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TikTok, è guerra geopolitica tra Trump e Pechino: ecco cosa può succedere



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Trump utilizza TikTok come leva geopolitica, minacciando dazi contro la Cina. La complessa trama di negoziati e diplomazia mira a riequilibrare le relazioni commerciali sino-americane, con implicazioni globali e una potenziale ristrutturazione della piattaforma

Pubblicato il 24 gen 2025

Gabriele Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio

Nicola Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio



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TikTok logo on smartphone screen and back silhouette US President Donald Trump. Tiktok is a social media platform originating from China. New York, USA. 10.12.2024

Nei giorni scorsi il presidente Usa Donald Trump è stato chiaro: il destino dell’accordo su TikTok potrebbe avere un impatto sui dazi cinesi.

Dopo aver firmato lunedì 20 gennaio un ordine esecutivo per porre fine al divieto di utilizzo di TikTok negli Usa, il Presidente americano ha lasciato intendere che la sua decisione di imporre dazi alla Cina potrebbe essere collegata alla risposta di Pechino all’acquisizione di almeno il 50% della piattaforma di social media da parte di un’entità statunitense. Ma non solo.

La strategia di Trump e la diplomazia degli ostaggi

Con il passare dei giorni, dunque, l’”affaire TikTok” sta assumendo sempre più una rilevanza geopolitica. Il Presidente degli Stati Uniti è determinato ad usare la “clava” TikTok (e di eventuali dazi commerciali) in una logica della “diplomazia degli ostaggi”: bloccare TikTok – e non solo – per portare Xi Jinping a più miti consigli per riequilibrare le relazioni commerciali sino-statunitensi.

Trump ha dichiarato che sta valutando l’ipotesi di imporre una tariffa del 10% sulle importazioni di prodotti realizzati in Cina già a partire dal 1° febbraio, aggiungendo che i colloqui con la sua amministrazione erano “basati sul fatto che stanno inviando fentanyl in Messico e Canada”.

La mossa è stata presa in seguito alle minacce di Trump di imporre tasse di importazione del 25% su Messico e Canada, accusandoli di consentire l’ingresso di migranti clandestini e di droga negli Stati Uniti.

Il contesto politico e le reazioni cinesi

Il giorno del suo giuramento, però, il presidente non si è impegnato a imporre dazi sulla Cina, a parte la minaccia di TikTok, e ha affermato: “Avremo incontri e chiamate con il presidente Xi”. Trump ha anche confermato di essere stato invitato a visitare la Cina quest’anno e ha detto di essere aperto all’idea.

La Cina, da parte sua, sta segnalando agli Stati Uniti che potrebbe non bloccare la vendita. Pechino è pronta a collaborare con Washington per promuovere una crescita “costante, sana e sostenibile” delle relazioni tra Cina e Stati Uniti, a vantaggio di entrambi i Paesi e del mondo, ha affermato un importante inviato cinese dopo l’insediamento della nuova amministrazione statunitense, avvenuto il 20 gennaio.

Warwick J. McKibbin, ricercatore senior non residente presso il Peterson Institute for International Economics di Washington, ha scritto in un articolo di venerdì 17 gennaio che “se gli Stati Uniti imponessero un ulteriore dazio del 10 percento alla Cina e la Cina rispondesse di conseguenza, il PIL statunitense sarebbe inferiore di 55 miliardi di dollari nei quattro anni della seconda amministrazione Trump”. L’inflazione potrebbe aumentare di 20 punti base negli Stati Uniti, ha affermato McKibbin nell’articolo, scritto in collaborazione con Marcus Noland, vicepresidente esecutivo del Peterson Institute.

“Il destino finale di TikTok servirà da segnale chiaro, o termometro, per rilevare se il governo degli Stati Uniti è disposto a risolvere i problemi in normali termini commerciali o continuerà a usare la bandiera della ‘sicurezza nazionale’ per schiacciare le imprese commerciali”, ha scritto Global Time nel suo editoriale di martedì 21 gennaio,

Insomma, la vicenda TikTok resta magmatica non solo sul piano giuridico, ma anche su quello politico, economico e, soprattutto, geopolitico.

