A inizio dicembre la Digos ha condotto in carcere dodici persone accusate, in base alle indagini delle DDA di Bologna e Napoli, di far parte di un gruppo suprematista denominato con un poco velato riferimento al nazismo “Werwolf Division”. Circa due settimane dopo, il Ros dei carabinieri ha fermato cinque giovani che secondo le accuse da Milano, Perugia, Udine e Bologna volevano far la jihad e avevano costituito l’associazione “Da’wa Italia”. Indagini diverse per presunte attività terroristiche molto differenti, con obiettivi lontani ma il comun denominatore dell’uso spregiudicato di internet, dei social, delle nuove tecnologie.
L’uso della tecnologia da parte di terroristi, estremisti e aspiranti tali per attività di reclutamento, propaganda e organizzazione non è una novità degli ultimi anni. Nel rifugio di Abbottabad di Osama Bin Laden nel 2011 furono trovate chiavette usb, cd rom, video e audio tape, contenente materiale poi digitalizzato e divulgato dalla CIA online nel 2017. Ma i tempi sono cambiati e i terroristi di ogni bandiera hanno l’esigenza di tenersi al passo con l’innovazione. Ecco, quindi, che tecnologie come l’intelligenza artificiale sono oggi fondamentali per le organizzazioni terroristiche. Questo aspetto è ben illustrato nel nuovo Te-Sat – EU terrorism situation and trend report di Europol datato dicembre 2024.
Terrorismo, il ruolo dell’intelligenza artificiale
I terroristi si servono dell’innovazione per:
- Attività di propaganda,
- Comunicazione interna ed esterna,
- Reclutamento e addestramento di personale,
- Incitamento all’odio e all’azione violenta,
- Supply chain e logistica,
- Finanziamento.
Come spiega il report di Europol, alcuni membri “hanno integrato l’uso dell’intelligenza artificiale generativa e degli LLM nella loro cassetta degli attrezzi per la propaganda”. Per esempio, alcuni gruppi di estrema destra “sono in grado di accelerare la diffusione della disinformazione e dei discorsi di odio online attraverso l’uso efficace dell’AI. Esempi recenti nella scena di destra hanno coinvolto materiale di propaganda generato dall’AIe deepfakes contenenti messaggi razzisti o antisemiti”.
In particolare, è emerso il tentativo di aggirare le barriere etiche di un particolare modello di intelligenza artificiale e “diffondere informazioni proibite attraverso effetti codificati applicati a contenuti apparentemente irrilevanti”, si legge nella relazione. Inoltre, gli investigatori hanno individuato bot per rispondere a chat e l’impiego dell’AI per la costruzione di false identità. Il deepfake è considerato una minaccia crescente e gli esperti temono che in futuro possa essere utilizzato per realizzare contenuti volti a creare allarme sociale.
La cybersecurity secondo i terroristi
Chiaramente, estremisti e terroristi hanno interesse sì a diffondere il loro messaggio e ampliare la rete, ma mantenendo il tutto all’oscuro delle autorità. Così, sfruttano la tecnologia per cercare di tenere segrete comunicazioni e di eludere i monitoraggi, attuando un uso criminale di alcune strategie di cybersecurity.
Per far ciò si servono della crittografia end-to-end tramite app, utilizzano le VPN per le connessioni e non mancano di formattare periodicamente i loro device, nonché di servirsi del dark web. Sul campo, si servono di applicazioni di crittografia per tutelare le loro comunicazioni.
L’uso di internet e dei social
I social media sono un mezzo irrinunciabile per raggiungere un gran numero di potenziali adepti, lontani nello spazio, di ogni età. I partecipanti alla chat Telegram della Werwolf division italiana smantellata a dicembre 2024 avevano dai diciannove ai settantasei anni.
Già vent’anni fa Al-Qaida aveva colto l’importanza di una comunicazione efficace, investendo cifre importanti nelle attività di propaganda e nei new media: gli analisti hanno evidenziato la capacità di adattamento che l’organizzazione ha avuto nello sfruttare i network virtuali offerti da media e web una volta perse le roccaforti afghane, tanto da venir ridenominata da Peter Bergen, giornalista della Cnn, “Al-Qaida 2.0”.
Sul fronte jihadista, oggi i membri delle organizzazioni terroristiche di matrice islamica sfruttano diverse piattaforme, in particolare quelle emergenti, con l’obiettivo di evadere la moderazione dei contenuti ed evitare il fact checking. Hanno modificato anche il loro stile di comunicazione e il tone of voice, per attirare i giovani con video e messaggi brevi, efficaci, d’impatto. Niente sermoni, largo ai reels, anche se non mancano, come cita il report di Europol, veri e propri predicatori-influencer.
Riguardo gli estremisti politici, la propaganda di estrema destra copre sui social un’ampia gamma di temi, spesso legati all’attualità. Spiega il report di Europol che “i contenuti video sono sempre più utilizzati per diffondere forme sottili di propaganda, più facili da nascondere e infiltrare nelle piattaforme tradizionali rispetto a testi e immagini”. Al momento, i topic più in voga sono “eventi violenti (ad esempio, attacchi terroristici, sparatorie nelle scuole, interventi militari)” e si continua a prendere di mira “ebrei, musulmani e, più in generale, immigrati non bianchi, la comunità LGBTQ+ e gli oppositori politici”. E cresce la propaganda di estrema destra basata su teorie del complotto, cospirazionismo, disinformazione per minacciare la democrazia.
Anche l’estrema sinistra e gli anarchici fanno propaganda online, tramite siti, social media e applicazioni, rivendicando in internet le proprie azioni spesso attraverso comunicati diffusi tramite siti affiliati. Un’importante differenza con i gruppi di matrice religiosa e con l’estrema destra è che in questo caso solitamente il reclutamento però avviene offline, in particolare durante manifestazioni di protesta o in centri sociali gestiti da anarchici, nonché in prigione.