È ora di cittadinanza (digitale) e creatività nelle scuole italiane. I riflettori sono finalmente puntati su una delle competenze indicata, nell’ormai lontano 2006, come strategica per l’apprendimento permanente dei cittadini europei. Parliamo della competenza digitale che, purtroppo, insieme ad imparare a imparare, competenze sociali e civiche e spirito di iniziativa e imprenditorialità, ha svolto fino ad oggi un ruolo da Cenerentola nella scuola. È sempre stata lì, citata ma, nei fatti, ritenuta “accessorio”.
L’Avviso pubblico per lo sviluppo del pensiero computazionale, della creatività digitale e delle competenze di “cittadinanza digitale”, a supporto dell’offerta formativa è, si auspica, l’avvio di un nuovo corso e, senza dubbio, un’occasione non solo per realizzare interventi specifici di formazione, ma anche per creare una cultura del digitale. È l’opportunità di realizzare un salutare contagio di informazione e formazione a beneficio di allievi, docenti e famiglie.
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Cosa può, oltre ai contenuti che sono elencati esaustivamente nell’Avviso, differenziare le esperienze formative in tema di digitale che saranno candidate a questa tornata di finanziamenti da quelle del passato? La spinta che sapranno imprimere al saper porre domande, a creare relazioni e far maturare la consapevolezza del cambiamento in atto determinato dall’integrazione tra dimensione analogica e dimensione digitale. “In che relazione? Perché?” Dovrebbe diventare il mantra nelle attività che si andranno a realizzare.
I motivi del debutto in sordina della competenza digitale nel passato sono noti: carenza di strumenti, carenza di un adeguato accesso alla rete, carenza di adeguate competenze in chi è deputato a progettare e realizzare l’esperienza di apprendimento, resistenza verso un modo di fare scuola che non appartiene alla nostra tradizione culturale e che, per questo, guardiamo (docenti, ma non solo) con particolare differenza, timori legati alla sicurezza, mancanza di una adeguata conoscenza della vision connessa all’introduzione del digitale in ambito scolastico. A questo si aggiunge il fatto che, talvolta, si è puntato più sugli “effetti speciali” che sul metodo. Ci si è concentrati, talvolta, più sull’uso di applicazioni per realizzare un packaging accattivante di risorse prodotte da docenti ed allievi che sulla information literacy. Ciò ha contribuito a prestare il fianco ad alcuni fermi difensori della tradizione che, anche per questo, hanno optato per considerare il digitale una moda giudicandola, peraltro, sopravvalutata. Ma il digitale è davvero una moda o una mania dei digital addict?
L’esperienza sempre più diretta e diffusa del digitale da parte dei cittadini ha fatto comprendere, si spera fugando i dubbi residui, che il digitale non è una moda, se non maneggiato con competenze può diventare una dipendenza, ma sempre e con certezza è una rivoluzione del nostro stile di comunicare, apprendere, lavorare, acquistare, richiede formazione ed aggiornamento costanti. È il “nastro trasportatore” dell’innovazione del Paese (dei grandi cambiamenti sociali, economici e comportamentali, di economia e diritto dell’informazione) come si sottolinea nel Piano Nazionale Scuola Digitale che lega la propria forza alle competenze di ogni singolo cittadino.
A chi è affidato il compito di educare cittadini digitali competenti? Alla scuola. Essa deve guidare l’allievo a comprendere il ruolo dell’informazione nello sviluppo di una società interconnessa, sviluppare la capacità di ricercare e valutare l’informazione. È nell’esperienza formativa che l’allievo deve acquisire consapevolezza delle implicazioni delle proprie interazioni in Rete e con i diversi media, comprendere il valore e il ruolo dei dati. Se prigioniero inconsapevole del filter bubble il cittadino, adulto o minore che sia, è condannato al non poter godere del confronto autentico con l’altro (vera risorsa dell’accesso alla rete internet), rimane intrappolato nelle proprie convinzioni e nel proprio livello culturale. Perde l’opportunità della scoperta a beneficio di una rassicurante esperienza di accesso ad informazioni selezionate analizzando la sua impronta digitale.
Figura 1 21st Century Skills (Competenze per il 21mo secolo) – World Economic Forum
Ma è solo una questione di competenze digitali in senso stretto? Il digitale a scuola, e fuori dalla scuola, non può essere semplicemente aggiunto a ciò che già c’è. Non è traduzione in altro formato di vecchi processi e metodologie. Necessita della capacità di essere proattivi. È integrazione.
Il World Economic Forum nel framework 21st Century Skills individua ben 16 competenze che gli allievi devono far proprie. Competenze che non possono mancare nemmeno per formatori e docenti affinché possano elaborare una progettazione che non si limiti ad un’occasione specifica, ma diventi visione e possa accompagnare in modo verticale il discente nel proprio percorso scolastico. Nel 21st Century Skills alla base è l’alfabetizzazione in materia di Tecnologia dell’Informazione e Comunicazione (ICT literacy) a cui si affiancano competenze relative al pensiero critico, problem solving, creatività, comunicazione e collaborazione. E non basta. Per il WEF occorre saper essere curiosi, capaci di iniziativa, tenaci, flessibili, leader di se stessi e di altri, consapevoli delle urgenze sociali del proprio tempo. Questo è il corredo dei “cittadini competenti digitali” ai quali è affidato il compito di sostenere il “nastro trasportatore” del digitale.
