Agenda 2013

Una strategia per i contenuti digitali o l’Agenda fa flop

L’Italia ha un enorme bacino di creatività e di contenuti culturali a 360 gradi che di fatto possiamo considerare come un vero e proprio asset del Paese. Ma finora tutto questo è rimasto ai margini del dibattito sull’innovazione. Cinque punti per rimediare

Pubblicato il 31 Gen 2013

Enzo Mazza

CEO F.I.M.I. (Federazione industria musicale italiana)

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Con l’adozione di una Agenda Digitale l’Italia ha finalmente cercato di affrontare il nodo innovazione come fattore di sviluppo e di crescita. E’ evidente a tutti che le priorità siano prevalentemente legate alla burocrazia, allo sviluppo delle reti ed ai servizi ai cittadini, ma è altrettanto chiaro che lo sviluppo dell’economia digitale passa inevitabilmente anche tramite il consolidamento di un mercato digitale dei contenuti e dell’entertainment. Per l’Italia si tratta sicuramente di un cambiamento epocale che avrà un impatto travolgente in un’economia dei media che tradizionalmente è stata per molti anni legata alla sola televisione e ai media tradizionali. La penetrazione della rete, i tablet e lo sviluppo del mobile di ultima generazione offrono tuttavia ai consumatori, e di conseguenza ai produttori di contenuti, enormi prospettive.

Basta osservare l’evoluzione in USA ed in Europa in UK per comprendere come i contenuti musicali, editoriali, audiovisivi e ovviamente anche quelli generati dagli utenti stiano diventando i veri protagonisti dell’innovazione più spinta in termini di modelli di business. Grazie alle piattaforme social ormai gli stessi brand diventano editori, con intere redazioni che gestiscono canali su YT, su Facebook, twitter, ecc. Canali multimediali con informazioni, video, musica, costituiranno la base del content marketing che sarà sempre più importante nei prossimi mesi.

In questo contesto l’Italia ha un enorme bacino di creatività e di contenuti culturali a 360 gradi che di fatto possiamo considerare come un vero e proprio asset del Paese. Film, fiction, archivi storici, beni culturali, musica sono formidabili componenti dell’Italian style e andrebbero valorizzati grazie all’impostazione di una vera e propria “agenda della cultura digitale” che possa mettere a sistema tutta la filiera culturale. Fino ad oggi, a parte le iniziative delle singole imprese nel mondo privato, e alcune timide operazioni in ambito pubblico, l’e-content è rimasto ai margini del dibattito in tema di innovazione del Paese, ma è invece un asse portante. In UK, già nel 2009, il Governo, nell’ambito dell’iniziativa “Digital Britain” che ha poi dato origine al Digital economy bill, ha dedicato una parte consistente dell’analisi al digital content e alle potenzialità per il Paese di disporre di una strategia sulla messa a disposizione dei contenuti britannici sulle reti per incrementare l’economia e l’export del British sounding. La cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra, di fatto un concerto commemorazione della cultura pop britannica, grazie ai canali digitali di download e streaming ha generato nelle settimane successive un incremento delle vendite degli artisti britannici in tutto il pianeta.

Ci apprestiamo al voto e a vedere insediamento di un nuovo Governo del Paese nei prossimi mesi. Sarebbe opportuno che questa agenda della cultura digitale potesse diventare parte degli impegni che il prossimo esecutivo assumerà, con particolare riferimento ad alcuni punti rilevanti:

1) adozione immediata dei decreti attuativi per gli incentivi alle piattaforme che distribuiscono contenuti digitali;

2) consultazione pubblica e ricognizione sui modelli di business degli stakeholder per la distribuzione dei contenuti digitali in Italia;

3) formazione digitale per le figure che possono favorire un’exploitation sulla rete dei contenuti culturali italiani;

4) tutela della proprietà intellettuale nelle reti digitali;

5) incentivi per la digitalizzazione del patrimonio culturale, pubblico e privato, va premiato chi porta i contenuti in rete.

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