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Mining di criptovalute nei BRICS: regole e strategie nazionali



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L’evoluzione del mining di criptovalute nei paesi BRICS rivela un panorama complesso di regolamentazioni, con implicazioni energetiche e geopolitiche significative

Pubblicato il 7 feb 2025

Mario Di Giulio

Professore a contratto di Law of Developing Countries, Università Campus Bio-Medico Avvocato, Partner Studio Legale Pavia e Ansaldo



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Complici, ma non solo, le sanzioni applicate alla Russia a causa dell’aggressione all’Ucraina, le criptovalute hanno avuto in questi ultimi tre anni un ulteriore impulso, non solo a carattere speculativo come spesso – con approccio riduttivo –  si è soliti qualificare – se non bollare –  il fenomeno, ma quale strumento che consente l’esecuzione di pagamenti delle transazioni internazionali al di fuori del circuito del dollaro USA e dei numerosi oneri legati ai pagamenti che necessitano dell’intermediazione bancaria.

Le criptovalute come mezzo per ridurre il potere del dollaro Usa e aggirare le sanzioni

Aspetto, quest’ultimo, di notevole rilievo, se si considera che le criptovalute possono essere scambiate con operazioni cosiddette peer-to-peer, ovvero mediante una relazione diretta tra pagatore e soggetto recipiente: un sistema simile al pagamento in contanti, salvo che lascia traccia – pressoché indelebile – nella blockchain ove le valute virtuali prendono vita e sono trattate. Esse, pertanto, ben si prestano a svolgere un ruolo importante, anche se non assorbente, per aggirare eventuali sanzioni, posto che i pagamenti non richiedono il passaggio per la piattaforma SWIFT e non sono pertanto suscettibili di controllo mediante la sorveglianza della rete dei pagamenti.

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A prescindere poi dall’applicazione dei regimi sanzionatori, le criptovalute possono rappresentare un strumento di riduzione del potere del dollaro USA che costituisce, nella maggiore parte dei casi, la moneta base per gli scambi internazionali.

Il ruolo delle criptovalute nei BRICS

Nel contesto degli accordi di natura commerciale che uniscono l’alleanza, più o meno dichiarata anti Occidente, dei BRICS, è chiaro quindi che le valute virtuali giocano un ruolo importante: tale ruolo non appare però seguito da una regolamentazione uniforme del mining nei vari paesi che si riuniscono sotto tale acronimo (meglio sarebbe ormai definirli acronimi) e che pure è attività fondamentale per validare le movimentazioni delle criptovalute

BRIC, BRICS e BRICS+

Parafrasando la Genesi, potremmo dire che in principio c’erano i BRIC, un acronimo ideato nel 2001 da un economista di Goldman Sachs (Jim O’Neill) ad indicare, con le iniziali dei relativi stati, economie con ampi potenziali di crescita volte a dominare, nell’aggregato, l’economia mondiale entro il 2050 (Brasile, Russia, India e Cina), cui si aggiunse – da lì a poco – il Sud Africa, con il conseguente nuovo acronimo BRICS.

A prescindere dall’aggregazione di queste nazioni sotto il profilo finanziario per indicarne l’appetibilità dei relativi investimenti (cui si contrapponevano – per chi lo ricorda – i PIGS dove era inclusa l’Italia), è nel 2009 che i BRIC si costituiscono come organizzazione intergovernativa, per poi trasformarsi in BRICS nel 2011, con l’adesione del Sud Africa.

Negli ultimi due anni, però, l’alleanza, complice probabilmente il ruolo eccessivamente dirigistico degli Stati Uniti e in parte anche dell’Unione Europea, si sono aggiunti vari paesi (da qui la sigla BRICS+), comprendendo altri paesi quali Egitto, Etiopia, Iran e Arabia Saudita.

Mining e regolamentazioni nazionali

Il processo di mining attiene alla validazione delle nuove transazioni al fine di registrarle sulla bockchain: un processo fondamentale che è remunerato con l’attribuzione di nuova valuta digitale.

Per il suo svolgimento esso richiede la soluzione di complesse operazioni di calcolo svolte da software e hardware altamente energivori, non solo per la esecuzione delle operazioni medesime, ma anche per assicurare il raffreddamento degli hardware che le svolgono (aspetto, quest’ultimo, tanto rilevante da condurre ad individuare la collocazione dei data center in regioni nelle quali le temperature atmosferiche sono rigide onde mitigarne il surriscaldamento).

Regolamentazione del mining nei BRICS

Il mining, quindi, assume rilevanza sotto due profili: da un lato, esso è strumentale all’esecuzione delle transazioni digitali e quindi attinente alle operazioni di pagamento, ponendo il tema se esso debba o no essere autorizzato e oggetto di attività di vigilanza; dall’altro lato, pone problemi di consumo energetico che possono essere talmente severi da comportarne la proibizione.

Vediamo, quindi, come il mining risulta regolato nei paesi che hanno dato vita all’acronimo.

