Il 2024 è stato l’anno in cui obblighi e i vincoli ereditati dalla pandemia sono cessati. Con il DM 29/12/2023, infatti, è venuto definitivamente meno l’obbligo per le Amministrazioni di concedere lo Smart Working ai lavoratori fragili.
In molti, specialmente tra i media generalisti, hanno pronosticato che la fine delle proroghe volesse dire la fine dello Smart Working.
A confermare questa profezia negli ultimi mesi l’esempio di alcune aziende private, tra tutte possiamo citare Amazon, che hanno preannunciato la volontà di un totale e forzato ritorno al lavoro in presenza. Davvero, quindi il 2024 nel settore Pubblico come in quello privato sarà ricordato come l’anno della fine dello Smart Working? I numeri in realtà dicono altro!
Consolidamento dello Smart Working: i numeri
Contrariamente a quanto letto in molti media, che hanno impropriamente parlato di un ritorno al passato o di un arretramento dello Smart Working, gli ultimi dati dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano descrivono un fenomeno in sostanziale consolidamento.
A livello nazionale i lavoratori da remoto sono circa 3,55 milioni, in leggera riduzione rispetto ai 3,58 milioni del 2023. Nonostante il venir meno degli obblighi di legge, si tratta di un numero in lievissima flessione (-0,8%) rispetto al 2023. Se poi guardiamo alle stime per il 2025 da parte delle organizzazioni troviamo una previsione di crescita degli smart worker in tutti i comparti. Possiamo quindi affermare che il 2024 non segna affatto il termine dello Smart Working, ma piuttosto la fine di un malinteso, e la prova che, al di là di obblighi di legge, tale modello di organizzazione del lavoro è da considerarsi affermato.
La situazione dello smart working nella Pubblica Amministrazione
Se guardiamo specificamente alla PA, le Pubbliche Amministrazioni che propongono modelli di Smart Working nel 2024 sono il 61% del totale, dato identico a quello dello scorso anno, con un’incidenza maggiore in quelle più grandi[1].
Nel settore pubblico nel 2024 si stimano 500 mila lavoratori da remoto, pari a poco meno del 16% del totale, 15.000 in meno rispetto al 2023, segno che l’effetto del venir meno degli obblighi legati ai lavori fragili è stato marginale. Per il 2025 le Amministrazioni non prevedono affatto una riduzione, al contrario le analisi basate sulle intenzioni espresse dagli intervistati portano a stimare il superamento dei 600.000 lavoratori, con un aumento del numero degli smart worker di oltre il 20%.
L’utilizzo dello smart working in base alla tipologia di ente pubblico
Analizzando l’utilizzo dello Smart Working in base alla tipologia di ente pubblico emerge come nelle PA Centrali vi sia una media più elevata di giornate lavorate da remoto (circa 9 al mese) e una più ampia platea di lavoratori coinvolti (quasi il 70% della forza lavoro). Meno estesi risultano – mediamente – i modelli di lavoro agile introdotti dalle università e dalle regioni e, infine, nei comuni dove solo il 59% dichiara di adottare progettualità di questo tipo e mediamente solo il 12% delle persone può lavorare da remoto, possibilità che spesso non viene sfruttata.
Ostacoli all’attuazione dello smart working nelle PA
Ma quali sono gli elementi che ostacolano l’attuazione dello Smart Working? La diffusione e l’utilizzo relativamente bassi in certe tipologie di PA dipende da diversi aspetti.
Elevata eterogeneità dei profili di lavorativi
Innanzitutto, l’elevata eterogeneità dei profili lavorativi impiegati, molti dei quali svolgono spesso attività difficilmente remotizzabili (es. polizia locale, insegnanti di scuole dell’infanzia, …).
Basso livello di consapevolezza dei potenziali benefici
In secondo luogo, il basso livello di consapevolezza rispetto ai potenziali benefici dello Smart Working e alle diverse dimensioni che da esso possono trarre giovamento. Dai dati emerge che il 77% delle PA decide di adottare il Lavoro Agile con l’obiettivo di migliorare il work-life balance dei lavoratori, mentre il 67% lo fa per aumentare il benessere e la soddisfazione delle persone. Solo il 38% implementa iniziative al fine di migliorare la produttività e il 5% adotta iniziative di Lavoro Agile con l’obiettivo di migliorare il livello dei propri servizi al cittadino. Si evince quindi come le amministrazioni pubbliche considerino ancora lo Smart Working come un semplice strumento di welfare, più che un alleato per migliorare le performance e la qualità dei servizi offerti.
