dei processi digitali.
  • per ogni intervento, un coordinatore dei flussi informativi all’interno della struttura di supporto al RUP.

Queste figure debbono essere individuate preferibilmente tra i dipendenti delle stazioni appaltanti anche a tempo determinato, e devono essere in possesso di adeguata competenza, acquisita tramite documentata conoscenza diretta, attraverso l’osservazione, l’uso e la pratica professionale ovvero mediante la frequenza, con profitto, di appositi corsi di formazione. In caso di impossibilità di individuare le figure sopra descritte all’interno del proprio personale, le stazioni appaltanti possono affidare all’esterno le relative funzioni.

Gli obblighi dal primo gennaio 2025

Dalla relazione illustrativa al Decreto Legislativo di modifica del Nuovo Codice si evince che riguardo all’entrata in vigore, a decorrere dal primo gennaio 2025, delle nuove regole sull’obbligatorietà del ricorso a metodi e strumenti di gestione informativa digitale delle costruzioni, “non può non evidenziarsi come, se da un lato, vi sia l’esigenza di accelerare tale utilizzo, nella consapevolezza che la digitalizzazione di tutti gli elaborati di cantiere garantisce una progettazione di qualità, con dati attendibili e agevolmente confrontabili; dall’altro lato, gli enti territoriali richiedono proroghe o interventi di innalzamento della soglia per il ricorso a tali metodi, al fine di evitare che le stazioni appaltanti più piccole si trovino di fronte ad un blocco delle procedure a causa delle carenze tecniche e di personale interne”.

Inoltre si prevede, al fine di fornire alle stazioni appaltanti un significativo ausilio per il controllo della spesa, la possibilità che le piattaforme di gestione degli interventi possano essere interoperabili anche con i sistemi informativi istituzionali per la rendicontazione degli investimenti pubblici.

Quindi, da un lato il parziale innalzamento della soglia minima è dovuto all’impreparazione degli enti territoriali, che rappresentano una fetta importante delle stazioni appaltanti; in secondo luogo, dal punto di vista tecnico, il BIM è ancora un “oggetto poco esplorato”, sia dal punto di vista software e sia dal punto di vista funzionale.

Vero che la progettazione dell’edificio sarà completamente affidata all’esterno, ma le specifiche tecniche e il livello di dettaglio deve essere deciso dall’Ente nel Capitolato, e comunque il committente deve essere poi in grado di gestire il progetto sia nella fase di costruzione – per i necessari controlli e monitoraggi – e soprattutto nei successivi momenti di manutenzione, ordinaria e straordinaria.

PA e appalti, cosa dicono i dati

Infatti, secondo uno studio pubblicato da OICE, nel 2023 le Stazioni Appaltanti più attive sono state le Amministrazioni dello Stato, con la pubblicazione di 235 gare, pari al 36,9% del totale delle procedure rilevate, confermando (anche se in leggero calo) il trend del 2022, quando rappresentavano il 46,3% del totale.

L’ente più attivo nel 2023 (per numero di bandi pubblicati) è stato l’Agenzia del Demanio, che ha emesso 87 bandi per S.A.I., per un importo di 89,6 milioni, rispettivamente il 13,7% del numero e il 7,2% del valore totale.

Dal punto di vista delle piattaforme disponibili per la progettazione, ci sono alcuni punti aperti:

  • c’è una vasta offerta sul mercato, ma ci sono pochi prodotti che possono essere utilizzati per qualsiasi tipo di progettazione: edifici, strade e ponti; per cui è possibile che la stazione appaltante si debba dotare di più Software per la gestione di diverse tipologie di opere;
  • anche la normativa cita espressamente la necessità dell’interoperabilità, in modo da evitare che ci sia un prodotto il cui utilizzo sia obbligatorio; però purtroppo ad oggi sembra che il formato di interscambio dei dati (IFC) non garantisca la corretta lettura dei dati, quindi si pone il problema di come tutelare il Committente del progetto rispetto all’effettiva leggibilità del contenuto del progetto.
  • i progetti di edifici o infrastrutture con la tecnologia BIM richiedono grandi quantità di “spazio” per la gestione e l’archiviazione, quindi si pone il tema della disponibilità del software in modalità Cloud; visto che il servizio è dedicato anche alla Pubblica Amministrazione, i prodotti di mercato dovrebbero anche essere certificati presso ACN, come da regolamento. Inoltre, nell’All. I.9 si fa espresso riferimento alla valutazione di requisiti e proposte per attuare soluzioni di cybersecurity nell’ambito della gestione dell’ambiente di condivisione dei dati.
  • Il progetto BIM è in qualche modo un “oggetto variabile”, perché viene modificato e aggiornato con le revisioni, varianti e successivi interventi di manutenzione; ma – in specifici momenti individuati dall’Amministrazione – ha anche necessità di essere “cristallizzato”, in coincidenza di passaggi amministrativi essenziali: come l’approvazione, il collaudo, ecc.

In questi casi, occorre prevedere le modalità con cui le viste del progetto si trasformano da dati a documenti e vengono inseriti nel sistema documentale dell’ente, in modo da rimanere conservati “a futura memoria”.

Lo scenario futuro

Siamo solo all’inizio per il pieno utilizzo del BIM, ma ci troviamo davanti ad un’altra grande scommessa di “trasformazione digitale” che – seppure con grandi sforzi organizzativi e di formazione professionale – nel lungo periodo porterà sicuramente dei vantaggi, vista la possibilità di programmare in tempo reale la manutenzione ed eventuali miglioramenti degli edifici e delle infrastrutture.

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