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Banda ultralarga in Italia: un cantiere infinito tra burocrazia e ritardi



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L’analisi dello stato di avanzamento dei piani nazionali per la banda ultralarga rivela uno scenario preoccupante. Tra ostacoli burocratici e ritardi realizzativi, l’Italia fatica a rispettare le scadenze previste

Pubblicato il 5 feb 2025

Domenico Salerno

direttore Area Digitale dell’Istituto per la Competitività (I-Com)



Banda ultralarga

La rapida evoluzione tecnologica che caratterizza il nostro tempo ha fatto sì che non ci sia più quasi nessun’attività umana, sia per quanto riguarda la sfera privata che quella professionale, che non sia toccata almeno in parte dalla digitalizzazione. La mancanza di una connessione ad internet può quindi pregiudicare l’accesso a beni e servizi, pubblici e privati, fondamentali nella vita quotidiana.

Connettività: gli obiettivi Ue

Date queste premesse, è facilmente comprensibile come mai le istituzioni, sia a livello nazionale che comunitario, abbiano posto un notevole interesse al dispiegamento delle reti di telecomunicazione. In particolare, la Comunicazione UE “Bussola digitale 2030: la via europea per il decennio digitale” ha posto due target estremamente sfidanti per la fine del decennio: connettività ad almeno 1 Giga per tutte le famiglie europee e copertura 5G di tutte le aree popolate.

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Lo stato di avanzamento della strategia italiana per la banda ultralarga

A livello nazionale, nel 2015 è stata lanciata la prima Strategia per la Banda Ultra Larga, seguita da due aggiornamenti nel 2021 e nel 2023. La programmazione italiana relativa alle infrastrutture TLC si articola in 6 azioni: il Piano aree bianche (Piano BUL), il Piano “Italia a 1 Giga”, il Piano “Italia 5G”, il Piano “Scuole connesse”, il Piano “Sanità connessa” e il Piano “Isole Minori”. Secondo le previsioni, tutte queste azioni dovevano trovare compimento entro il 2026, in coerenza con le deadline previste dal PNRR. In virtù di ciò, è certamente interessante analizzare lo stato d’avanzamento delle singole linee per comprendere a che punto siamo arrivati e se le scadenze potranno essere rispettate.

Il piano BUL

La prima linea d’azione lanciata a seguito della Strategia BUL del 2015 è il Piano Aree Bianche (rinominato Piano Banda Ultralarga BUL). Questa misura è nata con l’obiettivo di fornire 7.700 comuni con una connessione in fibra ottica o mista fibra-wireless (FWA), con prestazioni fino a 100 Mbit/s. I comuni oggetto di intervento sono stati dunque suddivisi in tre diverse gare, aggiudicate tutte ad Open Fiber (due nel 2017 e una nel 2019), parcellizzati in lotti regionali (o relativi alle Provincie Autonome).

L’ultimo aggiornamento sullo stato di avanzamento dei lavori diffuso da Infratel, aggiornato al 31 dicembre 2024, segnala 4.134.413 unità immobiliari già collaudate e 498.294 in fase di collaudo sulle 6.303.346 che hanno raggiunto almeno la progettazione esecutiva. A livello percentuale, le UI collaudate pesano sul totale per il 66%. Sul versante regionale spicca il Molise, che presenta una quota di UI collaudate del 98%, fanalino di coda è invece la Liguria, in cui la percentuale di completamento si attesta appena sul 35%.

Dal punto di vista del cronoprogramma, gli interventi si sarebbero dovuti chiudere entro il 2023. Il ritardo accumulato dal Concessionario ha portato alla contestazione da parte di Infratel di penali per 61,16 milioni di euro. In ogni caso, va precisato che il non rispetto delle tempistiche previste non va imputato anche alle difficoltà burocratiche che le aziende incontrano nell’ottenere l’autorizzazione ad effettuare gli interventi. Secondo un recente studio di I-Com, i tempi in cui incorrono le tlc nei processi autorizzativi possono arrivare fino a 266 giorni.

Italia a 1 giga

Il Piano Italia a 1 Giga, a differenza di quello destinato alle aree bianche, mira ad intervenire fornendo una connessione ad almeno 1 Gbps in download e 200 Mbit/s in upload alle unità immobiliari presenti nelle aree grigie e nere NGA che, a seguito della mappatura delle infrastrutture effettuata nel 2021 e degli interventi già pianificati dalle aziende operanti nel mercato entro il 2026, sono risultate non coperte da almeno una rete in grado di fornire in maniera affidabile velocità di connessione in download ≥ 300 Mbit/s.

Secondo gli ultimi dati diffusi da Infratel sul portale connetti.italia.it, al 31 dicembre 2024 i lavori stanno procedendo, ma non al ritmo previsto dalla strategia. Sebbene la pianificazione puntasse a completare il 60% dei civici entro il primo trimestre del 2025, allo stato attuale ne risultano completati solo il 40%, mentre un ulteriore 31% è in lavorazione. A livello territoriale, solo la Provincia Autonoma di Trento (76%), la Basilicata (62%) e la Calabria (61%) presentano un valore superiore al target del 60%, mentre la situazione più critica è quella della Valle d’Aosta in cui la percentuale di completamento si attesta appena sul 7%. Per centrare la scadenza prevista per il secondo trimestre del prossimo anno è quindi quanto mai necessario un importante cambio di passo.

