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Dazi, l’elettronica di consumo è ancora sotto minaccia: ecco perché



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Le ultime esenzioni Trump su prodotti di elettronica sono temporanee e parziali. L’hanno spiegato funzionari statunitensi e lo stesso Trump. In realtà lo scontro con la Cina è profondo e non finirà presto. Vedremo le conseguenze nel lungo periodo, che sembrano destinate a scuotere alla radice l’ordine commerciale globale

Pubblicato il 14 apr 2025

Gabriele Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio



dazi iphone rincari

I prodotti di elettronica di consumo come l’iPhone saranno più cari per colpa dei dazi: il rischio c’è ancora, nel turbinio di notizie contraddittorie di queste ore.

Già perché con una improvvisa inversione di marcia, il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sembrava avere deciso esentare dai dazi introdotti il 2 aprile taluni prodotti tecnologici chiave – tra cui smartphone, computer portatili, chip di memoria e altri dispositivi elettronici  – provenienti da Pechino.

La decisione è stata resa nota attraverso un ordine esecutivo firmato venerdì 11 aprile. La marcia indietro sarebbe arrivata a seguito delle pressioni di alcuni leader repubblicani, preoccupati che l’aumento significativo dei costi di prodotti come gli smartphone (i rivenditori statunitensi ne importano circa l’80%) avrebbe scatenato una reazione negativa da parte degli elettori, poiché molti di questi beni provengono dalla Cina.

Ma i prodotti di elettronica come iPhone non saranno esenti dai dazi in realtà: rincari in vista

La sospensione, però, deve ritenersi temporanea, ha tenuto a precisare Trump qualche giorno dopo (vedi immagine qui sopra), aggiungendo che i prodotti tecnologici saranno comunque sottoposti a tariffe.

I funzionari statunitensi hanno pure minimizzato le esenzioni, avvertendo che tali prodotti sarebbero stati riesaminati nell’ambito di un’indagine governativa sui semiconduttori, che devono affrontare una serie separata di tariffe.

“Sta dicendo che sono esenti dalle tariffe reciproche”, ha dichiarato il segretario al Commercio Howard Lutnick, riferendosi a Trump. “Ma sono inclusi nelle tariffe sui semiconduttori, che arriveranno probabilmente tra un mese o due”.

Quando gli è stato chiesto di chiarire se le tariffe sugli iPhone di Apple potrebbero “tornare in vigore tra un mese o poco più”, Lutnick ha risposto: “Esatto. Esatto… Abbiamo bisogno che i nostri farmaci, i semiconduttori e l’elettronica siano costruiti in America”.

Più tardi, domenica, Trump ha scritto sui social media che gli Stati Uniti “prenderanno in esame i semiconduttori e l’intera catena di fornitura dell’elettronica nelle prossime indagini sulla sicurezza nazionale”.

La decisione di temporanea esenzione segue un periodo di significativa volatilità del mercato innescato dall’annuncio iniziale di Trump di dazi “reciproci” e potrebbe “avvantaggiare” aziende come Apple, Samsung, HP, Dell Technologies e Microsoft che producono dispositivi elettronici al di fuori degli Stati Uniti. Questi ultimi, infatti, rappresentano oltre la metà delle vendite globali di iPhone di Apple e la maggior parte di questi dispositivi viene assemblata in Cina.

Il successivo crollo del mercato azionario e le preoccupazioni espresse dai mercati obbligazionari avrebbero determinato il Presidente anche a sospendere per 90 giorni i dazi reciproci imposti a tutti gli altri Paesi (Cina esclusa), con la tariffa base minima del 10% in vigore per tutti.

L’ordine esecutivo Trump

Con un ordine esecutivo  dell’11 aprile, Trump ha esentato una serie di prodotti e componenti elettronici dai dazi reciproci, tra cui computer (inclusi componenti e accessori per il loro assemblaggio), smartphone, display a schermo piatto, SSD, monitor per computer, vari tipi di semiconduttori e circuiti integrati. Le esenzioni sono retroattive dal 5 aprile. La decisione è stata in precedenza annunciata in sordina dalla US Customs and Border Protection venerdì sera.

