Il DDL annuale sulle PMI, in discussione dalla fine dello scorso dicembre in Consiglio dei Ministri su proposta del MIMIT (Ministero delle Imprese e del Made in Italy), include – secondo le anticipazioni disponibili – disposizioni rilevanti in tema di recensioni online, in parte attuative della Direttiva Omnibus (UE) 2019/2161.
In previsione di una maggior tutela sia delle imprese che dei consumatori, il disegno di legge introdurrebbe una serie di misure innovative applicative della Omnibus. Da un lato, l’obiettivo è il contrasto alla concorrenza sleale tra aziende, con la sanzione di pratiche commercialmente scorrette come l’acquisto di recensioni positive per migliorare la reputazione aziendale o la pubblicazione di recensioni negative commissionate per danneggiare i competitor, fornendo alle imprese strumenti concreti per difendersi dalle false recensioni dei consumatori attraverso sistemi di verifica dell’identità.
Sul fronte dei consumatori, il provvedimento ha in previsione l’obbligo di identificazione per chi pubblica recensioni, con la necessità di dimostrare l’effettivo acquisto o utilizzo del servizio recensito. Viene inoltre introdotto un limite temporale per la pubblicazione delle recensioni, superato il quale potrà applicarsi il “diritto all’oblio”.
Il framework normativo
La Omnibus, recepita negli ordinamenti nazionali a partire dal 2022, ha introdotto un insieme di regole volte a rafforzare i diritti dei consumatori nell’era digitale, a garanzia di una maggiore trasparenza nei processi di vendita online, inclusi quelli legati alle recensioni – che rappresentano uno dei perni di sviluppo dell’economia digitale e nella costruzione del rapporto fiduciario tra imprese e consumatori. Fa parte del cosiddetto “New Deal per i consumatori” (facente seguito alla Dir. 2005/29/CE relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno; Dir. 2011/83/UE sui diritti dei consumatori) ed affronta diverse tematiche cruciali per il commercio elettronico, includendo sia i profili di trasparenza dei marketplace online- che devono segnalare in maniera evidente eventuali sponsorizzazioni o accordi commerciali atti ad influenzare le valutazioni mostrate agli utenti- lasciando al contempo ampio margine agli Stati membri per decidere in che modo attuare e rafforzare le regole.
Già recentemente, con l’ordinanza del Tribunale di Roma (27285/2024), si era affrontato il ricorso di un’azienda che aveva riscontrato come l’azienda concorrente avesse pubblicato oltre 200 recensioni negative su una piattaforma di review online, senza che quest’ultima – nonostante le oltre 300 segnalazioni di rimozione ricevute in tre mesi – intervenisse a tutela dell’azienda recensita. Per tale motivo, il Tribunale ha riconosciuto che questa valanga di recensioni configurasse un caso attuale e concreto di concorrenza sleale, ordinando l’oscuramento dei contenuti diffamatori.
Le novità del Ddl PMI
Una delle novità più significative previste dal Ddl Pmi riguarda l’obbligo di identificazione per chi desidera pubblicare una recensione. Gli utenti dovranno dimostrare la propria identità attraverso un processo di verifica e certificare di aver effettivamente acquistato il prodotto o usufruito del servizio recensito.
La verifica dell’acquisto potrebbe avvenire attraverso varie modalità, come la presentazione di uno scontrino, una ricevuta d’acquisto on line o una conferma d’ordine, mentre l’identità potrebbe essere confermata tramite documenti ufficiali o sistemi di autenticazione digitale. Tali misure avrebbero lo scopo di eliminare le recensioni anonime e quelle dichiaratamente false, acquistate da aziende con un basso profilo etico e in contrasto ai feedback creati ad arte per danneggiare la concorrenza, o pubblicate da consumatori per scopi vendicativi se non addirittura diffamatori. Le recensioni dovrebbero, in ogni caso, essere pubblicate entro 15 giorni dall’acquisto del servizio, al fine di garantire l’attualità delle pubblicazioni.
Il processo di verifica, il cui obbligo in capo alle piattaforme viene richiesto già dalla Omnibus, presenta sfide e complessità diverse a seconda del canale di acquisto. Se per i grandi marketplace come Amazon la verifica dell’acquisto può dirsi relativamente semplice grazie all’integrazione diretta tra sistema di vendita e recensioni, la situazione diventa più complessa per le piattaforme di e-commerce minori.
