Lo studio

Start up, Polimi: in Italia si investe sette volte meno che in Francia

Gli Osservatori del Politecnico di Milano calcolano 20 milioni di euro investiti in nuove aziende innovative da gennaio a settembre 2012, contro i 27 milioni di tutto il 2011. Troppo poco rispetto al resto del mondo industrializzato. Sviluppo economico confida nel nuovo decreto Crescita 2.0

Pubblicato il 18 Ott 2012

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Nei primi nove mesi del 2012 ci sono state 29 operazioni di investimento in startup, per 20 milioni di euro. In linea con il 2011 (27 milioni di euro l’intero l’anno. Sono i dati dell’ultimo osservatorio del Politecnico di Milano, appena pubblicato, che così, si conferma il quadro negativo: l’Italia si investe in startup un settimo rispetto alla Francia, un quinto rispetto alla Germania e al Regno Unito e la metà rispetto ai paesi del nord (Svezia, Finlandia e Norvegia) con PIL molto inferiori a quello italiano. In testa nel mondo sono Usa e Israele.

Nel 2012, a farla da padrone per gli investimenti startup è l’ICT, con un peso di circa il 50% sul totale (negli Stati Uniti si arriva al 60%). Ecco le stime dell’osservatorio:

  • nel 2011 le operazioni di investimento in startup ICT in Italia sono state 44 (il 41%, è stato fatto da incubatori, il 39% da Venture Capital) per circa 27 milioni di euro.
  • I primi 9 mesi del 2012 hanno confermato questo trend: 29 operazioni per circa 20 milioni di euro.
  • Quasi il 50% delle operazioni fatte sono relative al comparto Mobile (20 investimenti su 44 nel 2011 e 13 investimenti su 29 nei primi 9 mesi del 2012), mercato nel quale l’Italia ricopre una posizione di leadership a livello internazionale (con una penetrazione degli smartphone e della banda larga mobile molto elevata).
  • In sintesi, il comparto ICT – e Mobile in particolare – dimostra una dinamicità estremamente interessante e la presenza di alcuni casi virtuosi che stanno registrando una forte attenzione a livello internazionale.

Le startup, infatti, contribuiscono alla crescita economica di un paese sia in maniera diretta che attraverso l’innovazione con la quale contribuiscono al miglioramento della produttività, dell’innovatività e della competitività delle imprese tradizionali, potenziandone le performance.

Ma per riuscire ad avviare il nostro paese inerziale nella direzione giusta, occorre creare un ecosistema in grado di generare un circolo virtuoso tra le sue diverse componenti: sistema formativo/universitario, sistema di comunicazione/media, sistema finanziario, sistema politico – afferma Andrea Rangone, Coordinatore degli Osservatori della School of Management del Politecnico di Milano. Intanto, senza pretendere di fornire soluzioni semplici a problemi complessi, penso si possa cominciare dalla creazione di distretti di startup, cioè concentrazioni territoriali di nuove imprese che consentano di creare quelle dinamiche di cross-fertilizzazione, contaminazione culturale e scambio di conoscenze che sono state alla base del successo dei nostri distretti industriali e, quindi, del nostro boom economico del secolo scorso”.

Sulla base di una critica trasposizione di alcune ricerche internazionali, l’Osservatorio sulle startup del Politecnico di Milano stima che se venissero immessi nelle nuove imprese 300 milioni di euro per investimenti seed si potrebbe avere, entro un decennio, un impatto sul PIL di circa 3 miliardi di euro (pari allo 0,2% circa).

Il ministero allo Sviluppo economico precisa che con il Crescita 2.0 ora la normativa italiana è come quella degli altri Paesi. Forse; anche se bisogna vedere se arriveranno davvero gli incentivi finanziari promessi. Gli esperti sono in bilico tra speranza e scetticismo.

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