Italia 5G

Il Piano Italia 5G punta ad incentivare la realizzazione delle infrastrutture di rete per lo sviluppo e la diffusione di reti mobili 5G nelle aree a fallimento di mercato su tutto il territorio nazionale. In particolare, l’obiettivo è quello di supportare la diffusione di reti mobili 5G in grado di assicurare un significativo salto di qualità della connettività radiomobile mediante rilegamenti in fibra ottica delle stazioni radio base (SRB) e la densificazione delle infrastrutture di rete, al fine di garantire la velocità ad almeno 150 Mbit/s in downlink e 30 Mbit/s in uplink, in aree in cui non è presente, né lo sarà nei prossimi cinque anni, alcuna rete idonea a fornire connettività a 30 Mbit/s in tipiche condizioni di punta del traffico.

Sul versante della densificazione, la pianificazione prevede di realizzare nuove stazioni radio base 5G in 1.385 aree bianche del Paese. Osservando lo stato di avanzamento vediamo come a fine dicembre scorso sia stato completato il 36% delle aree, mentre è in lavorazione il 31%. La regione con la percentuale maggiore di siti attivati è la Sardegna con il 67%, seguita dal Friuli Venezia Giulia con il 42%. Di converso, escluse le prime due, nessuna delle altre regioni supera la soglia del 40% di siti attivati e ci sono ben 4 regioni che presentano ancora lo 0% di aree completate.

L’intervento “backhauling” prevede invece di rilegare in fibra ottica oltre 9.462 stazioni radio base esistenti. Nel merito i dati sono decisamente più confortanti, con 18 regioni e province autonome che superano il 50% di siti realizzati; rimangono più indietro la PA di Bolzano, il Molise, e la Valle d’Aosta, con quest’ultima che è l’unica al di sotto della soglia del 40%. La regione più virtuosa è la Basilicata, con il 73% dei siti realizzati. A livello nazionale, infine, sono stati realizzati il 67% dei siti mentre quelli in lavorazione sono solo l’1%.

Parimenti a quanto visto in precedenza, la milestone prevista per questo Piano alla fine del primo trimestre del 2025 è pari al 60%. Sebbene la linea backhauling stia procedendo positivamente, sembra altamente improbabile che il Piano nel suo complesso raggiunga questo target entro la fine di marzo 2025.

Scuole connesse, sanità connessa e isole minori

La pianificazione nazionale prevede altri tre piani “minori”, ovvero Scuole connesse, sanità connessa e Isole minori.

Il Piano Scuole Connesse mira alla copertura in banda ultralarga ad almeno 1 Giga di tutti gli edifici scolastici presenti sul territorio nazionale. Una prima fase dell’intervento, avviata nel 2020, avrebbe dovuto coprire entro la fine del 2023 circa 35 mila istituti. Secondo l’ultimo aggiornamento diffuso da Infratel, a oltre un anno dalla scadenza prevista la percentuale di completamento ha raggiunto solo l’90,6%. La seconda fase, che ha l’obiettivo di coprire circa 9.000 edifici esclusi dalla fase I, dovrebbe essere conclusa entro la fine dell’anno in corso, ma allo stato attuale presenta una percentuale di avanzamento del 58,7%.

Il Piano Sanità Connessa mira invece a garantire la connettività con velocità simmetriche di almeno 1 Gbps e fino a 10 Gbps alle strutture del servizio sanitario pubblico, dagli ambulatori agli ospedali, per un totale di circa 12 mila strutture. Tale Piano è stato suddiviso in 8 lotti ed è stato assegnato, a seguito di un bando pubblico, a tre operatori aggiudicatari per un totale di circa 315 milioni di euro. Anche in questo caso la chiusura dei lavori è prevista per la fine del 2025, nonostante a dicembre scorso la percentuale di completamento fosse appena del 31,3%, mentre un ulteriore 36,4% è in lavorazione.

Specifica attenzione e risorse dedicate (oltre 45 mln di euro assegnati ad un operatore aggiudicatario) sono rivolte alle isole minori italiane attraverso il Piano Isole minoriche punta a portare la connessione internet ultraveloce, prevedendo la progettazione, la fornitura e posa in opera dei cavi sottomarini in fibra ottica e relativa manutenzione per complessive 21 tratte. Questo Piano è l’unico che risulta già ultimato.

Connettvità fissa e mobile: le incognite sul futuro

Appare chiaro che la situazione dal punto di vista della pianificazione pubblica non stia procedendo come previsto. Sul versante fisso, oltre quanto detto fino a questo momento, sono due le grandi incognite che potrebbero sparigliare la situazione: la tanto discussa unificazione della rete e un possibile ruolo del satellite nel completamento dei Piani. Relativamente al primo punto, si è recentemente registrata l’apertura di Kkr, nonostante ciò, l’uscita improvvisa pochi giorni fa dell’AD di FiberCop Luigi Ferraris potrebbe rallentare una procedura già estremamente complessa. Riguardo al satellite, si è parlato molto di un possibile ingresso di questa tecnologia nella partita, in particolare nella copertura delle case sparse difficili da raggiungere con le altre tecnologie utilizzate. Intanto, la partecipazione di Starlink alla consultazione AgCom sull’assegnazione della porzione di spettro in scadenza al 2029 dimostra l’interesse della società di Elon Musk di giocare un ruolo nel mercato telco italiano.

Per quanto riguarda le reti mobili, sebbene la recente mappatura dimostri un miglioramento della copertura complessiva del territorio nazionale, a fare rumore è soprattutto lo 0% della copertura 5G standalone. Visto il ruolo strategico che potrebbe avere questa tecnologia nella competitività del nostro Paese, c’è certamente da chiedersi cosa non sta funzionando su questo versante e come stimolare il deployment delle reti di quinta generazione standalone. Su questo punto, pesano anche una domanda che stenta a decollare e una scarsa disponibilità degli utenti a pagare per prestazioni premium, come certificato da una survey condotta da I-Com, il che inevitabilmente riduce la possibilità degli operatori di mettere a terra nuovi investimenti.

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