Attualmente, l’unica tariffa reciproca statunitense ancora in vigore è quella del 125% sui prodotti cinesi, il che significa che l’esenzione è prevista per i prodotti provenienti dalla Cina.

Sebbene questi beni siano esentati dal dazio reciproco del 125%, la tariffa del 20% imposta a febbraio da Trump a Pechino rimarrà in vigore su questi beni. Inoltre, gli Stati Uniti, sotto l’amministrazione Biden, hanno imposto un dazio del 50% sui semiconduttori cinesi, con entrata in vigore nel 2025.

Sollievo temporaneo: che succede ora a iPhone e dintorni

Come detto, Trump ha avvertito che l’esenzione non sarà permanente, con i semiconduttori e la filiera di fornitura dei prodotti elettronici che saranno presi in considerazione per la sicurezza nazionale nelle prossime indagini sulle tariffe. “NESSUNO se la cava per le inique bilance commerciali e le barriere tariffarie non monetarie che altri Paesi hanno usato contro di noi, soprattutto la Cina che, di gran lunga, ci tratta peggio!”, ha dichiarato il Presidente americano sui social media, aggiungendo che “Venerdì non è stata annunciata alcuna ‘eccezione’ tariffaria. Questi prodotti sono soggetti agli attuali dazi del 20% sul Fentanyl e stanno semplicemente passando a una “fascia” tariffaria diversa”.

Anche il miliardario di Wall Street e Segretario al Commercio, Howard Lutnick, ha gettato acqua sul fuoco sull’esenzione, precisando che la tregua potrebbe essere solo temporanea. Intervenendo a This Week della ABC, Lutnick ha affermato che i semiconduttori provenienti dalla Cina sarebbero soggetti a una speciale “tariffa sui semiconduttori” che probabilmente arriverà “tra un mese o due”.

I dazi per incoraggiare la produzione di elettronica negli USA

Funzionari dell’amministrazione statunitense hanno affermato che i dazi sulla Cina avrebbero incoraggiato la produzione di elettronica indigena. Il Segretario al Commercio Lutnick ha dichiarato che i “grandi lavoratori americani” avrebbero costruito e gestito nuove fabbriche negli Stati Uniti e che un “esercito di milioni e milioni di esseri umani che avvitano piccole viti per realizzare iPhone arriverà in America”. “Non possiamo essere vincolati e fare affidamento su paesi stranieri per cose fondamentali di cui abbiamo bisogno”, ha aggiunto.

In effetti, gli Stati Uniti “soffrono” di una dipendenza strategica dalla Cina per diversi prodotti. In particolare, per l’elettronica di consumo, comprese le apparecchiature per le telecomunicazioni, essa si attesta al 60%.

E man mano che l’abilità tecnologica della Cina cresce, l’Amministrazione statunitense teme che Pechino possa arrivare a dominare le industrie tecnologiche più significative del futuro. La Cina è già diventata il leader globale nelle apparecchiature per le telecomunicazioni 5G, così come per i droni commerciali, i dispositivi Internet of Things, i pagamenti mobili, le celle solari e le città intelligenti. E dove non è in testa, Pechino è spesso un concorrente di livello mondiale, ad esempio in intelligenza artificiale (IA), smartphone e veicoli elettrici.