In questi casi, l’idea di ricorrere a sistemi di identificazione già in uso, come SPID o carta d’identità elettronica, rischia innanzitutto di risultare eccessivamente farraginoso per l’utente medio. Immaginare di dover effettuare un’autenticazione ogni volta che si vuole lasciare una recensione potrebbe scoraggiare anche i consumatori più motivati, con il rischio di perdere proprio quei feedback genuini che il sistema vorrebbe proteggere.
Acquisti nei negozi fisici
Per gli acquisti nei negozi fisici, la verifica attraverso scontrino, sebbene apparentemente semplice, presenta altrettante evidenti criticità. Un sistema di scansione degli scontrini tramite QR code o mediante riconoscimento ottico dei caratteri alfanumerici potrebbe teoricamente funzionare, ma richiederebbe una standardizzazione dei sistemi di fatturazione e l’implementazione di nuove tecnologie da parte dei commercianti, in un paese che fatica ancora ad accettare l’applicazione dei pagamenti con la carta di credito.
Al netto delle difficoltà tecniche, la questione relativa all’identificazione solleva inoltre -ed è il dato da attenzionare maggiormente- non pochi interrogativi in tema di privacy, poiché implicherebbe la raccolta e la conservazione da parte delle piattaforme di dati personali, il che potrebbe entrare in conflitto con le conformità previste e richieste dal GDPR. Non è quindi ancora chiaro quale tecnologia o metodologia potrà essere considerata adeguata, ma le ipotesi al vaglio potrebbero riguardare l’utilizzo di algoritmi basati sull’intelligenza artificiale, oltre all’introduzione di controlli manuali, per cui però le piattaforme globali hanno ad oggi dimostrato scarsa capacità di intervento.
False recensioni, sistema sanzionatorio e diritto all’oblio
Come già previsto in tema di diffamazione aziendale e concorrenza sleale, le imprese avranno diritto a richiedere la rimozione di recensioni ritenute false o diffamatorie. Se da una parte alcune piattaforme, come Booking.com, hanno da tempo implementato modalità dirette di rimozione (ad esempio quando un dipendente viene citato nominalmente in una review on line), il DDL prevede che le richieste siano esaminate da un organismo terzo o da un’autorità designata (prevedibilmente l’AGCM), per evitare abusi da parte delle aziende, altrimenti sottoposte alla scure di algoritmi non sempre capaci di valutare le sfumature degli aspetti diffamatori.
Inoltre, il testo introdurrebbe un limite temporale sia per la pubblicazione delle recensioni, 15 giorni dall’acquisto del bene/servizio o dall’effettivo utilizzo, che per le recensioni negative: dopo due anni, queste potranno infatti essere eliminate su richiesta del titolare dell’attività – un aspetto che, se da un lato favorirebbe le aziende che hanno apportato miglioramenti nel corso del tempo, dall’altro farebbe perdere la storicità a quelle aziende che hanno protratto atteggiamenti non virtuosi nei confronti dei consumatori.
La normativa già prevede sanzioni sia civili che penali per chiunque sia coinvolto nella creazione, diffusione o utilizzo di recensioni false, a seconda della gravità dell’illecito e del ruolo svolto. Le aziende che commissionano o sfruttano recensioni fraudolente per alterare la propria reputazione o danneggiare la concorrenza possono incorrere in sanzioni pecuniarie particolarmente severe. Sul piano civilistico, chi pubblica contenuti diffamatori può essere chiamato a rispondere del danno arrecato alla reputazione altrui -anche aziendale-, con l’obbligo di risarcire l’impresa o la persona fisica vittima della condotta illecita.