Brasile

Dal 2022, il Brasile riconosce le criptovalute quali titoli e ne pone la relativa gestione sotto la sorveglianza di un’authority. Un passo forse necessario per uno stato che ha una forte componente della popolazione del tutto emarginata dal sistema bancario e che, attraverso una notevole diffusione di ATM che consentono lo scambio immediato tra moneta corrente e moneta virtuale, pone anche gli unbanked in grado di eseguire pagamenti a distanza.

Va da sé che il riconoscimento delle criptovalute quali beni assimilabili a titoli, implicitamente autorizza l’attività del mining, che è – al tempo stesso – strumento di validazione delle movimentazioni e fonte per la creazione di nuova valuta virtuale.

Rimane, in remoto, l’aspetto economico e finanziario  che la creazione di nuova valuta virtuale comporta: essa deve, infatti, remunerare i costi affrontati dai miners nell’attività di validazione e diventa, di per se stessa, strumento d’influenza del valore effettivo della valuta. In altre parole, se pensiamo ad esempio al Bitcoin, il relativo valore deve essere sufficiente a coprire i costi subiti dai miners per la creazione del medesimo. E’ chiaro che in tal modo il costo di creazione influenza, da un lato, il rapporto tra Bitcoin e quello della valuta utilizzata per pagare l’energia e, dall’altro lato, tale costo diviene ostacolo alla validazione delle transazioni se tale remunerazione è posta a rischio: tali elementi potrebbero condurre a future regolamentazioni del mining, considerato che le attività relative alla gestione delle criptovalute sono assoggettate a vigilanza regolamentare.

Russia

Sebbene l’utilizzo delle criptovalute si sia dimostrato una possibile soluzione per aggirare il regime sanzionatorio seguito all’aggressione dell’Ucraina, la Russia sta sempre più regolamentando il settore del mining per ragioni legate ai consumi energetici, considerato che in alcune regioni è spesso causa di veri e propri blackout. Nel promulgare le misura restrittive, il presidente russo Putin ha dichiarato che le attività di mining giungono a consumare l’1,5% della produzione elettrica nazionale.

A dicembre del 2024, l’attività di mining è stata quindi vietata in 10 regioni a partire dal primo gennaio di quest’anno sino al 15 marzo 2031.

L’imposizione di limitazioni allo svolgimento del mining ha quindi condotto a un obbligo di registrazione dei miners, fatta eccezione per coloro che svolgono la propria attività con consumi inferiori ad una certa soglia.

India

Al momento l’India non appare avere una specifica regolamentazione sul mining. Considerata comunque la generale avversione delle autorità alle criptovalute, sia per profili legali alla sovranità monetaria sia per ragioni energetiche, l’incertezza sembra contrastare attività d’investimento nel settore che esisterebbe, quindi, solo a livelli minimali.

Cina

Dal 2021, la Cina ha vietato il trading e il mining di criptovalute. Nonostante il divieto, molti operatori del settore sostengono che in Cina tali attività siano comunque svolte, dal momento che la normativa non considera illecita la detenzione delle criptovalute, ma si limita a non riconoscere tutela alle parti tra le quali dovesse insorgere una controversia. Lo stesso divieto di mining introdotto nel 2021 dovrebbe inoltre essere interpretato quale divieto di creare nuove strutture di mining.  A prescindere dalla chiarezza del quadro giuridico, a leggere la stampa specializzata, la Cina continua ad essere uno dei paesi in cui il mining assume dimensione rilevanti.

Sud Africa

Correntemente le criptovalute non sono oggetto di particolare regolamentazione e i miners sono considerati soggetti coinvolti nel sistema dei pagamenti che, come tali, potrebbero essere assoggettati a future regolamentazioni, ad esempio sui requisiti autorizzativi, ma al momento l’attività non è soggetta a restrizioni.

Mining, oltre i BRICS

Sebbene, almeno da parte russa, appaia esservi l’intenzione di utilizzare le criptovalute in chiave di de-dollarizzazione dei sistema internazionale dei pagamenti e ciò si traduca sostanzialmente nel riconoscimento della liceità dell’attività di mining, la tendenza alla registrazione ufficiale degli operatori evidenzia in concreto che la relativa attività possa avere influenza non solo nella validazione delle operazioni e nella produzione di asset importanti per le economie in cui tali attività sono svolte, ma anche l’influenza che le medesime attività possono avere nello stesso sistema (alternativo) dei pagamenti che da esse dipende: una constatazione che stride con il sogno – probabilmente utopistico – di creare delle valute volte a rendere indipendente l’universalità dei singoli dal potere di pochi, considerate le concentrazioni che stanno avvenendo nel modo dei vari soggetti che operano il mining. Si consideri, in questo contesto, l’alleanza del maggiore operatore russo di data center – BitRiver – e il Russian Direct Investments Fund per offrire servizi di mining ai paesi dei BRICS che sta a evidenziare come anche le strutture decentralizzate non siano quel modello di ritorno allo stato di natura che molti immaginavano (o, semplicemente, speravano).

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