Necessità di cambiamento della cultura manageriale
Infine, il terzo fattore in grado di incidere sulla diffusione delle pratiche di flessibilità nel settore pubblico riguarda la cultura manageriale, con atteggiamenti e stili di leadership ancora fortemente legati a logiche di controllo a vista e presenzialismo. L’atteggiamento dei manager, in particolare, ha un ruolo cruciale nel determinare sia l’adozione di pratiche di Smart Working che il loro effettivo utilizzo da parte dei lavoratori. Circa una PA su quattro ritiene la cultura manageriale dei propri dirigenti un elemento critico, che ostacola l’applicazione di tali iniziative. In aggiunta, solo il 37% delle PA ritiene che i propri manager siano dei promotori del Lavoro Agile mettendolo in pratica, se possibile, e stimolando anche i propri collaboratori a farlo, contro il 54% delle grandi imprese.
Gestire il cambiamento con azioni di accompagnamento e formazione
Perché l’impatto dello Smart Working sia pieno e positivo, non basta introdurre policy e strumenti ma occorre gestire il cambiamento con azioni di accompagnamento per supportare i responsabili nella gestione di team che lavorano in modo ibrido. Ad oggi, solo una organizzazione pubblica su quattro sviluppa tali iniziative e questo può in parte pregiudicare il successo dell’applicazione dello Smart Working.
In aggiunta, tali azioni devono fare da complemento a piani di formazione dedicati, che permettano di sviluppare competenze quali la capacità lavorare per obiettivi (assegnando traguardi chiari e trasmettendo l’indirizzo strategico dell’organizzazione), dare feedback costruttivi, utilizzare in modo consapevole i diversi strumenti digitali, organizzare l’interazione in un contesto ibrido e valorizzare la presenza negli spazi aziendali. Ad oggi, solo il 16% dei lavoratori del settore pubblico riscontrano queste caratteristiche nel proprio responsabile.
La necessità di prestare attenzione a questi aspetti è rafforzata anche dalle indicazioni del Ministro Zangrillo che, nella direttiva di dicembre 2023 in cui definisce le modalità per la valutazione della performance individuale del personale della PA, dà rilevanza alla leadership quale leva abilitante per il funzionamento delle organizzazioni arricchendo le iniziative di formazione destinate ai lavoratori pubblici con contenuti che riguardano le soft skill.
Sintesi della situazione attuale e prospettive future
In sintesi, nonostante la definitiva archiviazione degli obblighi di legge introdotti con la pandemia, lo Smart Working non è affatto un fenomeno in declino nel nostro Paese, nemmeno nella PA. Il numero dei lavoratori pubblici che possono applicare lo Smart Working ha risentito tutto sommato poco di questo stop e per il prossimo anno i responsabili delle Risorse Umane prevedono un consistente aumento. Permangono tuttavia, soprattutto nelle Amministrazioni Locali di minori dimensioni, una serie di ritardi che si traducono già oggi in minori benefici di attrattività e competitività rispetto alle grandi imprese in cui il fenomeno è decisamente più diffuso e maturo.
Importanza strategica dello smart working per la PA
Ma quanto sono rilevanti questi ritardi e quanto pesano in prospettiva rispetto all’evoluzione della Pubblica Amministrazione? Le ragioni per ritenere la diffusione dello Smart Working una priorità strategica per la PA sono molteplici, tra queste ne possiamo metterne in evidenza cinque destinate a rivestire un ruolo chiave nelle politiche pubbliche dei prossimi anni:
- Il livello attuale di benessere ed engagement dei lavoratori pubblici è oggi a un livello molto basso e questo mina il loro livello di efficacia, produttività e capacità innovativa. Secondo le ricerche degli Osservatori del Politecnico di Milano, appena il 16% dei lavoratori pubblici si ritiene soddisfatto rispetto al riconoscimento del proprio lavoro e solo il 19% considera soddisfacente il livello attuale di flessibilità e work-life-balance. Complessivamente appena il 6% dei lavoratori pubblici può dirsi felice al lavoro. Lo Smart Working può contribuire a migliorare queste dimensioni: i dati della ricerca testimoniano che gli Smart Worker sono decisamente più soddisfatti, ingaggiati e produttivi e godono di un migliore benessere dal punto di vista fisico, psicologico e relazionale. Occorre ricordare, però, che perché lo Smart Working abbia un impatto positivo sul benessere e sulle prestazioni, non deve limitarsi al lavoro da remoto, ma deve prevedere condizioni coerenti in termini di autonomia professionale, flessibilità oraria e spazi e tecnologie messi a disposizione.