Nel febbraio 2021, il presidente Biden ha firmato l’ordine esecutivo (EO) 14017 “America’s Supply Chains”, in cui ha ordinato al governo di intraprendere una revisione completa delle catene di approvvigionamento critiche “per identificare i rischi, affrontare le vulnerabilità e sviluppare una strategia per promuovere la resilienza”. È stata anche istituita una task force interna che comprende più di una dozzina di Dipartimenti e Agenzie federali. I funzionari dell’Amministrazione si sono consultati con centinaia di parti interessate delle imprese, delle Istituzioni accademiche, del Congresso e degli Stati partner per identificare le vulnerabilità e sviluppare soluzioni. Gli ordini esecutivi emessi dall’ex presidente Trump hanno portato, tra l’altro, a condurre studi preliminari sulla dipendenza degli Stati Uniti dalla Cina per minerali e prodotti farmaceutici critici e alla rimozione di aziende cinesi dalle reti di telecomunicazioni statunitensi.

L’8 giugno 2021, la Casa Bianca ha pubblicato un rapporto di 250 pagine in cui valuta rischi e vulnerabilità della catena di approvvigionamento nella produzione di semiconduttori, batterie ad alta capacità, materiali e minerali critici, prodotti farmaceutici e ingredienti farmaceutici attivi (API). Gli Stati Uniti fanno affidamento sulle importazioni, ma devono al contempo affrontare i rischi di interruzione della catena di approvvigionamento, con la Cina che ne domina gran parte (per materiali e minerali critici, prodotti e ingredienti farmaceutici attivi) o cerca di assicurarsene la leadership globale (ad es. per semiconduttori e batterie di grande capacità). La revisione si basa sulle indagini iniziali intraprese dall’amministrazione Trump e dà la priorità al reshoring della produzione negli Stati Uniti per rafforzare la propria competitività economica. Il rapporto è anche degno di nota nel segnalare l’uso di azioni di contrasto alle pratiche economiche sleali della Cina.

Lo scontro con la Cina

Pechino persegue il dominio industriale mondiale, in particolare nei settori critici dell’alta tecnologia, affermano da tempo gli USA, che ammettono di aver perso vantaggio in molte industrie essenziali. E i dati sono impietosi. Pechino rappresenta oggi il 50% della produzione globale di acciaio e alluminio, il 70% della capacità manifatturiera di elettronica di consumo, il 90% della produzione di droni di consumo, il 45% della produzione cantieristica e circa il 35% della capacità mondiale di fabbricazione di circuiti integrati. Si ritiene che a fine 2022 Cina e Taiwan abbiano insieme il 70% della capacità globale di fabbricazione dei circuiti integrati, inclusa praticamente tutta la produzione al l’avanguardia, che è vitale per economia digitale, sistemi d’arma avanzati, settore aerospaziale, IA, robotica e altri settori essenziali.

Al riguardo, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha affermato che “il presidente Trump ha chiarito che l’America non può fare affidamento sulla Cina per la produzione di tecnologie critiche come semiconduttori, chip, smartphone e laptop”, aggiungendo che “le aziende si stanno affrettando a trasferire la loro produzione negli Stati Uniti il ​​prima possibile”.

Alcuni analisti sostengono che le esenzioni evidenziano la natura caotica della politica commerciale di Trump, aggiungendo che è irrealistico delocalizzare la produzione in molti settori a causa degli elevati costi del lavoro e di altri fattori. Negli Stati Uniti non esistono sostituti per questi prodotti e gli aumenti di prezzo sarebbero impopolari, poiché i consumatori sono stati colpiti da un’inflazione elevata negli ultimi anni.

“Accogliamo con favore questa azione sulle esenzioni e incoraggiamo l’amministrazione a continuare ad adottare misure per un processo di esclusione completo”, ha affermato Sean Murphy, vicepresidente esecutivo delle politiche presso l’Information Technology Industry Council, un’associazione di categoria.

La contromossa cinese

Di contro, la Cina ha sospeso le esportazioni di un’ampia gamma di minerali e magneti critici, minacciando di soffocare le forniture di componenti fondamentali per case automobilistiche, produttori aerospaziali, aziende di semiconduttori e appaltatori militari in tutto il mondo. Le spedizioni di magneti, essenziali per l’assemblaggio di tutto, dalle automobili e droni ai robot e missili, sono state bloccate in molti porti cinesi mentre il governo cinese elabora un nuovo sistema normativo.

