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Payback dei dispositivi medici: ecco come rimodulare la norma



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Il payback dei dispositivi medici rischia di incidere sulla qualità dei servizi sanitari e sulla vita delle persone che necessitano di dispositivi medici. Ecco le criticità da superare, dopo la sentenza della Corte Costituzionale

Pubblicato il 8 gen 2025

Domenico Marino

Università Degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria



Payback dei dispositivi medici: norma da rivedere

Il payback dei dispositivi medici è un meccanismo introdotto in Italia nel 2015 con l’intento di contenere la spesa sanitaria pubblica. Ma, a quasi un decennio dalla sua istituzione, emergono con sempre maggiore evidenza le problematiche connesse alla sua applicazione.

La recente sentenza numero 140/2024 della Corte Costituzionale, che ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Tar del Lazio, mette al centro il tema con rinnovata urgenza.

Secondo molte aziende e associazioni di pazienti, il payback rischia infatti di incidere in modo significativo sulla qualità dei servizi sanitari e sulla vita delle persone che necessitano di dispositivi medici, soprattutto in un contesto come quello del 2024, segnato dal perdurare di pressioni economiche sulle famiglie e dalle crescenti richieste di cure.

Payback e nuova governance per il futuro dei dispositivi medici

Payback dei dispositivi medici: le criticità

Quando fu elaborato, il payback mirava a impedire che le Regioni, superando i tetti di spesa stabiliti per l’acquisto di dispositivi medici, gravassero interamente sulla finanza pubblica. Si pensò pertanto di far ricadere una quota di questo sforamento direttamente sulle aziende fornitrici, costrette a restituire al Servizio Sanitario Nazionale una percentuale del proprio fatturato, pari fino
al 50% dello scostamento
.

L’idea di base si fondava sul principio di corresponsabilizzazione. Se le Regioni superavano i budget, parte delle conseguenze economiche sarebbero state trasferite alle imprese, nella speranza di incentivare una migliore programmazione della spesa e di scoraggiare eventuali speculazioni.

Tuttavia, sebbene il fine dichiarato fosse quello di garantire una sostenibilità
di lungo termine
, sono gradualmente emerse critiche che evidenziano come questo strumento rischi di essere controproducente. Innanzitutto, a pagare il conto in misura maggiore potrebbero essere le piccole e medie imprese, che spesso non dispongono di risorse tali da poter coprire ingenti somme di denaro restituite a posteriori. Ciò rischia di favorire la concentrazione del mercato nelle mani di pochi grandi operatori, riducendo la concorrenza.

Questione di concorrenza e innovazione

Quando la competizione diminuisce, non soltanto i prezzi tendono a salire, ma soprattutto si allenta la spinta verso l’innovazione. Se le aziende meno solide finanziariamente, ma potenzialmente più dinamiche e orientate alla ricerca di soluzioni innovative, rischiano di uscire dal mercato, l’intero settore ne risente in termini di progressi tecnologici e varietà di offerta di dispositivi medici.

Soprattutto in un’epoca in cui la medicina richiede tecnologie sempre più avanzate e personalizzate, frenare l’innovazione significa diminuire la qualità complessiva delle prestazioni sanitarie e acuire le disparità di accesso.

A questo si aggiunge il timore che l’onere del payback possa spingere le aziende, anche quelle di grandi dimensioni, a limitare l’introduzione di dispositivi essenziali e di presidi sanitari particolarmente costosi in termini di sviluppo.

Il rischio di selezione avversa

Alcune imprese potrebbero decidere di concentrare il proprio portafoglio prodotti solo su ciò che garantisce un ritorno economico più sicuro, restringendo l’accesso a dispositivi fondamentali per determinate fasce di pazienti. Il rischio è dunque che si crei una sorta di “selezione avversa”, dove i dispositivi medicali più all’avanguardia o destinati a minoranze di pazienti vengano penalizzati, con effetti che si ripercuoterebbero sulle liste d’attesa e
sulla capacità del sistema di garantire cure tempestive.

Come rivedere o rimodulare il payback dei dispositivi medici

Proprio l’urgenza di intervenire diventa ancora più chiara perché aumentano le richieste di prestazioni, si fanno più pressanti le esigenze di cura per le persone affette da cronicità o disabilità e cresce il bisogno di disporre di soluzioni adeguate a fronteggiare eventuali nuove emergenze sanitarie.

Il 68,4% delle aziende operanti in Italia nel settore dei dispositivi medici ritiene che l’applicazione del payback potrebbe avere un forte impatto sulla qualità di vita dei pazienti. Questo dato, emerso da un’indagine condotta con la FAIP (Federazione Associazioni Italiane Paraplegici), rappresenta un campanello d’allarme che proviene in primo luogo dalle associazioni di cittadini e pazienti, cioè da coloro che quotidianamente fanno uso di dispositivi medici e per i quali un peggioramento delle condizioni di fornitura può tradursi in una riduzione della loro autonomia e dignità.