La decisione della Corte suprema e la normativa statunitense

Il 17 gennaio la Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto all’unanimità il ricorso costituzionale di TikTok avverso la Protecting Americans from Foreign Adversary Controlled Applications Act (PAFACAA), norma che prevede il blocco della maggior parte delle operazioni di TikTok negli USA a meno che la sua società madre cinese, ByteDance, non venda.

Questa normativa obbliga ByteDance, l’azienda cinese proprietaria di TikTok, a cedere l’app a un’entità non cinese entro il 19 gennaio 2025 (il giorno prima dell’insediamento di Trump alla Casa Bianca), pena il divieto di operare negli Stati Uniti.

Proprio la decisione della Corte Suprema ha consentito l’applicazione della legge che ha portato all’oscuramento di TikTok negli USA nella notte di sabato e il ritiro dell’app dagli store di Apple e Google.

Il ruolo di Biden e le mosse di Trump

Quanto al versante politico, va evidenziata anche la decisione di Biden di liberarsi della “patata bollente” scaricandola al nuovo Presidente, tanto che alcuni funzionari statunitensi avevano dichiarato che l’amministrazione uscente avrebbe ceduto a Trump l’applicazione del PAFACA, compreso il possibile divieto di TikTok.

E questo è ciò che è accaduto. Donald Trump ha infatti giocato un ruolo chiave nel momentaneo ripristino di TikTok grazie alla firma di un ordine esecutivo che ha esteso il periodo di conformità della legge di 75 giorni, garantendo alle aziende coinvolte nella fornitura di servizi alla piattaforma social cinese si non subire eventuali sanzioni.

La proroga aiuterà l’amministrazione Trump a “determinare il percorso appropriato da seguire in modo ordinato, proteggendo la sicurezza nazionale ed evitando al contempo l’improvvisa chiusura di una piattaforma di comunicazione utilizzata da milioni di americani”, si legge nell’ordine.

Per il momento, dunque, il governo non applicherà il divieto in presenza di questo ordine esecutivo.

Come si era scritto, la vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali avrebbe potuto rappresentare un’ancora di salvezza per TikTok. E lo è stato, almeno per il momento.

Trump agirà per “preservare” TikTok, ha affermato il 15 gennaio il consigliere per la sicurezza nazionale, il deputato Michael Waltz (R-Fla).

La possibilità di una soluzione diplomatica

Il 19 gennaio Trump, che stava tornando alla Casa Bianca come futuro presidente degli Stati Uniti, aveva pubblicato “SALVA TIKTOK!” sulla sua piattaforma Truth Social, promettendo di emettere un ordine esecutivo per “prolungare il periodo di tempo prima che i divieti della legge entrino in vigore, in modo da poter raggiungere un accordo per proteggere la nostra sicurezza nazionale”. Ha aggiunto in un post che gli Stati Uniti dovrebbero assumerne il 50% di proprietà americana. Si tratta di un’inversione di posizione da parte di Trump, che a quanto pare ha cambiato idea dopo aver ottenuto il sostegno dei giovani elettori attraverso TikTok durante le elezioni americane.

Era stato infatti proprio l’attuale presidente ad avviare il divieto nel 2020, verso la fine del suo primo mandato, esprimendo la preoccupazione che la società cinese condividesse le informazioni personali degli americani con il governo di Pechino.

In ogni caso, oltre a Trump, alcuni importanti senatori, anche democratici, si stanno da tempo tirando indietro rispetto al divieto assoluto.

Gli sviluppi geopolitici e le reazioni internazionali

Sul piano geoeconomico, invece, vanno registrati due fatti:

  • la partecipazione di Zhou Shouzi, amministratore delegato del colosso dei social media TikTok, all’inaugurazione del presidente eletto Trump;
  • la comunicazione telefonica intercorsa tra Trump e il Presidente cinese Xi Jinping il 17 gennaio scorso resa pubblica dallo stesso Trump in un tweet in cui dichiara: “Mi aspetto che risolveremo molti problemi insieme, e a partire da subito. Abbiamo discusso di bilanciamento del commercio, Fentanyl, TikTok e molti altri argomenti. Il presidente Xi e io faremo tutto il possibile per rendere il mondo più pacifico e sicuro!”

