Digital Social Innovation

Innovazione sociale digitale: come studiarne gli impatti e promuoverla

L’uso della tecnologia per risolvere problemi sociali e ambientali promuovendo, allo stesso tempo, nuove collaborazioni tra pubblico, privato e terzo settore e coinvolgendo direttamente la cittadinanza. Questo il senso dell’innovazione sociale digitale, finanziata anche dalla Ue col programma CAPS

Pubblicato il 22 Mar 2017

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Il tema dell’innovazione sociale[1] è nelle agende politiche e di ricerca da circa dieci anni e promuove un nuovo modo per rispondere alle sfide emergenti là dove il mercato e la politica sembrano non riuscire a fornire risposte adeguate; lo fa proponendo soluzioni più efficienti, più efficaci ma anche più giuste dal punto di vista etico ed economico rispetto alle precedenti. In questo contesto la tecnologia si configura come strumento abilitante capace di moltiplicare i benefici dell’innovazione sociale, allargando le comunità dei partecipanti attraverso i social media, facilitando la gestione di processi complessi, favorendo la collaborazione tra realtà diverse, mettendo a frutto le possibilità offerte dall’internet delle cose, dalla sensoristica a basso costo, dai processi makers, dall’analisi di grandi moli di dati e dall’uso degli open data.

La commissione europea da alcuni anni finanzia sperimentazioni in questo settore attraverso il programma CAPS – Collective Awareness Platforms for Sustainability and Social innovation. I circa 40 progetti promossi ad oggi offrono diverse soluzioni che vanno dal monitoraggio bottom up della qualità dell’aria delle città europee, al coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni nel mappare l’accessibilità degli spazi urbani per le persone con mobilità ridotta passando per lo sviluppo di piattaforme per la partecipazione democratica e il budget partecipativo. Altri progetti coinvolgono i cittadini nello sviluppo di soluzioni software e servizi alla persona a partire dagli open data della pubblica amministrazione, promuovono azioni per il consumo critico e per la responsabilità sociale di impresa, sviluppano sistemi socio-tecnici per il mondo del volontariato, dell’agricoltura sostenibile o per supportare le comunità colpite da disastri naturali.

In un contesto in rapido sviluppo e in larga parte ancora fatto di sperimentazioni è importante monitorare gli sforzi fatti analizzando gli impatti socio-economici, ambientali e politici degli interventi. Il progetto IA4SI si è occupato proprio di questo aspetto ed ha recentemente pubblicato il volume: “Exploring impacts of collective awareneess platforms for sustainaiblity and social innovation”. La metodologia proposta, sviluppata in modo collaborativo con i rappresentanti dei primi progetti CAPS, propone un approccio modulare all’analisi d’impatto. Infatti, gli interventi sono talmente diversi per tema e per comunità coinvolta, che è fondamentale offrire una metodologia capace di adattarsi alle diverse esigenze e che sappia esplorare diversi ambiti. La metodologia va oltre il normale approccio dell’analisi d’impatto dell’innovazione che misura il successo di un’iniziativa guardando principalmente al numero di brevetti sviluppati e ai risultati economici dovuti alla commercializzazione di un prodotto o servizio e si concentra sugli impatti intangibili. Ovvero sulle conseguenze degli interventi sulle comunità coinvolte, sull’accesso alle informazioni, sull’innovazione di processo, sulla capacità di facilitare la partecipazione civica e politica, sulle conseguenze in termini di capitale umano e capitale sociale dei partecipanti. Qui di seguito un’immagine che visualizza tutte le aree di impatto prese in considerazione.

Figura 1 -Indicatori IA4SI

La metodologia, che ha un approccio quali-quantitativo, e si basa su metodologie già sperimentate con successo in altri contesti, è stata applicata ai progetti della prima call CAPS. Riportiamo di seguito una selezione dei risultati ottenuti.

I primi progetti CAPS hanno sviluppato 65 sperimentazioni e altre 50 sono pianificate per i progetti attualmente in corso. Sono state prodotte 135 pubblicazioni scientifiche e 53 documenti di indirizzo per i policy-makers. Sono stati organizzati 18 eventi a livello locale coinvolgendo 150-200 partecipanti in ognuno di essi. Tutti i progetti considerati hanno una natura fortemente interdisciplinare e hanno favorito l’emergere di un linguaggio condiviso tra ricercatori nel campo delle nuove tecnologie, ricercatori sociali e rappresentanti delle comunità locali.

Per quanto riguarda gli utenti finali, i primi 11 progetti considerati hanno coinvolto più di 43.000 utenti tra innovatori sociali, ricercatori, imprese, NGOs e associazioni e sviluppatori software e le attività principali che hanno portato avanti sulle piattaforme sono state la condivisione di idee e informazioni, azoni di produzione partecipativa, co-design e co-sviluppo, condivisione di dati raccolti attraverso sensori ed è stato inoltre per loro possibile ottenere informazioni e conoscenza su tematiche specifiche (sulle prime piattaforme sono state coinvolte moltissime risorse: considerando post lunghi e corti si possono considerare più di 5 milioni di articoli).

Dal punto di vista tecnologico tutti i servizi sviluppati seguono un approccio Open knowledge, Open software, Open data e Open hardware e hanno fatto ampio uso di processi di co-design coinvolgendo gli utenti finali.

I rappresentanti dei progetti CAPS sono stati presenti l’1 e 2 Febbraio a Roma per la Digital Social Innovation Fair: una conferenza internazionale dedicata appunto al mondo dell’innovazione sociale digitale. La conferenza si è tenuta presso il Campidoglio, grazie al patrocinio di Roma Capitale e ha visto la partecipazione di circa 400 persone da più di 30 paesi e circa 70 relatori. I partecipanti hanno avuto la possibilità di incontrare i protagonisti europei del settore e hanno potuto toccare con mano i prototipi sviluppati. L’evento è stato preceduto da una giornata di lavoro dedicata agli ecosistemi dell’innovazione sociale romana. Questo secondo evento è stato chiamato “Misticanza”, proprio per richiamare la mescolanza, l’ibridizzazione di diversi linguaggi e percorsi necessari per far incontrare il mondo dell’innovazione sociale e quello dell’innovazione digitale. Troppo spesso infatti gli innovatori sociali non conoscono le possibilità offerti dalle nuove tecnologie mentre gli sviluppatori tecnologici, anche quando interessati ai temi del sociale, mancano della conoscenza del settore necessaria per sviluppare soluzioni efficaci. Misticanza, patrocinato dall’assessorato Roma Semplice del Comune di Roma è stato il primo di una serie di incontri che si propongono di favorire la collaborazione tra le tante realtà attive in questo campo a Roma; l’attenzione suscitata dall’evento e i risultati della prima giornata fanno ben sperare in merito alla possibilità di dare vita ad una vera e propria rete locale per l’innovazione sociale digitale che massimizzi le possibili sinergie e proponga soluzioni efficaci alle molte sfide locali.

[1] Si sono tenute a Roma, dal 31 gennaio al 2 febbraio due manifestazioni (“Misticanza” e “Digital Social Innovation Fair”) dedicate all’innovazione sociale digitale, ovvero all’uso della tecnologia per risolvere problemi sociali e ambientali promuovendo, allo stesso tempo, nuove collaborazioni tra pubblico, privato e terzo settore e coinvolgendo direttamente la cittadinanza. L’articolo prende spunto dal confronto intenso di queste giornate.

Antonella Passani è autrice del libro Exploring impacts of collective awareness platforms for sustainability and social innovation

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