È passata una settimana dall’uscita del Piano triennale per l’informatica nella PA e ormai tanto è stato detto e scritto sull’importante documento rilasciato da AgID e dal team per la trasformazione digitale. Pochi, tuttavia, si sono soffermarti su due aspetti di fondamentale importanza per la riuscita del Piano:
* il ruolo chiave che giocano le imprese private nella digitalizzazione della nostra PA;
* la necessità di potenziare le collaborazioni tra pubblico e privato per accelerare l’attuazione del Piano.
Partiamo dal primo punto. Molti hanno criticato l’assenza nel Piano di obiettivi e indicazioni per le imprese. È bene ricordare che queste devono essere inquadrate non come oggetto di analisi (lo sono già nel Piano Industria 4.0) ma come mezzo imprescindibile per la trasformazione digitale del comparto pubblico. Quasi tutte le linee di sviluppo del Piano triennale prevedono infatti un ruolo attivo delle imprese. Alcuni esempi su tutti: il modello di interoperabilità basato su API non può prescindere da un confronto diretto della PA con il mondo dell’offerta, ovvero le imprese che sviluppano nuovi applicativi, portando vantaggi in termini di semplicità di accesso e miglioramento dei servizi digitali esistenti. Così tutti gli ecosistemi, in cui lo sviluppo applicativo passa per la gran parte dall’approvvigionamento di soluzioni sviluppate dai privati. Anche le piattaforme abilitanti necessitano del ruolo attivo delle imprese. Esempio lampante ne è SPID, il sistema pubblico di gestione delle identità digitali, in cui gli Identity Provider privati giocano un ruolo chiave per la sostenibilità del sistema, assumendosi costi e rischi di gestione della sicurezza delle identità rilasciate. Il Piano contiene numerose opportunità per le imprese che avranno la voglia e la caparbietà di sapersi inserire là dove c’è spazio per valorizzare le loro competenze e le soluzioni da loro offerte. Ma serve che interagiscano con proattività con la PA.
E qui si arriva al secondo punto. È necessario fare collaborare di più e meglio il pubblico con il privato per garantire il rispetto delle tante scadenze riportate nel Piano, accelerandone l’attuazione. Da questo punto di vista è necessario prima di ogni cosa che imprese e PA prendano consapevolezza della centralità di una loro azione congiunta. Spesso in passato entrambi gli attori hanno infatti preferito “arroccarsi” nei loro contesti, instaurando rapporti immaturi e basati esclusivamente sul tornaconto di breve termine. C’è bisogno di intervenire sui processi di acquisto pubblici per far si che rappresentino un volano e non un freno, come spesso ancora succede, alla trasformazione digitale del Paese. L’incertezza normativa legata alla riforma degli appalti non aiuta da questo punto di vista ed è da superare. Servono regole comuni, progettualità condivise e logiche sistemiche, che valorizzino gli sforzi finora prodotti e le buone pratiche di collaborazione tra imprese e PA. A questo proposito bisogna potenziare le consultazioni di mercato prima delle gare pubbliche, favorire l’impiego delle nuove procedure di procurement pubblico messe a disposizione dal codice degli appalti e spingere i partenariati pubblico-privati e gli appalti pre-commerciali.
Senza un ruolo proattivo delle imprese e una efficace collaborazione tra queste e il mondo pubblico il Piano triennale rimarrà solo sulla carta.