l’analisi economica

Trump, perché la guerra dei dazi fa male alla democrazia



Indirizzo copiato

Le politiche di Trump basate su dazi e isolazionismo rischiando di compromettere l’influenza americana globale, aprendo spazi di manovra a potenze autoritarie come Cina e Russia

Pubblicato il 24 gen 2025

Mario Dal Co

Economista e manager, già direttore dell’Agenzia per l’innovazione



Trasferimento dati Ue-Usa

Il nuovo presidente Usa Donald Trump vuole dare il segnale di una svolta immediata sui temi che lo hanno portato all’elezione: immigrazione, indipendenza degli Stati Uniti da ogni condizionamento internazionale a partire dagli organismi e dalle regole dell’ONU, scelta degli alleati in base al solo principio dello schema amico-nemico e di un elementare opportunismo politico ed economico.

Trump, dagli annunci alla realtà

Questi segnali possono fare impressione a breve, mentre la loro utilità in termini elettorali, non essendoci elezioni in vista, è assai discutibile. Rimane, invece, il fatto che gli annunci roboanti si scontreranno con reazioni, magari meno roboanti, e con blocchi, magari di lunga lena, che determineranno l’impossibilità di dar corpo a quanto annunciato. Tutto questo fa parte dell’armamentario che ogni buon politico deve mettere nella propria valigia degli attrezzi: sembra che Trump non l’abbia capito e segua l’idea che ogni parola di auto-omaggio al proprio potere, faccia bene alla sua causa e a quella degli Stati Uniti.

WHITEPAPER

Direttiva UE CSDDD: come il nuovo quadro normativo impatterà sulla catena di valore della tua azienda

ESG
Aziende innovative

A proposito del ritiro dalle organizzazioni internazionali, quanto detto dal Telegraph è inevitabile e condivisibile: “Il ritiro dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) può dare un colpo mortale all’agenzia dell’ONU a corto di soldi … e creerà una opportunità enorme per il maggior rivale degli Stati Uniti, la Cina”.[1]

L’affermazione del ministero degli esteri cinese lo conferma: nonostante la preferenza per gli accordi bilaterali, la Cina ritiene che “il ruolo della WHO può solo essere rafforzato e non indebolito”[2].

A proposito degli annunci annessionistici riferiti al Canada, a Panama e alla Groenlandia, invece, molti commenti si sono dispersi nel dimostrare l’assurdità delle pretese, in alcuni casi a sostenere la razionalità delle pretese, con simulazioni e ragionamenti privi di sostanza.

Regole internazionali indebolite da Trump, un rischio per le tutte le democrazie (Usa compresi)

Il problema che emerge, a nostro giudizio, è diverso dall’analisi del “realismo” delle provocazioni di Trump. Il problema che Trump sta creando agli Stati Uniti e agli alleati è un altro. È quello di indebolire ulteriormente il rispetto delle regole internazionali come principio guida della politica delle democrazie, lo smembramento del loro fronte e quindi l’apertura di spazi enormi di free riding agli stati autocratici, come la Russia, la Cina, la Turchia etc. L’illusione di Trump è che ciò serva a consolidare il suo piedistallo di potere a livello internazionale, ma non è così. La perdita di importanza relativa dell’America, rotti o messi in crisi i legami con gli alleati, è destinata ad accelerare: America First to Resign.

Gli Stati Uniti, che hanno perso militarmente e politicamente tutte le guerre combattute nel dopoguerra, difficilmente recupereranno posizioni nella borsa del potere internazionale, con fantasie revansciste o avviando il sequel muskiano dello sbarco sulla luna.

Sarà la Cina, sarà Putin, saranno altre potenze emergenti ed altri leader autoritari ad approfittare della rinuncia americana a salvaguardare l’ordine internazionale emerso dalla seconda guerra mondiale. Le istituzioni internazionali vanno aggiornate, non distrutte: il vuoto che lasciano viene riempito da chi ha ambizioni internazionali e non è ripiegato su sé stesso come l’America di Trump. Anche sull’Ucraina gli inviti/minacce rivolti a Putin per il cessate il fuoco sono destinati a dissolversi come nebbia davanti ad una fila di carri armati o ai lanci di missili o a stormi di droni.