Nella telefonata con Trump, il leader cinese Xi Jinping ha chiesto un “nuovo punto di partenza” nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina. L’ordine esecutivo di Trump su TikTok rappresenta uno dei tanti segnali che il neo-presidente intende dare per dimostrare la sua disponibilità a negoziare con Pechino un nuovo accordo commerciale, nonostante la campagna elettorale sia basata su una linea dura nei confronti del Paese, principale rivale geopolitico degli Stati Uniti.

Il giorno del suo insediamento alla Casa Bianca, il neoeletto Presidente si è anche astenuto dall’imporre tariffe sui prodotti cinesi. Durante il processo elettorale, Trump ha minacciato tariffe superiori al 60% sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti, e Pechino si sta preparando per una concorrenza economica più agguerrita con gli Stati Uniti.

Aspettative di Trump sugli accordi con la Cina e TikTok

Trump ha affermato di aspettarsi che la Cina approvi qualsiasi accordo che gli Stati Uniti vogliano stipulare con TikTok, “perché imporremmo tariffe alla Cina… Non sto dicendo che lo faremmo, ma potremmo sicuramente farlo”. Gli USA “dovrebbero avere il diritto di ottenere metà di TikTok” se continuasse a operare dopo l’estensione di 75 giorni, ha aggiunto Trump, sottolineando che la piattaforma è “inutile se non la approvo”. Donald ha anche avvertito che se la Cina bloccasse l’accordo, “allora si tratterebbe di una certa ostilità e applicheremmo tariffe del 25, 30, 50%, persino del 100%”. TikTok potrebbe valere fino a mille miliardi di dollari se “facessimo una joint venture con le persone di TikTok”, ha concluso Trump.

TikTok e l’immagine pubblica di Trump

Secondo il Washington Post , Trump è desideroso di essere visto come colui che salva TikTok, una piattaforma su cui ritiene di essere molto popolare e che potrebbe anche averlo aiutato a farsi eleggere.

Varie fonti avevano avvertito che la nuova amministrazione mirava a mostrare gli sforzi per “salvare TikTok” soprattutto il giorno dell’insediamento di Trump. Anche la comunicazione telefonica intercorsa tra Trump e Xi Jinping su TikTok può essere letta in questi termini.

Gli ostacoli alla visione di Trump sul futuro di TikTok

A dicembre scorso, il capo di TikTok, Shou Zi Chew, ha fatto visita a Trump a Mar-a-Lago per discutere del futuro dell’app. Dopo l’incontro, Trump ha condiviso il suo affetto per l’app, affermando che i suoi contenuti hanno ottenuto quasi 4 miliardi di visualizzazioni.

Questo è probabilmente anche il motivo per cui Shou Zi Chew è stato invitato a sedere tra personaggi del calibro di Mark Zuckerberg ed Elon Musk in una posizione d’onore sul podio durante l’insediamento di Trump, “dove tradizionalmente siedono ex presidenti, familiari e altri ospiti importanti”, ha riferito la redazione del New York Times.

Tuttavia, per gli esperti legali le opzioni di Trump per aiutare TikTok sarebbero comunque limitate. Per Alan Rozenshtein, professore di diritto presso l’Università del Minnesota e caporedattore di Lawfare, Trump “potrebbe cercare di facilitare una cessione, ma non c’è alcuna indicazione che la Cina permetterà a ByteDance di vendere TikTok, con o senza l’algoritmo, la cui vendita è espressamente limitata dalle leggi cinesi sul controllo delle esportazioni. Ciò non sorprende. Il valore principale di TikTok per il governo cinese risiede proprio nelle minacce alla sicurezza nazionale che hanno motivato il PAFACAA: la capacità di raccogliere dati sensibili sugli americani e di influenzare i contenuti che vedono attraverso il controllo di ByteDance (e quindi, in ultima analisi, di Pechino). Una vendita eliminerebbe questi vantaggi strategici”.

I piani del Congresso e reazioni politiche

Trump potrebbe anche chiedere al Congresso di modificare o abrogare la PAFACAA.

