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Gpsr, nuovi obblighi per chi vende e più tutele ai consumatori



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Il Regolamento 2023/988 trasforma radicalmente la sicurezza dei prodotti, obbligando aziende e marketplace a verificare la conformità. Un sistema che punta sulla trasparenza, sull’educazione del consumatore e sulla responsabilità diffusa

Pubblicato il 17 dic 2024

Antonino Polimeni

Avvocato, Polimeni.Legal



prodotti connessi (1)

Il 13 dicembre 2024 è diventato pienamente efficace un ambizioso Regolamento europeo – il General Product Safety Regulation, per gli amici GPSR – per mezzo del quale l’Ue intende dare una risposta concreta per tutelare i cittadini e garantire che la sicurezza non sia mai un optional in un mondo, quello in cui viviamo, in cui i confini tra fisico e digitale si fanno sempre più labili.

Dall’acquisto di un elettrodomestico in negozio alla lampada smart ordinata con un clic, i consumatori si muovono infatti tra realtà interconnesse, spesso senza accorgersi dei rischi. Ed è proprio qui che, come sempre, entra in gioco il Regolamento 2023/988.

Ma partiamo dall’inizio.

Il General Product Safety Regulation

Il Regolamento UE 2023/988, GPSR, non nasce dal nulla, ma si inserisce in un percorso che affonda le radici nella Direttiva 2001/95/CE. Quella normativa, a suo tempo pionieristica, aveva posto le basi per garantire che i prodotti immessi sul mercato europeo fossero sicuri.

Tuttavia, con l’avanzare della tecnologia e l’esplosione del commercio elettronico, si è rivelata inadeguata ad affrontare sfide sempre più complesse. L’e-commerce ha trasformato il modo in cui acquistiamo, mentre i prodotti digitali e connessi hanno introdotto rischi che prima non esistevano proprio. Non bastava più intervenire su situazioni specifiche. Serviva un quadro normativo capace di adattarsi a un panorama in costante evoluzione.

Sicurezza e responsabilità: gli ambiziosi obiettivi del GPSR

Il punto di svolta è stato il riconoscimento delle lacune esistenti. Prodotti che sfuggivano ai controlli, differenze di applicazione delle norme tra gli Stati membri e difficoltà nel gestire (e comprendere, direi) i rischi emergenti: tutto questo richiedeva una risposta uniforme e incisiva. Ed è qui che il nuovo regolamento trova il suo senso. Non si limita a colmare i vuoti della vecchia direttiva, ma introduce un approccio orizzontale, in grado di abbracciare tutte le categorie di prodotti, presenti e futuri. È una visione ambiziosa che non si accontenta di inseguire i problemi, ma punta a prevenirli.

L’Unione Europea, allora, in questo caso, ha scelto di mettere ordine in un mercato frammentato. Le disomogeneità tra gli Stati membri non erano solo un problema normativo, ma una minaccia diretta per i consumatori. Un prodotto conforme in un paese poteva risultare inadeguato in un altro, creando una situazione di incertezza inaccettabile. Questo regolamento cambia le regole del gioco, imponendo standard comuni e assicurando che la protezione sia la stessa, indipendentemente da dove il prodotto venga acquistato o utilizzato.

Non a caso si è scelta la strada del regolamento invece che della direttiva (anzi, proprio in sostituzione della direttiva sopra citata). E sta accadendo sempre più spesso: l’Europa non si accontenta più di indicare una direzione, con le emanazioni di principi che gli stati membri devono poi recepire, ma traccia un percorso chiaro con dei regolamenti direttamente applicabili che definiscono non solo cosa fare, ma anche come farlo.

E allora, con queste premesse, ci siamo ritrovati in una nuova era digitale che ha effettivamente trasformato il mercato globale, ma con essa sono emersi anche problemi complessi: prodotti connessi che violano la privacy, dispositivi importati con standard di sicurezza discutibili, piattaforme online che offrono prodotti di dubbia provenienza. Non stiamo parlando solo di regole astratte, ma di proteggere le persone dai pericoli che, sempre più spesso, viaggiano sotto il radar. Ed è proprio qui, in questo preciso contesto, che l’UE ha deciso di prendere una posizione chiara, intervenendo con questa normativa aggiornata e ambiziosa.

Con il nuovo regolamento, infatti, Bruxelles punta a far sì che ogni consumatore, in qualsiasi parte d’Europa, possa contare su standard elevati e, soprattutto, uniformi. Ma non si tratta solo di protezione. Questo regolamento rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale per chi produce, distribuisce e vende, imponendo regole che, a mio parere, guardano davvero al futuro. Potrei riassumerla così: passare inosservati non è più un’opzione per le aziende. Adesso, l’obiettivo è chiaro. Sicurezza e responsabilità. E con questo regolamento, l’UE non lascia margini di ambiguità.