I dazi: obiettivi e impatti

L’idea guida del presidente Trump è che l’economia americana, essendo un multiplo di quella del Messico e del Canada, possa permettersi di affrontare anche le reazioni di questi paesi, incassando danni marginali in termini di inflazione e di riduzione della crescita. Le stime dimostrano che i dazi creano perdite di reddito e di posti di lavoro e causano un aumento dei prezzi che si scarica sui consumatori. Alcune stime forniscono un impatto severo (vedi figura 1), tale da avvicinare il rischio di recessione.[3] In Messico la situazione sarebbe ancora più grave: il 40% del PIL è dedicato all’esportazione di cui l’80% è diretta negli Stati Uniti.[4]

Nella figura che segue sono riportate le previsioni dell’impatto sull’andamento del prodotto interno lordo dell’aumento delle tariffe sulle importazioni dai due paesi.

Figura 1. Perdite di PIL attese in caso di tariffe del 25% sull’import da Canada e Messico[5]

È evidente la differenza di effetti: massima per il Messico, intermedia per il Canada e minima per gli Stati Uniti, che tuttavia nell’intero periodo considerato perdono la bellezza di 680 miliardi di dollari di prodotto (e di occupazione). Dal punto di vista politico, la minaccia di dazi sull’export del Messico persegue l’obiettivo di ottenere una maggior controllo sull’immigrazione clandestina, mentre nei confronti del Canada l’obiettivo politico è difficile da riconoscere, a meno di considerarlo effetto dell’avversione di Trump nei confronti del progressista Justine Trudeau.

Il mistero degli annunci trumpiani si complica ulteriormente se consideriamo che i dazi minacciati sull’export cinese sono assai inferiori a quelli annunciati con i due stati vicini: un 10% che certamente la Cina non accoglierà senza contromisure di ritorsione. E qui le cose si complicano, per Trump. Come si veda dalla figura 2, nel caso in cui oltre ai dazi del 25% sulle importazioni da Canada e Messico vi fosse un aumento dei dazi sull’import dalla Cina del 10%, con ritorsione equivalente da parte della Cina, l’impatto sui due paesi vicini rimarrebbe invariato, mentre quello sugli Stati Uniti sarebbe superiore all’impatto sull’economia cinese, con una perdita complessiva di 841 miliardi dollari nel periodo considerato dalla simulazione. In sostanza dalle politiche tariffarie di Trump tutti i paesi risultano perdenti.

Figura 2. Perdite di PIL attese in caso di aumento dei dazi del 25% sull’import da Canada e Messico, del 10% dalla Cina (con ritorsione).[6]

Le possibili conseguenze dei dazi verso il Canada

L’interscambio con i due paesi, Canada e Messico, è di 1.500 miliardi di dollari all’anno: alcuni settori, come agricoltura, auto ed energia saranno fortemente colpiti. Nel caso del Canada, l’auto è radicata intorno ai grandi laghi, con stabilimenti della stessa azienda distribuiti tra Canada e Stati Uniti: i sindacati dell’auto raccolgono iscritti americani e canadesi (United Steelworkers International Union). Un singolo veicolo in costruzione negli stabilimenti intorno ai grandi laghi può attraversare 8 volte la frontiere prima di essere consegnato. L’impatto dei dazi sull’economia canadese può comportare, secondo stime più severe di quelle citate in precedenza, una riduzione della produzione compresa tra il 2 e il 2,6% all’anno.