L’esperienza d’apprendimento in ambito scolastico è spinta, sempre con maggiore determinazione, a rafforzare il legame con il mondo reale fuori della classe. Pensiamo ai compiti di realtà in cui all’allievo viene chiesto di risolvere una situazione problematica agendo le competenze di cui è portatore e che a scuola è guidato a far maturare.
Cosa caratterizza oggi il nostro quotidiano più dell’immersione digitale? Quale situazione problematica più complessa esiste per nuovo cittadino (digitale) che il prossimo futuro? Il progresso della tecnologia, il digitale, l’interconnessione di oggetti e persone plasmerà uno scenario che solo in parte possiamo immaginare. Ai giovani cittadini ora tra i banchi di scuola, e forse non solo a loro, sarà chiesto di svolgere lavori che oggi non esistono.
Nel XXI secolo non possiamo pensare ad elaborare compiti di realtà in cui non sia chiesto di agire la competenza digitale, di essere in grado di confrontarsi con la soluzione di compiti complessi, di discernere, analizzare, valutare ed essere creativi.
Una frequentazione competente dell’ambiente digitale è strettamente connessa al livello di inclusione e di progresso socio-economico-culturale dei soggetti.
Ogni persona ha diritto ad essere posta in condizione di acquisire e di aggiornare le capacità necessarie ad utilizzare Internet in modo consapevole per l’esercizio dei propri diritti e delle proprie libertà fondamentali. Le Istituzioni pubbliche promuovono, in particolare attraverso il sistema dell’istruzione e della formazione, l’educazione all’uso consapevole di Internet e intervengono per rimuovere ogni forma di ritardo culturale che precluda o limiti l’utilizzo di Internet da parte delle persone. L’uso consapevole di Internet è fondamentale garanzia per lo sviluppo di uguali possibilità di crescita individuale e collettiva, il riequilibrio democratico delle differenze di potere sulla Rete tra attori economici, Istituzioni e cittadini, la prevenzione delle discriminazioni e dei comportamenti a rischio e di quelli lesivi delle libertà altrui. È nero su bianco, tra tanto altro, nella Dichiarazione dei Diritti in Internet, approvata dalla Commissione per i diritti e doveri di internet della Camera dei deputati del 2015. È da qui dovrebbe auspicabilmente partire la progettazione didattica che integra e non accosta il digitale nell’esperienza d’apprendimento.
La scuola oggi ha il compito di far crescere il livello di autonomia dei soggetti nel saper ricercare, selezionare, mettere in relazione dati ed informazioni disponibili in rete anche per poter governare l’incertezza determinata dalla fluidità che caratterizza la nostra società e dalla crescita esponenziale di informazioni potenzialmente accessibili.
Il cittadino (allievo, genitore, docente) anche a seguito del radicale rinnovamento della scuola può sentirsi smarrito e per questo limitare il proprio contributo al processo in atto ben al di sotto delle proprie potenzialità. Che fare? Guidarlo ad acquisire consapevolezza. Puntare su una formazione che, anche attraverso la scoperta guidata degli ambienti digitali delle Istituzioni italiane ed europee, renda chiaro il progetto articolato che l’Europa e l’Italia condividono (Strategia Europa 2020, Agenda Digitale Europea, Agenda Digitale Italiana, Digital Economy and Society Index, Digital Skills and Jobs Coalition, Coalizione per le competenze digitali, …) e che riconosce un ruolo centrale all’istruzione, alla formazione e al digitale.
Tutti i membri della comunità educativa dovrebbero accrescere il livello di consapevolezza del cambiamento in atto partendo dalla consultazione di ambienti digitali legati a doppio filo con il proprio vissuto quotidiano e poi allargare la “scoperta” seguendo il mantra precedentemente indicato “In che relazione? Perché?”[1].
Tutto oggi è connesso ….anche per le esperienze di apprendimento e digitale non è mai stato così vero!
[1] Un esempio concreto di individuazione di relazione, utile al personale della scuola che si sta misurando con la progettazione di interventi finanziati dall’Avviso pubblico citato all’inizio dell’articolo[1], e semplificato dalla disponibilità di ambienti digitali .
Scorrendo l’allegato 2 dell’Avviso si legge “le scuole potranno inoltre fare riferimento, nello sviluppo e mappatura dei propri percorsi, a framework come DigComp 2.0[1]: The Digital Competence Framework for Citizens della Commissione Europea”.
In che relazione? Perché?
Il Centro Europeo per lo sviluppo della formazione professionale (CEDEFOP) per la descrizione delle competenze digitali nel curriculum ha preso a riferimento il modello DigComp 1.0. Una progettazione che prenda a riferimento DigComp si ancora ad un modello di descrizione della competenza digitale che potrà seguire per tutto l’arco della vita l’allievo e sarà riconosciuto a livello europeo. Un valido supporto alla stesura di esperienze di apprendimento è l’Annex V del Framework europeo per le competenze digitali DigComp del 2013. Qui la competenza digitale, declinata in 21 competenze specifiche, è messa in relazione con le altre competenze chiave dell’apprendimento permanente del 2006.