Martedì 14 gennaio, i senatori Edward J. Markey (D-Mass.), Ron Wyden (D-Ore.), Cory Booker (DN.J.) e il rappresentante Ro Khanna (CA-17) hanno annunciato l’intenzione di introdurre l’Extended the TikTok Deadline Act, che mira a estendere di 270 giorni la scadenza per la vendita di ByteDance.

Sebbene Markey abbia espresso preoccupazione per l’impatto di TikTok sulla privacy e sulla salute mentale dei giovani americani, ha avvertito che un divieto avrebbe sconvolto una comunità culturale unica e messo a tacere molte voci.

Il 16 gennaio, inoltre, il leader della maggioranza del Senato Chuck Schumer ha pubblicato un messaggio sorprendente su Bluesky: “È chiaro che è necessario più tempo per trovare un acquirente americano per TikTok. Continueremo a lavorare per mantenere in vita TikTok, proteggere i mezzi di sussistenza dei creatori di contenuti, proteggere dalla sorveglianza della CCP e proteggere la sicurezza nazionale. Lavorerò con il governo Trump per trovare una soluzione”.

La posizione ambigua di Trump sulla proprietà di TikTok e i possibili “papabili” all’acquisizione

Non è chiaro se il presidente voglia che il governo americano possieda metà di TikTok o se intenda che il 50% della piattaforma di social media debba essere di proprietà di un’azienda statunitense. Trump non ha nemmeno specificato se si aspetta che la ByteDance, società madre cinese di TikTok, ceda il 50% della proprietà di TikTok agli Stati Uniti in cambio del permesso di operare nel Paese, o se vuole che accetti una vendita.

Va detto che nel suo messaggio del 19 gennaio, Trump ha proposto che gli Stati Uniti entrino in una joint venture del 50% in TikTok USA, in modo che “la terremo in buone mani e le permetteremo di crescere. Senza l’approvazione degli Stati Uniti, Tik Tok non esiste. Con la nostra approvazione, vale centinaia di miliardi di dollari, forse migliaia di miliardi”. Trump ha concluso così il suo messaggio: “Pertanto, la mia idea iniziale è quella di una joint venture tra gli attuali proprietari e/o i nuovi proprietari, in cui gli Stati Uniti ottengano il 50% della proprietà in una joint venture creata tra gli Stati Uniti e qualsiasi acquirente sceglieremo”.

TikTok USA, che conta 170 milioni di utenti, è stata valutata tra i 40 e i 50 miliardi di dollari e, a seguito della messa al bando americana, si erano proposte diverse aziende e persone per il suo acquisto. L’ultima è stata Perplexity AI, distributrice dell’omonimo servizio di ricerca IA nel web, che ha offerto una fusione con la sussidiaria statunitense di TikTok, sostenuta anche da Jeff Bezos.

All’acquisto era stato accostato anche il nome di Elon Musk, ma l’indiscrezione è stata smentita direttamente da ByteDance.

Si è proposto anche Frank McCourt, il miliardario investitore e imprenditore, noto soprattutto per essere l’ex proprietario della squadra di baseball Los Angeles Dodgers.

E tra i papabili compratori figurano anche l’ex segretario al Tesoro, Steve Mnuchin, che a marzo dello scorso anno ha dichiarato di voler mettere insieme un gruppo per acquisire TikTok; la piattaforma di condivisione video Rumble; e anche il noto youtuber MrBeast.

La posizione di ByteDance e del PCC

La riluttanza di ByteDance a vendere è dovuta alla mancanza di autorizzazione da parte del suo proprietario finale , il governo cinese, scrive l’esperta di Cina Shannon Brandao nel suo blog. “Il rifiuto di Pechino di consentire a una società commerciale apparentemente privata di vendere al miglior offerente dimostra anche quanto controllo abbia realmente il PCC su TikTok”.

D’altra parte, la cessione rientra nel perimetro nella legge cinese sulla sicurezza nazionale che legittima un potere di veto del PCC.

Alla domanda sulla visione di Trump per il futuro di TikTok, il Ministero degli Esteri cinese ha affermato che “le operazioni e le acquisizioni di aziende” dovrebbero essere “decise dalle aziende” e in linea con la legge cinese.

Gli Stati Uniti dovrebbero “ascoltare seriamente la voce della ragione” e “fornire un ambiente imprenditoriale aperto, equo, giusto e non discriminatorio” per le aziende di tutti i paesi, ha affermato il portavoce Guo Jiakun.