Il Canada prende quindi molto sul serio questi rischi, con posizioni che sono diverse tra le diverse Provincie: l’Ontario, che è la regione più ricca, minaccia ritorsioni alla pari, l’Alberta, grande esportatore di energia negli Stati Uniti, vorrebbe escludere l’energia dalle reazioni di ritorsione. Per contrastare lo squilibrio esistente tra i danni che i dazi fanno all’economia canadese e quelli che producono all’economia americana, i canadesi stanno pensando di concentrare le ritorsioni sui settori che sono dislocati maggiormente negli Stati più allineati, in termini elettorali, con Trump: un tentativo per rendere più incisive le ritorsioni. Esercizio non facile e dall’esito non scontato.

Assai più interessante sarebbe guardare a ciò che accadde durante la guerra tariffaria tra Canada e Stati Uniti che ha avuto luogo negli anni Trenta, quelli della grande recessione. In quegli anni l’amministrazione americana cercò di scaricare sul Canada parte degli effetti della crisi, con tariffe che ridussero l’export del Canada verso gli Stati Uniti, nel tentativo di sostenere i prezzi e l’occupazione in America. Gli agricoltori americani spingevano per dazi sull’importazione al fine di sostenere i prezzi interni (e i loro guadagni). Fu adottato lo Smoot-Hawley Tariff Act che portò a dazi altissimi del 59%.[7]

Uno studio del 1997 dimostra come quella politica abbia influenzato le scelte del Canada in modo profondo e che la reazione degli altri stati, e del Canada in particolare, fu decisiva nel determinare l’impatto finale negativo dei dazi sull’economia americana. Le tariffe ritorsive introdotte dal Canada in risposta a quelle americane divennero oggetto di dibattito politico interno e probabilmente furono una delle ragioni dell’insuccesso del primo ministro uscente William Lyon Mackenzie King. Questi era un liberale, guidava un governo di minoranza (come Justine Trudeau oggi) e volle rispondere in modo molto cauto, con dazi limitati a 16 prodotti di importazione, pari al 30% delle importazioni dagli Stati Uniti. Il leader conservatore R. B. Bennett condusse un attacco nella campagna elettorale contro questa debole risposta di Mackenzie King con lo slogan “riapriremo i mercati con i nuovi dazi”. I mercati non si riaprirono, ma il nuovo primo ministro imitò un’iniziativa del predecessore, riducendo i dazi sulle importazioni da altri paesi, come il Regno Unito, all’epoca partner commerciale fondamentale del Canada: “ogni volta che gli americani innalzano le loro tariffe, noi commerciamo di più con gli inglesi”.[8]

Cosa può fare l’Europa

L’Europa ha molte castagne al fuoco, di suo e per effetto delle politiche di Trump.

C’è l’incertezza sulla guerra in Ucraina, c’è quella sulle tariffe, c’è quella sull’abbandono della strada maestra del diritto internazionale, su cui si basa la sopravvenienza stessa dell’Europa come oggi è configurata, c’è l’incertezza politica interna tra le due anime in conflitto all’interno dell’Unione.

Ma ci sono due cose che l’Europa può fare.

La prima è definire, come ha fatto il Regno Unito, una analisi strutturale della resilienza delle supply chains.[9] In questo modo le necessarie ritorsioni possono esser indirizzate sui settori dove l’impatto negativo è prevalentemente sul paese che si vuole colpire, mentre gli effetti indotti sulle proprie supply chain sono contenuti.

In secondo luogo, occorre battere, con l’ausilio anche dello strumento appena ricordato, la strada degli accordi per ridurre le tariffe con le aree e i paesi competitori del paese che ha avviato l’aumento dei dazi. Occorre cercare di bilanciare il più possibile l’impatto sull’economia interna dei dazi introdotti dal paese che ha aperto le ostilità commerciali. Anche il solo coordinamento delle politiche di risposta (ad esempio tra Regno Unito ed Europa) può sortire l’effetto di rendere meno efficaci gli attacchi americani alla libera circolazione delle merci e dei servizi, asse portante dell’Unione europea, sua vera risorsa strategica.

