La critica

Scuola, Ferri (Bicocca): “Ma il virus digitale ha bisogno di infrastrutture”

Il docente risponde all’annuncio di Biondi (Miur) su questo sito. Mentre nel Regno Unito il 100 per cento delle classi è cablato in banda larga, in Italia sono soltanto il 7 per cento. L’Agenda presenta solo impegni generici a riguardo, per un problema di competenze tra ministeri

Pubblicato il 22 Nov 2012

Paolo Ferri

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L’Agenda digitale della scuola e le iniziative intraprese dal MIUR in questi mesi rappresentano il primo segnale concreto di una inversione di rotta rispetto alle politiche dei Governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio. Fino al Governo Monti, infatti, e con l’eccezione purtroppo isolata delle iniziative messe in campo, dall’ANSAS (ex-INDIRE) e meglio note come progetto Scuola digitale si è avvertito un assordante silenzio della classe dirigente politica rispetto alla necessità vitale per il nostro paese di colmare il divario tra “una scuola fatta di carta ed una società che utilizza sempre di più linguaggi digitali” per citare le parole di Giovanni Biondi nel suo recente intervento sul questo sito. Un problema gravissimo in particolare per quanto riguarda da disponibilità di Internet all’interno delle scuole, un problema che è anche una delle principali cause del divario di efficienza fra la scuola italiana e quella europea.

La prima necessità dei nativi digitali è, infatti, quella di poter disporre dell’accesso Internet in tutte le classi e in tutte le case. Mentre nel Regno Unito il 100% delle classi è cablato in banda larga in Italia, oggi, sono pochissime le scuole che hanno una connessione a Internet degna di questo nome estesa a tutte le classi: solo il 7%. Nel 10,96% delle scuole ci si connette solo da alcune aule o dal laboratorio. La percentuale degli istituti cosiddetti secondari con accesso alla Rete in tutte le classi sale solo al 13%. (dati ricerca dell’Università Cattolica di Milano del 2009/2010, commissionata da Scuola digitale). Anche l’Ufficio Statistico del Miur, ovviamente più ottimista …. non può che constatare che Internet, non sappiamo con quale qualità, arriva solo nel 33% delle classi.

Il primo investimento è perciò quello nel cablaggio delle scuole delle biblioteche e delle Università e di questo, o meglio degli investimenti necessari a questo, nell’Agenda digitale sono presenti lodevoli ma generici impegni e dichiarazioni. Rispetto al attuazione del Piano Nazionale per la Banda Larga dove il governo annuncia un investimento di circa un miliardo di euro per superare il digital divide nei comuni svantaggiati e nelle scuole non ancora connesse, permangono una serie di problemi sulla attuazione pratica dei provvedimenti. Esistono, infatti, divergenze tra il ministro Profumo e il ministro Passera sulla competenza dei reciproci ministeri rispetto a piano attuativo e non è ancora stata definita se non in via del tutto ipotetica una legge relativa alla “banda larga”. Dovrebbe, ma non è ancora stato fatto, essere istituita a questo scopo una cabina di regia da parte del governo su proposta del ministro dello Sviluppo economico, di quello dell’Istruzione e del ministro per la Pubblica amministrazione con il compito di:

– presentare il progetto e coordinare le varie iniziative in corso;

– richiedere il servizio e la sua erogazione (a partner privati)

– monitorare lo stato di avanzamento del programma sulla banda larga

sappiamo come finiscono spesso in Italia le cabine di regia… Molte dichiarazioni ma pochi fatti concreti.

Tutto questo mentre il problema del gap di connessione della scuola italiana è reso ancora più evidente dal fatto che ormai da almeno un decina di anni tutte le scuole elementari e quelle secondarie di primo grado sono state progressivamente popolate da coorti di “Nativi digitali puri” (Ferri, P., Nativi Digitali, 2010) e cioè da scolari e studenti che apprendono in maniera molto differente da come abbiamo fatto noi “immigranti digitali” e i loro insegnanti. Per loro la tecnologia digitale costituisce un ambiente da abitare, un’estensione della mente, una realtà che si compenetra con il mondo “reale” e che dialoga con esso. A differenza dei loro genitori e dei loro insegnanti, che utilizzavano prioritariamente il solo testo alfabetico per apprendere i nativi utilizzano e fruiscono, già prima della scuola una molteplicità di codici comunicativi prevalentemente digitali: i videogiochi, il web, realizzano video con i cellulari, utilizzano simulazioni 3D ed App di Edutainment.

Tutto questo ovviamente non esclude dalla loro dieta mediale il linguaggio gutemberghiano, ma ne modifica radicalmente la sua funzione anche nei processi di apprendimento, come giustamente nota Biondi nel suo intervento. Ma come saranno fruibili i nuovi contenuti digitali in assenza di Internet diffusa massicciamente nelle classi? I tablet e i notebook rischiamo di rimanere privi dei contenuti efficaci e di qualità, i soli che li possono trasformare da gadget tecnologici in strumenti didattici e per l’apprendimento. Senza Internet, cioè, come faranno i nativi a utilizzare per l’apprendimento i contenuti multimediali e i nuovi libri on-line che sono previsti dall’Agenda digitale?

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