I ritardi nell’adeguamento delle aziende

Purtroppo, però siamo arrivati al 13 dicembre 2024, data di piena efficacia del regolamento, come sempre impreparati. Il Regolamento, emanato in data 10 maggio 2023, aveva previsto un periodo di transizione per consentire alle aziende di adattarsi gradualmente alle nuove regole, senza sacrificare competitività e innovazione. Ovviamente, come quasi sempre accade, soprattutto in Italia, il tempo per adeguarsi è stato percepito come un lusso concesso invece che una opportunità di prendere le cose con calma. Ed oggi, nel momento dell’entrata in vigore della normativa, ci troviamo qui a dover ri-raccontare la stessa normativa, invece che prendere atto dell’avvenuto adeguamento delle aziende.

Come funziona la normativa

Siamo quindi ancora al punto zero, ma vediamo come funziona, nel dettaglio, la normativa.

Il regolamento coinvolge proprio tutti.

Gli attori chiave

Dietro alle norme ci sono attori chiave che assumono ruoli diversi ma complementari. I consumatori, al centro di questa normativa, ottengono strumenti concreti per esercitare i propri diritti, mentre le aziende sono chiamate a un impegno senza precedenti per garantire tracciabilità e sicurezza lungo l’intera catena di fornitura. Questo è un punto chiave: “l’intera catena di fornitura”, segnatevelo. Sullo sfondo, ma mai marginali, le autorità di vigilanza giocano un ruolo essenziale nel sorvegliare, intervenire e, se necessario, sanzionare. È un gioco di ruolo, che richiede collaborazione, trasparenza e la volontà di andare oltre le logiche puramente commerciali.

I consumatori al centro

E allora, come dicevamo, al centro di questa nuova normativa si trovano i consumatori. I consumatori però, questa volta, non sono più spettatori passivi di un sistema che decide per loro, ma diventano protagonisti con diritti tangibili e strumenti reali. Attraverso piattaforme come il Safety Gate, potranno segnalare problemi, verificare informazioni e accedere a un sistema trasparente pensato per tutelare la loro salute e sicurezza. È un cambio di paradigma che eleva il ruolo del cittadino, trasformandolo in un guardiano attivo del mercato. Bellissimo.

L’importanza di sensibilizzare, educare e promuovere comportamenti responsabili

Bellissimo sì, però, bisogna ricordarsi che la loro educazione e consapevolezza giocano un ruolo centrale in questa nuova fase. Non basta mettere a disposizione strumenti e piattaforme. È necessario che le persone sappiano come usarle e comprendano l’importanza di segnalare prodotti non sicuri. Un consumatore informato è il primo alleato nella costruzione di un sistema che funzioni. Questo richiede sforzi collettivi per sensibilizzare, educare e promuovere comportamenti responsabili. Solo così la sicurezza potrà diventare un pilastro condiviso, in grado di sostenere non solo il mercato, ma anche la fiducia reciproca tra cittadini e imprese.

Anche gli eCommerce responsabili della sicurezza dei prodotti

Per le aziende, invece, la sfida è duplice: rispettare standard stringenti senza perdere competitività. Questo regolamento non accetta alibi. Ogni produttore, distributore o rivenditore è chiamato a rispondere non solo del prodotto che offre, ma anche del modo in cui garantisce la sua sicurezza. È un modello di responsabilità diffusa che coinvolge tutti gli attori della catena, chiedendo trasparenza, impegno e un approccio proattivo alla sicurezza. Non basta più dire di essere conformi, occorre dimostrarlo con processi, verifiche e, soprattutto, risultati. In tutta questa filiera vorrei porre l’attenzione sui rivenditori: tutti, anche gli e-commerce, saranno responsabili della effettiva sicurezza dei prodotti, dovendo attivarsi per verificare conformità e documentazione, nonché informando i propri utenti di tutte le indicazioni sulla sicurezza dei prodotti, probabilmente con una specifica sezione nelle schede-prodotto.

Il ruolo delle autorità di vigilanza

Le autorità di vigilanza, dal canto loro, si trovano a operare in un contesto più complesso che mai. Con l’espansione dell’e-commerce e la globalizzazione dei mercati, la sorveglianza deve evolversi. Non si tratta solo di controllare i confini fisici, ma di monitorare flussi digitali, piattaforme e modelli commerciali in continua trasformazione. È un lavoro certosino, reso possibile da un quadro normativo che fornisce loro gli strumenti necessari per intervenire, prevenire e, quando serve, punire. In questo senso, il regolamento diventa un’arma potente per proteggere i consumatori e garantire un mercato equo e trasparente.

Cosa cambia per i produttori

Cosa cambia dunque rispetto alla visione precedente per i produttori? Le aziende, ora più che mai, devono partire dalla progettazione per integrare la sicurezza come elemento intrinseco del prodotto, considerando tutti i potenziali rischi legati al suo uso. Non si tratta solo di rispettare regole, ma di abbracciare un approccio preventivo, dove ogni dettaglio, dal materiale utilizzato alla compatibilità tecnologica, viene valutato in funzione della sicurezza. È un cambio di mentalità che richiede competenze tecniche, pianificazione accurata e una visione di lungo termine.

