L’intelligenza digitale è ormai ovunque e ogni giorno scopriamo aree della nostra quotidianità in cui utilizziamo, spesso senza accorgercene, tecnologie e smart innovation conosciute un paio di anni fa solo agli addetti ai lavori. Da un po’ di tempo però, la roadmap delle organizzazioni che indirizzano il cambiamento in termini di miglioramento dei processi produttivi, di over-performance nell’erogazione di servizi e di condivisione di tecnologie abilitanti secondo le nuove regole della sharing economy, oltre ad essere più integrata con l’evoluzione normativa di riferimento, è soprattutto a misura di utente finale. O almeno, secondo analisti come Bain e Gartner, in questa direzione si concentrano nel medio termine gli investimenti delle aziende che vogliono partecipare al futuro “on air” piuttosto che in “streaming”.
Quindi il mercato corre velocemente e questa evoluzione competitiva a livello globale, toccata solo marginalmente dall’Agenda Digitale presentata da Commissione europea nel 2010 [COM/2010/0245], consente oggi di utilizzare il potenziale delle tecnologie della comunicazione digitale anche in tema di Sanità 4.0, per favorire l’innovazione applicata alla sicurezza delle informazioni, la sostenibilità dell’assistenza medica e l’utilizzo delle tecnologie abilitanti connesse alla sanità online.
I vantaggi derivanti da un utilizzo sempre più intelligente della tecnologia in ambito sanitario, sono del tutto evidenti e certificati anche dai recenti investimenti da parte di Ibm Watson Health e di Food & Drug Administration, che pochi mesi fa hanno annunciato l’inizio di un programma di condivisione di studi clinici USA su cui applicare la velocità della digital transformation. L’obiettivo dichiarato è quello di integrare per la prima volta in modo organico e sicuro Big Data derivanti da ricerche su nanotecnologie, sperimentazioni biotech e studi in grado di predire la resilienza di cellule neoplastiche, analizzandoli con la nuova tecnologia blockchain che consente di leggere grandi volumi di dati eterogenei provenienti da nanocomponenti, mobile device, App e Internet of Things.
Ma se l’accordo tra le due organizzazioni sembra in linea con la filosofia del first-mover advantage, la vera innovazione disruptive è senza dubbio l’utilizzo del sistema blockchain applicato per la prima volta allo scambio di dati medici che sintetizzano la storia clinica d’un paziente in forma crittografata, sequenziale ed accessibile a tutti. Nel 2014, avremmo mai predetto che questo modello economico – nato per certificare le identità delle parti e rendere il sistema affidabile in termini di disintermediazione delle transazioni finanziarie – potesse accelerare la Sanità 4.0 verso un modello di sanità elettronica sicura e sempre più vicina al concetto di Health@conomy?
Ma quali potranno essere gli orizzonti futuri di questo modello nei prossimi anni?
La risposta sembra arrivare dai piani R&D delle aziende operanti in ambito sanitario che oggi vedono il potenziale di questa applicazione condiviso all’interno della value chain del settore, a partire dalle imprese operanti sul mercato per arrivare agli ospedali e ai pazienti, passando per la rete di distribuzione farmaceutica, gli intermediari assicurativi e le Università. Ma come spesso accade in un momento di grande entropia per il lancio di una tecnologia ad alto valore aggiunto, come osservato anche nel report “Blockchain Healthcare 2016 – Promise & Pitfalls” pubblicato da Tierion a fine 2016, “il termine blockchain è stato così approfondito e discusso che nessuno sa più esattamente cosa significhi”.
In Europa, l’annuncio dell’accordo americano ha avuto impatto anche sulle politiche di finanziamento della Strategia Europa 2020 in materia di innovazione tecnologica applicata alla sanità e della ricerca scientifica. Per questo motivo, anche Horizon 2020, il più grande programma quadro Ue mai realizzato per la ricerca e l’innovazione, ha modificato per il prossimo biennio gli investimenti in ambito sanitario per portare le idee e le rivoluzionarie applicazioni ICT dagli incubatori al mercato. O meglio al cittadino, che vedrà semplificare sempre di più il rapporto con le strutture sanitarie e il proprio medico.
Nell’individuare le nuove sfide per la Società 4.0 in termini di salute, cambiamento demografico e well-being, gli investimenti europei nelle aree di leadership industriale ed eccellenza scientifica, permetteranno infatti di rendere disponibili a tutti nuove cure, di interconnettere i sistemi sanitari e di far triangolare gli scienziati dei Centri di Ricerca con i laboratori in cui si creano nanomedicine e tessuti intelligenti. Una nuova “cassetta degli attrezzi 4.0” da cui i medici potranno scegliere con quale strumento prevenire e curare in modo sempre e personalizzato i malati.
Ogni cittadino potrà pertanto essere connesso con una infrastruttura adattativa e intelligente che tramite blockchain, IoT, politiche di wearable e reti sempre più veloci informerà le persone sul loro stato di salute tramite sensori e notifiche e contribuirà ad innalzare l’aspettativa di una vita sana dal punto di vista fisico e mentale, portandola sempre più vicino alla soglia dei 100 anni.
L’Italia, con l’attuazione dell’Agenda Digitale e con il continuo confronto con il mercato globale, può senza dubbio aspirare alla leadership europea della Sanità Digitale 4.0, in particolare nella definizione di un nuovo standard di @Health che ridefinisca le modalità di rilascio delle prestazioni mediche digitali per tutti, rimoduli la riduzione dei costi di gestione dell’intero comparto e inauguri una gestione sicura dei dati clinici personali in un sistema sanitario accessibile in banda ultralarga. Allo stesso tempo, il Sistema Paese ha anche la grande opportunità di rinnovare il proprio modello organizzativo sanitario nel suo complesso e declinare le tecnologie emergenti per controllare i pagamenti dei servizi sanitari, per convalidare dell’identità di pazienti e strutture ospedaliere, per gestire il flusso di informazioni cliniche generati dalle eccellenze del territorio, per tracciare le forniture di farmaci e per ridurre il data phishing, raddoppiato nel periodo compreso tra il 2015 e 2016.