Parliamo di persone che, per varie ragioni, già si trovano in una situazione di fragilità e che rischiano ora di subire ulteriori ostacoli nel reperire i presidi fondamentali per la loro vita quotidiana.

La sentenza numero 140/2024, respingendo le questioni di legittimità costituzionale, ha reso di fatto pienamente operativo l’obbligo di partecipare al ripiano per le imprese. L’urgenza di rivedere o quantomeno di modulare il payback con interventi correttivi appare oggi, quindi, cruciale per vari
motivi.

L’urgenza di interventi correttivi

Da una parte, il sistema sanitario deve rispondere a un costante aumento della domanda di cure, dovuto sia all’invecchiamento della popolazione sia al crescente numero di pazienti cronici.
Dall’altra, gli strascichi delle recenti emergenze sanitarie (e l’eventualità di dover fronteggiare nuove crisi in futuro) impongono di disporre di dispositivi medici all’avanguardia e di non rallentare gli investimenti in ricerca e sviluppo.

Al tempo stesso, la sentenza 140/2024 ne sancisce la piena legittimità sul piano normativo, generando un clima di incertezza tra gli operatori economici che rischiano di subire un contraccolpo finanziario: soprattutto le imprese di dimensioni minori, che rappresentano buona parte del tessuto imprenditoriale italiano, si trovano esposte al rischio di dover versare somme rilevanti in modo imprevisto, tali da mettere in crisi i loro bilanci.
Sarebbe perciò auspicabile adottare misure alternative o complementari, più lungimiranti e capaci di affrontare le radici dei problemi legati alla spesa sanitaria.

Che fare: le tecnologie

In primo luogo, bisognerebbe incidere in modo deciso sul contrasto alla corruzione, fenomeno che non solo dilapida risorse preziose ma mina anche la fiducia dei cittadini nelle istituzioni.

Una maggiore trasparenza nelle gare d’appalto, il potenziamento dei controlli e l’adozione di tecnologie digitali per gestire i flussi di acquisto potrebbero prevenire accordi collusivi e pratiche illecite, liberando risorse economiche da destinare all’innovazione e alla qualità dell’assistenza.

Inoltre, è fondamentale monitorare con precisione i prezzi posti come base d’asta nelle gare per le forniture: se questi vengono stabiliti correttamente e
in modo trasparente, si può favorire una competizione sana tra i fornitori, con effetti positivi sia sul livello tecnologico dei prodotti sia sul contenimento dei costi.

Un altro ambito di intervento urgente riguarda la programmazione efficiente delle forniture. Troppe volte la mancanza di dati aggiornati o di un coordinamento centralizzato porta a ordini eccessivi o inadeguati, con sprechi o carenze nelle scorte di dispositivi. Adottare sistemi di inventory management e tecnologie digitali di tracciamento in tempo reale potrebbe consentire alle strutture sanitarie di prevedere con maggiore precisione i fabbisogni, evitando picchi di spesa ingiustificati e assicurando la presenza costante di dispositivi
essenziali. Questo approccio aiuterebbe a ridurre gli sprechi e i costi inutili, offrendo al contempo la possibilità di migliorare la qualità delle prestazioni erogate.

Prospettive di crescita

Occorre, infine, considerare che il settore dei dispositivi medici ha bisogno di prospettive di crescita: senza investimenti in ricerca, sviluppo e innovazione tecnologica, l’intero sistema sanitario rischia di arretrare rispetto alle sfide
poste da patologie emergenti e da un costante aumento delle cronicità.

La politica dovrebbe valutare forme di sostegno e incentivi fiscali che incoraggino le aziende a continuare a innovare, senza temere eccessivi oneri retroattivi che minino la stabilità dei loro piani industriali.

Se, da un lato, contenere i costi sanitari rappresenta un obiettivo non più rinviabile per la sostenibilità dei conti pubblici, dall’altro ridurre troppo gli spazi di sviluppo tecnologico potrebbe generare ricadute negative sul medio e lungo termine, trasformando l’immediato risparmio in un aggravio futuro di spesa per il sistema sanitario.

Scenario futuro

Intervenire con urgenza diventa dunque necessario sia per garantire che il payback, se mantenuto, non diventi un freno all’accesso e alla qualità delle cure, sia per definire regole più chiare e stabili che consentano alle imprese di programmare i propri investimenti, migliorando contemporaneamente l’efficienza del SSN.

Un modello che bilanci la necessità di sostenere i bilanci regionali con la salvaguardia del diritto alla salute e con il sostegno all’innovazione rappresenta la via più ragionevole da percorrere. In caso contrario, il sistema sanitario potrebbe ritrovarsi ancora più appesantito, con elenchi d’attesa prolungati e disomogeneità territoriali nella disponibilità di dispositivi, senza contare le possibili conseguenze sulla ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni mediche.

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