Una volta in vigore, il nuovo sistema potrebbe impedire permanentemente alle forniture di raggiungere determinate aziende, inclusi gli appaltatori militari americani. La repressione ufficiale fa parte della ritorsione della Cina per il forte aumento dei dazi del presidente Trump, iniziato il 2 aprile. La Cina sta già potenziando la lista di aziende Usa considerate inaffidabili, soggette a scrutini e limitazioni.

Possibili ulteriori dazi e rincari

Secondo un funzionario della Casa Bianca, Trump pubblicherà presto uno studio ai sensi della Sezione 232 sui semiconduttori, riferendosi a una sezione del diritto commerciale che consente al presidente di modificare le importazioni che rappresentano una minaccia per la sicurezza nazionale. Le indagini ai sensi della Sezione 232 hanno portato in passato all’imposizione di dazi e molti dei prodotti tecnologici esentati da Trump potrebbero essere interessati da ulteriori imposte sui semiconduttori, scrive il WSJ.

Alcuni prodotti tecnologici potrebbero ancora essere soggetti a dazi aggiuntivi, ma le esenzioni indicano che, per ora, smartphone, chip e altri dispositivi non saranno soggetti alle stesse tariffe attualmente applicate ai beni importati dalla Cina, aggiunge il WSJ. “Si prevede che Trump imporrà comunque dazi su alcuni settori aggiuntivi, come quello del legname e dei prodotti farmaceutici”

I rischi per Apple dai dazi Usa

La temporanea esenzione dai dazi decisa da Trump per i prodotti tecnologici sottolinea la significativa dipendenza dei consumatori e delle aziende americane dai beni fabbricati in Cina. In particolare, gli Stati Uniti rappresentano oltre la metà delle vendite globali di iPhone di Apple e la maggior parte di questi dispositivi viene assemblata in Cina.

Tuttavia, con i suoi dazi, Trump è convinto di riportare in patria la produzione di tali beni, compresa quella degli iPhone.

La catena di approvvigionamento cinese di Apple, però, è così ampia e complessa che non può essere spostata facilmente. L’azienda sta studiando come trasferire parte della produzione degli iPhone negli Stati Uniti, ma ci vorranno probabilmente anni.

Vari esperti hanno analizzato nel dettaglio quanto sarebbe difficile produrre iPhone lì e come i dazi potrebbero influenzare il prezzo del prossimo telefono.

Diversificare l’assemblaggio finale dei suoi prodotti in altri paesi a basso costo, tra cui India e Vietnam, potrebbe aiutare Apple a eludere parte dell’impatto di eventuali dazi cinesi, ma non può compensare la sua dipendenza dalla Cina, dove molti dei componenti chiave all’interno del dispositivo continueranno a essere prodotti.

Come Nike e altri importanti marchi americani, Apple è diventata pioniera della globalizzazione 1.0, collaborando con la Cina. E’ stato soprattutto un giovane dirigente di nome Tim Cook che ha riconosciuto il potenziale della sua forza lavoro a basso costo già dal 2004. Lui è riuscito a costruire un colosso della supply chain con 11 mila fornitori e, nel frattempo, è diventato amministratore delegato di Apple.

Oggi Cook sostiene che sarebbe difficile per Apple produrre iPhone negli Stati Uniti. Non c’è abbastanza manodopera, qualificata e non qualificata. Se ci fosse, sarebbe troppo costoso. Un iPhone interamente americano potrebbe costare 3.500 dollari, ha suggerito Dan Ives, analista di Wedbush Securities.