Sul piano penalistico, gli autori di recensioni false potrebbero essere perseguiti per diffamazione aggravata, un reato disciplinato dall’articolo 595 comma 3 del Codice Penale. La normativa prevede pene fino a un anno di reclusione o una multa fino a 1.032 euro, a seconda del contenuto diffamatorio della recensione pubblicata. Volendo applicare alla lettera quanto disposto dall’articolo 640 del Codice Penale, che disciplina il reato di truffa, l’utilizzo di recensioni false per ottenere un profitto ingiusto o causare un danno significativo potrebbe configurare una condotta fraudolenta. In tali casi, le pene previste variano da sei mesi a tre anni di reclusione, oltre a sanzioni economiche proporzionate al vantaggio ottenuto o al danno subito dalla vittima. Sarebbe tuttavia necessario dimostrare l’esistenza di un rapporto diretto tra l’inganno e il profitto o il danno, un aspetto che potrebbe complicare l’applicazione di questa fattispecie.
Recensioni online, il ruolo dell’Agcm
Al netto della normativa già in vigore, per garantire l’efficacia delle nuove disposizioni, il DDL prevederebbe ad ogni modo un rafforzamento del ruolo dell‘Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), che sarà responsabile della vigilanza e dell’applicazione delle sanzioni, in continuità con il suo ruolo tradizionale nella lotta contro le pratiche commerciali scorrette. Già prima del recepimento della Direttiva Omnibus, l’AGCM aveva avviato indagini e comminato sanzioni contro aziende colpevoli di manipolazioni nelle recensioni, includendo in tal senso anche la diffusione di dati inventati (data fabrication) in relazione alla percentuale di clienti soddisfatti.
Con l’approvazione del DDL italiano, il suo potere di vigilanza verrebbe ulteriormente rafforzato, rendendola il principale ente di controllo per garantire l’attuazione delle nuove disposizioni, con la previsione di multe variabili da 5.000 a 10 milioni di euro, in base alla gravità dell’infrazione e alla dimensione dell’impresa coinvolta.
Ricadute su imprese e consumatori
Le imprese, in particolare quelle del settore turistico, della ristorazione e dell’e-commerce, saranno direttamente interessate dal disegno di legge, non solo in tema di tutela e salvaguardia aziendale ma anche in relazione agli obblighi di compliance normativa.
Le aziende potrebbero affrontare nuovi oneri operativi e legali: dimostrare e contestare la falsità di una recensione richiede documentazione e risorse, il che potrebbe risultato complicato per le piccole imprese con limitate capacità economiche amministrative.
D’altra parte, se uno degli obiettivi del DDL è quello di ripristinare la fiducia dei consumatori nei sistemi di valutazione online, contribuendo a scelte più consapevoli, l’obbligo di identificazione potrebbe scoraggiare alcuni utenti dal lasciare recensioni, soprattutto in settori delicati come la sanità o i servizi legali, dove la riservatezza è fondamentale e spesso vige il divieto di pubblicare le recensioni dei clienti. Inoltre, il rischio di esposizione a controversie legali o diffamazioni limiterebbe senza dubbio la spontaneità e la varietà delle opinioni espresse online, con il rischio di avere sempre più recensioni neutrali, anche se non neutre, generate da sistemi di intelligenza artificiale generativa. In questo senso, sarà fondamentale – oltre che molto complesso – trovare un equilibrio tra trasparenza e tutela della privacy, garantendo -come anticipato- che i dati personali degli utenti siano trattati in conformità con il GDPR.
Gli obiettivi
Sebbene le intenzioni del DDL siano lodevoli, sono evidenti le preoccupazioni sull’impatto delle nuove regole e la gestione delle stesse, con il rischio che le recensioni online diventino ancora meno credibili per l’utenza. La spontaneità dell’utente potrebbe trasformarsi in un processo burocratico che riduce le opinioni e le rende valide solo per un determinato periodo di tempo, traducendo le buone intenzioni in effetti collaterali indesiderati, con l’aspetto collaterale relativo all’identificazione che lascia non pochi dubbi sulla capacità di centrare l’obiettivo senza compromettere l’intero sistema.
Questi rischi sembrano favorire, almeno per il momento, le aziende di settore meno virtuose, che, pur non ricorrendo al marketing delle recensioni, non avendo ben chiaro il valore sotteso all’ offrire servizi trasparenti, si muovono tra comunicazioni scorrette al consumatore e incapacità di gestire le critiche. Ignorando, infatti, che anche una risposta adeguata a una recensione negativa può migliorare le capacità di conversione e di acquisto. D’altronde, le aziende perfette e a 5 stelle, capaci di soddisfare ogni singolo consumatore, rimangono un’utopia ben lontana dalla realtà.