In ogni caso, ogni vendita di TikTok dovrà essere approvata da Pechino, poiché è probabile che un accordo del genere includa l’algoritmo di TikTok, che è coperto dalle norme cinesi sul controllo delle esportazioni sugli strumenti di “raccomandazione di contenuti personalizzati”. Le autorità cinesi avevano precedentemente affermato che avrebbero bloccato qualsiasi vendita forzata di TikTok. Tuttavia, Pechino ha adottato un tono più morbido sulla questione lunedì 20 gennaio con la portavoce del ministero degli Esteri cinese Mao Ning: “Per azioni come operazioni aziendali e acquisizioni, crediamo sempre che debbano essere decise in modo indipendente dalle aziende in base ai principi di mercato”.

Reazioni e implicazioni legali in Cina

Sui social media cinesi, dove il destino di TikTok è apparso come uno dei tanti tentativi degli Stati Uniti di ostacolare la potenza tecnica di Pechino, i suggerimenti di Trump sono stati accolti con disprezzo, scrive la CNN.

Decine di milioni di utenti sulla piattaforma di social media Weibo hanno riversato hashtag correlati alla potenziale proprietà al 50-50, con molti che hanno denunciato la “rapina” del governo degli Stati Uniti.

“Allora anche Apple e Tesla dovrebbero cedere il 50% delle loro azioni alle aziende cinesi”, si legge in un commento che ha ricevuto migliaia di “Mi piace”.

“Allora abbiamo bisogno del 50% di controllo di Nvidia!” ha affermato un altro commentatore, riferendosi al produttore di chip statunitense.

“La Cina non permetterà a ByteDance di inginocchiarsi”, si legge in un altro commento, riferendosi alla società madre di TikTok. “La rapina non cambia la sua natura solo perché cambia dal 100% al 50%”, ha aggiunto il commento.

Il colosso dei media ByteDance non gestisce TikTok in Cina, ma la sua app gemella Douyin è popolare a livello nazionale.

Nel frattempo, un editoriale del tabloid nazionalista statale Global Times di martedì 21gennaio ha esaminato la gestione del divieto statunitense e ha concluso che “la trappola che alcuni americani hanno teso a TikTok ha invece intrappolato loro”.

Tensioni commerciali e nuove prospettive

Nella telefonata con Trump, il leader cinese Xi Jinping ha chiesto un “nuovo punto di partenza” nelle relazioni tra Stati Uniti e Cina e ha sottolineato i loro “ampi interessi comuni”. Xi ha inoltre inviato il vicepresidente cinese Han Zheng all’insediamento di Trump, il funzionario più alto in grado che Pechino abbia mai inviato all’insediamento di un presidente americano.

L’ordine esecutivo di Trump su TikTok rappresenta uno dei tanti segnali che il neo-presidente intende dare per dimostrare la sua disponibilità a negoziare con Pechino, nonostante la campagna elettorale sia basata su una linea dura nei confronti del Paese, principale rivale geopolitico degli Stati Uniti.

Come detto, lunedì 20 gennaio Trump si è anche astenuto dall’imporre tariffe sui prodotti cinesi. Durante il processo elettorale, Trump ha minacciato tariffe superiori al 60% sulle importazioni cinesi negli Stati Uniti, e Pechino si sta preparando per una concorrenza economica più agguerrita con gli Stati Uniti.

Quando gli è stato chiesto di quelle tariffe, il giorno del suo giuramento Trump ha detto che i dazi che aveva imposto come presidente la prima volta erano ancora in vigore. Non ha indicato alcuna tempistica entro la quale avrebbe potuto imporre altre tariffe, nonostante abbia detto che le tariffe sui prodotti messicani e canadesi potrebbero entrare in vigore il 1° febbraio.

Ma Trump, aggiunge la CNN, ha anche lasciato intendere che i dazi potrebbero essere collegati al destino di TikTok, sollevando interrogativi sul tipo di dura contrattazione che il presidente potrebbe avere in mente nei mesi a venire.