“L’Armageddon economico dei dazi scatenato da Trump è un completo disastro per Apple, data la sua enorme esposizione alla produzione cinese”, ha affermato Ives. “A nostro avviso, nessuna azienda tecnologica statunitense è più colpita da questi dazi di Apple, con il 90% degli iPhone prodotti e assemblati in Cina”. “Apple ha già annunciato un investimento di 500 miliardi di dollari negli Stati Uniti insieme a Trump a febbraio”, ha osservato Ives. “La realtà è che ci vorrebbero 3 anni e 30 miliardi di dollari, secondo le nostre stime, per spostare anche solo il 10% della sua catena di approvvigionamento dall’Asia agli Stati Uniti, con gravi ripercussioni sul processo.

Aerei carichi di iPhone stanno lasciando l’aeroporto di Chennai, nell’India meridionale, da mesi, nell’ultimo disperato tentativo di Apple di ritardare una catastrofe tariffaria. Ma il tempo stringe per la più grande azienda del mondo. Stati Uniti e Cina sono in conflitto e Apple si trova in mezzo.

“La Cina ha impiegato 40 anni per costruire una complessa catena di approvvigionamento manifatturiera”, ha affermato Doug Guthrie, professore all’Arizona State University che in precedenza ha lavorato allo sviluppo organizzativo di Apple in Cina. “Avevamo già questa catena. È un disastro che l’abbiamo abbandonata”.

Apple ha contribuito a costruire un ecosistema di oltre 1.000 fornitori in Cina. Il produttore di iPhone ha insegnato loro come operare in modo più efficiente, così che si sono messi in competizione tra loro, riducendo i costi di Apple, ha affermato Guthrie. Il partner produttivo di Apple, Foxconn, ha costruito un complesso così grande a Zhengzhou da essere noto come “iPhone City”.

Guthrie ha scoperto che altri Paesi non offrono le stesse promesse come hub di produzione quando ha studiato le alternative per Apple. L’India ha molti lavoratori, ma la burocrazia può rendere più difficile muoversi rapidamente. I fornitori di Apple in India si sono concentrati su due stati dell’India meridionale che hanno processi più snelli. Il fornitore di Apple Foxconn ha i suoi principali stabilimenti in India vicino a Chennai. I funzionari indiani sperano che le nuove tariffe sulla Cina aiutino il Paese ad assumere una parte maggiore della catena di fornitura Apple, al di là dell’assemblaggio finale. Ma un tale sforzo richiederebbe anni.

Negli ultimi anni, Apple ha trasferito la produzione di iPad, MacBook e AirPods in Vietnam, seguita a ruota da fornitori cinesi. Dall’anno scorso, i fornitori Apple in Vietnam corteggiano i lavoratori offrendo loro alloggi gratuiti e denaro, a causa della carenza di manodopera. “Alcuni promettono fino a 8 milioni di dong (300 dollari) in bonus di assunzione”, ha dichiarato a Rest of World Vuong Van Hung, ex guardia giurata di Luxshare che ora si occupa di reclutamento . “In 8-9 anni di lavoro [nel settore], non ho mai visto incentivi così elevati”.

I fornitori Apple e i loro rivenditori hanno notevolmente aumentato la loro presenza in Vietnam, con Luxshare, Foxconn e Goertek che hanno aperto nuovi stabilimenti. Nel 2015, il Vietnam ospitava solo otto fornitori Apple; nel 2023 , il Paese contava 35 fornitori che assemblavano AirPods, iPad e MacBook.ù

Sarà uno scontro lungo

Lo scontro con la Cina è quindi in realtà profondo. Nessuna vera esenzione lo minimizza. E nessuno dei due contendenti ha interesse o necessità a cedere presto. Non gli Usa, che hanno un grosso disavanzo commerciale sulle importazioni. Non la Cina che si prepara già da anni a quest’evenienza e ha costruito una rete di partner asiatici e sta potenziando il proprio mercato interno al consumo, per assorbire lo choc Usa.

Vedremo le conseguenze nel lungo periodo, che sembrano destinate a scuotere alla radice l’ordine commerciale globale.

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