Le difficoltà che incontrerà Trump dipenderanno anche dalle reazioni degli interlocutori, sia di quelli blanditi, sia di quelli minacciati. Ma i fallimenti delle politiche economiche dipendono soprattutto dalle reazioni dei mercati. I mercati non amano l’incertezza e la confusione degli annunci trumpiani ne crea in abbondanza. I mercati, in compenso, ben conoscono la differenza tra annunci velleitari e risultati concreti.

Note


[1]) Sarah Newey, Trump has dealt the WHO a heavy blow – and handed China a historic opportunity

Beijing would become the undisputed champion of global health if it chose to close the funding gap caused by the looming US withdrawal, The Telegraph, 21 January 2025.

[2]) Haley Ott, World leaders react as President Trump makes big moves on Day 1 of his second term,

CBS News, January 21, 2025.

[3]) Matina Stevis-Gridneff, Ana Swanson, Simon Romero, How Could Trump’s Tariffs Affect the U.S., Canada and Mexico?The New York Times, January 21, 2025.

[4]) Warwick J. McKibbin, Marcus Noland, Trump’s threatened tariffs projected to damage economies of US, Canada, Mexico, and China, Peterson Institute for International Economics,January 17, 2025.

[5]) Warwick McKibbin, Megan Hogan, Marcus Noland, The international economic implications of a second Trump presidency, PIIE Working Paper 24-20.

[6]) Warwick McKibbin, Megan Hogan,Marcus Noland, op cit.

[7]) Ian Austen, When the U.S. Hit Canada With Steep Tariffs Before, Canada Had a Plan B

But economic, political and technological changes have left Canada with few ways to handle trade restrictions now, The New York Time, Canada letter, Jan. 18, 2025.

[8]) Judith A. McDonald, Anthony Patrick O’Brien, Colleen M. Callahan, Trade wars: Canada’s reaction to the Smoot-Hawley Tariff, The Journal of Economic History

Vol. 57, No. 4 (Dec., 1997).

[9]) Deprtment for Business and Trade, Supply chain resilience, U. K. Government, Novembre 16th , 2022.

WHITEPAPER

Scopri i progetti finanziati dalla politica di coesione e i benefici sulla qualità della vita dei cittadini

ESG
Environment-tecnologie per ambiente ed energia
Scarica il White paper!Scarica il Whitepaper