In un discorso rilasciato il 20 gennaio nello Studio Ovale, Trump ha ipotizzato di imporre dazi fino al 100% sulla Cina se Pechino non approvasse un potenziale accordo futuro.

“Se volessimo fare un accordo con TikTok e fosse un buon affare e la Cina non lo approvasse… Penso che alla fine lo approverebbero perché imporremmo tariffe alla Cina, forse”, ha detto, suggerendo che questo non era l’unico approccio che avrebbe potuto adottare.

Sun Chenghao, ricercatore associato presso il Centro per gli studi strategici e di sicurezza dell’Università Tsinghua, ha dichiarato a ManKeDao che l’atteggiamento di Trump riflette le contraddizioni e i giochi di potere a più livelli dentro e fuori gli Stati Uniti.

“Da un lato, l’incidente di TikTok riflette la tendenza degli Stati Uniti alla pan-sicurezza, è una versione ampliata e nuova della ‘teoria della minaccia cinese’, nello strumento politico se l’abuso di legittimità politica, ovviamente ancora controverso. D’altro canto, TikTok, in quanto APP con un enorme volume commerciale e influenza sull’opinione pubblica, è molto popolare tra i giovani statunitensi e il divieto amministrativo del governo incontrerà ovviamente la resistenza sociale, limitando così i politici in termini di voti e opinione pubblica”.

Si può dire che questa tensione tra “politica e opinione pubblica” sia la ragione principale dei ripetuti divieti, ha aggiunto il ricercatore cinese.

Le opinioni degli esperti cinesi

Sun Chenghao ha anche sottolineato che la caccia a TikTok è influenzata anche dai giochi di parte e dalla transizione di potere. Durante il periodo “Trump 1.0”, il divieto di TikTok è stato uno dei simboli di una politica dura nei confronti della Cina. Il “piccolo muro” dell’amministrazione Biden continuava a competere con la scienza e la tecnologia cinese. Ora la firma dell’ordine del “periodo di grazia” da parte di Trump è una sorta di compromesso, che non consente di rinunciare facilmente alla posizione della linea dura, ma anche di riservare uno spazio per l’adeguamento delle politiche.

“Tuttavia, la politica statunitense di impegnarsi in blocchi unilaterali, non solo non frenerà le aziende cinesi, ma al contrario, aggraverà la frammentazione dell’economia digitale globale, indebolendo il soft power nazionale degli Stati Uniti e la capacità di fare regole”, ha dichiarato Sun Chenghao.

Zhang Xin, direttore del Centro di ricerca sull’economia digitale e l’innovazione legale dell’Università di economia e commercio internazionale, ritiene che, sebbene l’amministrazione Trump abbia concesso un “periodo di grazia”, dal punto di vista degli effetti giuridici “l’iniziativa è difficile da contrastare sostanzialmente con la legge ‘sell or ban’, perché questa è stata votata dalle due camere, firmata dal presidente e sottoposta alla revisione giudiziaria della Corte Suprema. Per quanto riguarda il modello di joint venture proposto da Trump, gli algoritmi di raccomandazione personalizzati sono stati inclusi nel catalogo delle tecnologie di esportazione della Cina, l’esportazione della tecnologia pertinente è soggetta all’approvazione del governo e il sistema di algoritmi e altri segmenti di business sono completamente separati; pertanto, ci sono anche sfide evidenti”.

Zhang Xin ha anche affermato che nel medio e lungo termine le prospettive di TikTok negli Stati Uniti possono avere diverse possibilità: “In primo luogo, si spera che l’amministrazione Trump venga ribaltata attraverso la legislazione del Congresso, ma questa mossa è difficile da attuare e si discosta dall’attuale direzione strategica della Casa Bianca. La seconda è quella di ritirarsi completamente dal mercato statunitense, un’opzione che scatenerebbe il malcontento della popolazione giovanile americana e delle piccole e medie imprese, contraddicendo le dichiarazioni di Trump durante la campagna elettorale. Inoltre, c’è l’idea del “compliance divestment” di Trump sui social media, ma è difficile da attuare”.

Persone vicine a ByteDance hanno dichiarato a Rogue Island che finora la società non ha raggiunto alcun accordo con la parte statunitense e ByteDance ha ancora il controllo al 100% di TikTok.

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