«La cosa sorprendente di questa vicenda è che sia avvenuta lontana dalla trasparenza: non è chiaro neanche in quale momento il comma 2 dell’articolo 211 del decreto sia stato sbianchettato e quali ne siano state le reali ragioni»: così Ida Angela Nicotra, commissario dell’Autorità nazionale anticorruzione, commenta il giallo che ha accompagnato l’approvazione definitiva del Correttivo Codice Appalti, avvenuta nel corso del Consiglio dei Ministri dello scorso 13 aprile, con quello che di fatto è un depotenziamento del ruolo dell’Anac. E’ stata eliminata la norma sulla raccomandazione vincolante, che dava all’Anticorruzione il potere di intervenire sulle procedure di gara chiedendo alla stazione appaltante di rimuovere atti su cui si rilevavano elementi di illegittimità. Inevitabile la polemica (con critiche arrivate dalla stessa maggioranza e anche dal ministero della Giustizia, Andrea Orlando), e immediata la reazione del Governo, che assicura la volontà di porre rimedio al più presto, reinserendo la norma, magari in sede di conversione della manovra-bis.
Diciamo subito che si tratta di un giallo di cui, sinceramente, si faceva volentieri a meno. La cancellazione di una norma importante da un testo di legge dovrebbe essere adeguatamente discussa, non avvenire con modalità che non fanno onore al processo legislativo: il Governo (nel caso specifico, si tratta di una legge delega, che quindi è approvata dall’esecutivo) può decidere in un senso o nell’altro, ma nel caso specifico la cancellazione della norma non sembra frutto di una decisione consapevole (vista la marcia indietro di cui sopra). C’è pure l’aggravante rappresentata dal fatto che si tratta di un correttivo, ovvero di una norma che interviene su una legge (il Codice Appalti), correggendola a un anno dall’approvazione (come prevede la legge delega 11/2016): un processo legislativo che si prolunga da oltre un anno non ha consentito di evitare l’errore.
Prosegue Nicotra: «tutto sarebbe dovuto avvenire in un rapporto di leale e proficua collaborazione con l’Autorità Nazionale Anticorruzione, proprio al fine di migliorare i punti del Codice degli appalti che presentavano profili di criticità dopo il primo anno di vigenza. (E d’altra parte, l’Authority non ha mai avuto modo di attivare il potere di raccomandazione vincolante, del quale quindi non si sono neppure potuti registrare aspetti di particolare problematicità). Ma così non è andata. Non si tratta solo di una questione di garbo istituzionale ma di metodo che si fa sostanza, laddove riguarda la costruzione di regole che incidono fortemente sulla vita della collettività, perché finalizzate a prevenire fatti corruttivi. Si sarebbe potuto pensare, ad esempio, ad una revisione del comma 2 dell’art. 211 sulla c.d. “raccomandazione vincolante” affidata ad Anac per superare i rilievi evidenziati nei pareri del Consiglio di Stato, che, tuttavia, non si era espresso nel senso della eliminazione dell’istituto. L’auspicio é che nella ” manovrina” un istituto così centrale per la prevenzione alla corruzione possa essere reintrodotto».
Facciamo nostro questo auspicio. Non è chiaro se l’intenzione del Governo sia quello di reintrodurre il comma così com’era, oppure di recepire le critiche (ad esempio del Consiglio di Stato), apportando modifiche alla norma. Il testo del comma cancellato è il seguente: «qualora l’Anac, nell’esercizio delle proprie funzioni, ritenga sussistente un vizio di legittimità in uno degli atti della procedura di gara invita mediante atto di raccomandazione la stazione appaltante ad agire in autotutela e a rimuovere altresì gli eventuali effetti degli atti illegittimi, entro un termine non superiore a 60 giorni. Il mancato adeguamento della stazione appaltante alla raccomandazione vincolante dell’Autorità entro il termine fissato è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria entro il limite minimo di euro 250 e il limite massimo di euro 25.000, posta a carico del dirigente responsabile. La sanzione incide altresì sul sistema reputazionale delle stazioni appaltanti, di cui all’articolo 36 del presente codice. La raccomandazione è impugnabile innanzi ai competenti organi della giustizia amministrativa ai sensi dell’articolo 120 del codice del processo amministrativo».
Il parere del Consiglio di Stato: «si rimoduli il potere dell’ANAC di sollecito dell’autotutela delle stazioni appaltanti, trasformandolo da potere sanzionatorio a potere impugnatorio secondo il modello AGCM (controllo collaborativo, articolo 211)».
Vedremo come andrà a finire. Nel frattempo, continuiamo ad analizzare il Correttivo Codice Appalti: Paolo Conio commenta il correttivo sottolineando gli spunti positivi e quelli, invece, critici. Sul primo fronte: il rating d’impresa, non più obbligatorio ma facoltativo e premiale nella valutazione dell’offerta, il rilancio dei contratti di partnernariato, le regole per la stazione appaltante in caso di malfunzionamento delle piattaforme telematiche di negoziazione. Critiche invece alle regole sul rating di legalità, alla soglia di 40mila euro degli appalti a cui non si applica il criterio qualità prezzo. Sarah Ungaro rileva una serie di criticità sui mancati obiettivi in materia di trasparenza, digitalizzazione e accessibilità piena agli atti.
Ida Angela Nicotra descrive i cambiamenti, che comunque ci sono, per l’Anac. Alessandra Mascioli, ministero dell’Ambiente, commenta invece gli aspetti legati al green procurement, sottolineando positivamente la norma che introduce l’obbligatorietà dei CAM, i criteri ambientali minimi.