- Tra il 2024 e il 2028 la PA dovrà procedere alla sostituzione di circa 682mila dipendenti pubblici, pari a una media di oltre 135mila all’anno. Questa necessità di ricambio generazionale, unita all’espansione occupazionale prevista, genererà un fabbisogno complessivo di 742mila unità, di cui quasi il 92% sarà necessario per turnover. Si pone quindi, per la PA, ancor più che per il settore privato, un tema di attrattività nei confronti delle nuove generazioni (se si considera che la quota di under 35 rappresenta solo il 10% del totale dei dipendenti pubblici) ancora troppo sottovalutato, dal momento che solo una PA su quattro dichiara di adottare iniziative di Smart Working al fine di migliorare la propria capacità di attraction e retention. I giovani della Generazione Z ritengono benessere e work-life-balance fattori fondamentali, spesso più importanti della stessa retribuzione o della sicurezza contrattuale. Lo Smart Working da questo punto di vista è già oggi, e sempre più sarà ritenuto in futuro, una condizione “non negoziabile” in una proposta di lavoro, specialmente alla luce del fatto che il 28% dei lavoratori del settore pubblico lavorano in una regione diversa rispetto a quella di origine.
- Sempre più lavoratori pubblici decidono di lasciare il loro posto di lavoro presentando dimissioni volontarie. Da quanto emerso da una recente rilevazione dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, l’8% dei lavoratori pubblici ha lasciato il proprio lavoro negli ultimi 12 mesi, in alcuni casi senza avere un’alternativa, e ben il 22% ha intenzione di farlo entro i prossimi 18 mesi. Tra le principali motivazioni che spingono le persone a cambiare lavoro vi è la ricerca di benessere fisico e mentale e di un miglior work-life-balance. Ancora una volta una politica di Smart Working matura può contribuire a migliorare le condizioni di lavoro percepite e limitare le dimissioni. È significativo come il 73% dei lavoratori dichiari che, qualora la loro organizzazione decidesse di negargli lo Smart Working, si riterrebbe fortemente danneggiato. Il 27% di questi inoltre valuterebbe immediatamente di cambiare lavoro.
- L’invecchiamento demografico e i vincoli di equilibrio del sistema previdenziale renderanno imprescindibile un progressivo allungamento della vita lavorativa, in modo particolare all’interno del lavoro pubblico. Perché questo sia sostenibile ed efficace, occorre creare le condizioni perché i lavoratori maturi siano disponibili a restare attivi, assicurandone benessere, motivazione e disponibilità al cambiamento. Accanto all’uso di nuove tecnologie, lo Smart Working rappresenta una delle leve più importanti per rendere l’attività lavorativa più sostenibile e attrattiva e meno usurante nel tempo dal punto di vista sia fisico che mentale.
- Il cambiamento climatico e gli obiettivi di sviluppo sostenibile renderanno imprescindibile l’adozione di politiche per ridurre l’impatto energetico e ambientale delle attività produttive. La Pubblica Amministrazione dovrà essere in prima linea in questo sforzo. Lo Smart Working rappresenta una leva essenziale di miglioramento della sostenibilità sociale ed ambientale perché consente di ridurre drasticamente gli spostamenti e i consumi energetici e ambientali degli uffici, abilitando al contempo forme di sviluppo urbano ed economico più sostenibili dal punto di vista sia sociale che ambientale. Secondo le stime dell’Osservatorio Smart Working, la possibilità di lavorare da casa per due giorni a settimana si traduce in un risparmio annuale di 80 ore di tempo e circa 800 euro per ogni lavoratore che si sposta con mezzo privato verso l’ufficio.
Lo Smart Working nella Pubblica Amministrazione non va visto come una questione secondaria, e neanche come un obiettivo isolato, bensì è uno degli elementi di snodo funzionale alla creazione di un sistema del lavoro pubblico efficiente e innovativo, capace di stare al passo con le grandi sfide che attendono il Paese e in grado di garantire servizi di qualità a tutti i cittadini. A ciò si aggiunge il ruolo decisivo che il Lavoro Agile giocherà nel rendere il settore pubblico sostenibile per i lavoratori più esperti e, soprattutto, attrattivo per i più giovani, contribuendo a cambiare la percezione negativa spesso diffusa tra i talenti italiani.
Note
- Occorre considerare che nel settore pubblico accanto al Lavoro Agile è presente, ed è stato nel recente passato promosso e incentivato, anche il modello del Lavoro da Remoto. Se si considerano entrambe le modalità di lavoro, la percentuale di PA che offre forme di flessibilità arriva oltre il 71%. ↑