E le piattaforme online (non solo i marketplace ma anche gli e-commerce), che da tempo sono diventate il punto di riferimento per milioni di acquisti, sono chiamate a una svolta decisiva. Il loro ruolo non è più quello di semplici intermediari, ma di garanti attivi di ciò che offrono. Devono verificare, controllare e, quando necessario, intervenire rapidamente per rimuovere prodotti non conformi o pericolosi. È una responsabilità che ridefinisce il modo di fare business online, trasformando le piattaforme in protagoniste di un sistema che deve funzionare in modo armonico e sicuro. Questo non solo protegge i consumatori, ma contribuisce anche a una concorrenza più leale, dove la qualità e la conformità diventano requisiti imprescindibili.

Gli oneri della conformità: le sfide per le pmi

Tuttavia, non possiamo ignorare le difficoltà che questa evoluzione porta con sé, soprattutto per le piccole e medie imprese. Per molte di loro, adattarsi ai nuovi standard potrebbe rappresentare un onere significativo, sia in termini di costi che di risorse. La conformità richiede investimenti, formazione e processi ben definiti. La soluzione è sempre la stessa: semplificare, in ottica di accountability e di necessaria sopravvivenza per l’azienda. Viviamo un’era dove non si può pensare di sommergere le aziende di obblighi onerosi dal punto di vista delle risorse. È quindi necessario semplificare e rendersi compliant considerando le proprie risorse e le proprie possibilità. “Semplificazione” è e dev’essere la parola chiave in qualsiasi tipo di adeguamento.

La questione dei marketplace asiatici (Temu, Shein…)

Infine, consentitemi un passaggio su un tema complesso e delicato di questa trasformazione, che riguarda i marketplace asiatici, come Aliexpress, Temu e Shein. Queste piattaforme che hanno conquistato milioni di consumatori europei con prezzi competitivi e un’offerta apparentemente infinita rappresentano forse la vera sfida per il regolamento, proprio perché operano (su scala globale) con standard di sicurezza e conformità distanti da quelli richiesti dall’Unione Europea. La facilità con cui questi prodotti entrano nel mercato europeo rende difficile garantire controlli rigorosi e impedire che merci non conformi raggiungano i consumatori.

È evidente che la questione non si limita alla concorrenza sleale. Si tratta di proteggere i cittadini europei da prodotti che, in molti casi, non rispettano i requisiti minimi di sicurezza, mettendo a rischio non solo la salute, ma anche la fiducia verso l’intero sistema di commercio digitale. Il regolamento affronta questa sfida con misure che obbligano le piattaforme a verificare la tracciabilità e la conformità dei prodotti venduti, ma il lavoro è tutt’altro che concluso.

Serve una collaborazione più stretta tra le autorità europee, i doganieri e le piattaforme stesse per prevenire abusi e garantire che ogni prodotto venduto sul mercato europeo rispetti le norme. E d’altro canto, non si può ignorare il ruolo dei consumatori nello scenario del mercato Europa-Asia. La popolarità di questi marketplace dimostra che il prezzo e la convenienza spesso prevalgono sulla qualità e sulla sicurezza percepita.

Il comportamento consapevole degli utenti, vera chiave del cambiamento

È qui che l’educazione e la consapevolezza diventano decisive. I consumatori devono essere messi in grado di riconoscere i rischi associati a prodotti troppo economici o provenienti da canali poco trasparenti. Il regolamento, con i suoi strumenti di informazione e segnalazione, offre una base solida, ma sarà il comportamento consapevole degli utenti a fare davvero la differenza. In questa partita, il futuro della sicurezza dei prodotti dipende tanto dalla normativa quanto dalle scelte quotidiane di chi acquista che, a sua volta, come già detto, dev’essere oggetto di campagne di sensibilizzazione ed educazione.

E allora, infine, torniamo lì: alla circolarità del sistema. Non basta introdurre norme stringenti. La loro efficacia dipenderà dalla collaborazione tra tutti gli attori coinvolti. Consumatori, aziende e autorità non possono agire come entità isolate. La sicurezza dei prodotti diventa un obiettivo comune che richiede dialogo, trasparenza e una visione condivisa. Ogni richiamo, ogni segnalazione e ogni verifica devono essere visti come parte di un meccanismo più grande, progettato per proteggere non solo il singolo cittadino, ma anche l’integrità del mercato europeo.

Mi piace pensare a questo regolamento non come una serie di articoli legislativi, ma come una vera e propria dichiarazione d’intenti. Un’Europa che vuole proteggere i propri cittadini, garantire un mercato equo e rafforzare la fiducia reciproca. Bellissimo.

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