EU Stories - La coesione innova l'Italia

Tutti
Video & Podcast
Analisi
Social
Iniziative
Podcast
Centro Servizi Territoriali: uno strumento per accompagnare gli enti nell’attuazione della politica di coesione. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Podcast
EU Stories, il podcast | Politiche di coesione e comunicazione: una sinergia per il futuro
Opinioni
La comunicazione dei fondi europei da obbligo ad opportunità
eBook
L'analisi della S3 in Italia
Norme UE
European Accessibility Act: passi avanti verso un’Europa inclusiva
Agevolazioni
A febbraio l’apertura dello sportello Mini Contratti di Sviluppo
Quadri regolamentari
Nuovi Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate di costo
Coesione
Nuovo Bauhaus Europeo (NEB): i premi che celebrano innovazione e creatività
Dossier
Pubblicato il long form PO FESR 14-20 della Regione Sicilia
Iniziative
400 milioni per sostenere lo sviluppo delle tecnologie critiche nel Mezzogiorno
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalle aule al mondo del lavoro, focus sui tirocini della Scuola d’Arte Cinematografica
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il ruolo del finanziamento BEI per lo sviluppo del fotovoltaico in Sicilia
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalla nascita ai progetti futuri, focus sulla Scuola d’Arte Cinematografica. Intervista al coordinatore Antonio Medici
MedTech
Dalla specializzazione intelligente di BionIT Labs una innovazione bionica per la disabilità
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia
Podcast
Centro Servizi Territoriali: uno strumento per accompagnare gli enti nell’attuazione della politica di coesione. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
Podcast
EU Stories, il podcast | Politiche di coesione e comunicazione: una sinergia per il futuro
Opinioni
La comunicazione dei fondi europei da obbligo ad opportunità
eBook
L'analisi della S3 in Italia
Norme UE
European Accessibility Act: passi avanti verso un’Europa inclusiva
Agevolazioni
A febbraio l’apertura dello sportello Mini Contratti di Sviluppo
Quadri regolamentari
Nuovi Orientamenti sull’uso delle opzioni semplificate di costo
Coesione
Nuovo Bauhaus Europeo (NEB): i premi che celebrano innovazione e creatività
Dossier
Pubblicato il long form PO FESR 14-20 della Regione Sicilia
Iniziative
400 milioni per sostenere lo sviluppo delle tecnologie critiche nel Mezzogiorno
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalle aule al mondo del lavoro, focus sui tirocini della Scuola d’Arte Cinematografica
TRANSIZIONE ENERGETICA
Il ruolo del finanziamento BEI per lo sviluppo del fotovoltaico in Sicilia
Formazione
“Gian Maria Volonté”: dalla nascita ai progetti futuri, focus sulla Scuola d’Arte Cinematografica. Intervista al coordinatore Antonio Medici
MedTech
Dalla specializzazione intelligente di BionIT Labs una innovazione bionica per la disabilità
Finanza sostenibile
BEI e E-Distribuzione: investimenti per la sostenibilità energetica
Professioni
Servono competenze adeguate per gestire al meglio i fondi europei
Master
Come formare nuove professionalità per governare e gestire al meglio i fondi europei?
Programmazione UE
Assunzioni per le politiche di coesione: prossimi passi e aspettative dal concorso nazionale. Il podcast “CapCoe. La coesione riparte dalle persone”
innovazione sociale
Rigenerazione urbana: il quartiere diventa un hub dell’innovazione. La best practice di San Giovanni a Teduccio
Programmazione europ
Fondi Europei: la spinta dietro ai Tecnopoli dell’Emilia-Romagna. L’esempio del Tecnopolo di Modena
Interventi
Riccardo Monaco e le politiche di coesione per il Sud
Iniziative
Implementare correttamente i costi standard, l'esperienza AdG
Finanziamenti
Decarbonizzazione, 4,8 miliardi di euro per progetti cleantech
Formazione
Le politiche di Coesione UE, un corso gratuito online per professionisti e giornalisti
Interviste
L’ecosistema della ricerca e dell’innovazione dell’Emilia-Romagna
Interviste
La ricerca e l'innovazione in Campania: l'ecosistema digitale
Iniziative
Settimana europea delle regioni e città: un passo avanti verso la coesione
Iniziative
Al via il progetto COINS
Eventi
Un nuovo sguardo sulla politica di coesione dell'UE
Iniziative
EuroPCom 2024: innovazione e strategia nella comunicazione pubblica europea
Iniziative
Parte la campagna di comunicazione COINS
Interviste
Marco De Giorgi (PCM): “Come comunicare le politiche di coesione”
Analisi
La politica di coesione europea: motore della transizione digitale in Italia
Politiche UE
Il dibattito sul futuro della Politica di Coesione
Mobilità Sostenibile
L’impatto dei fondi di coesione sul territorio: un’esperienza di monitoraggio civico
Iniziative
Digital transformation, l’Emilia-Romagna rilancia sulle comunità tematiche
Politiche ue
Fondi Coesione 2021-27: la “capacitazione amministrativa” aiuta a spenderli bene
Finanziamenti
Da BEI e Banca Sella 200 milioni di euro per sostenere l’innovazione di PMI e Mid-cap italiane
Analisi
Politiche di coesione Ue, il bilancio: cosa ci dice la relazione 2024
Politiche UE
Innovazione locale con i fondi di coesione: progetti di successo in Italia

Articoli correlati

Articolo 1 di 4