In un Paese il cui ordinamento rende complessa e complicata la nomina del Presidente e la formazione del Governo è conseguentemente molto difficile definire meccanismi efficienti per la gestione dell’Innovazione nella pubblica amministrazione. Si tratterebbe in realtà di una prioritá assoluta dal momento che la lentezza e la complicazione della macchina burocratica è additata non solo da cittadini e imprese (italiane e straniere), ma anche da organismi internazionali, come una delle cause della ridotta competitività del sistema Paese.
Nel continuo divenire di proposte e di agenzie deputate al compito ,in questa ossessiva altalena di aspettative e delusioni, provo a cimentarmi in qualche riflessione, spero costruttiva. Non partiamo infatti “base zero”; negli oltre dieci anni di progetti di e-government vi sono esperienze virtuose da cui è possibile trarre qualche spunto: a questo riguardo intendo avvalermi di alcune indagini condotte nell’ambito dell’Osservatorio e-government della School of Management del Politecnico di Milano.
Un formato centrale per il futuro dell’e-government fa riferimento dunque alla possibilità di rendere fruibili ad altri enti progetti che si sono dimostrato di successo (fertilizzazione). A questo proposito, esiste già – da un punto di vista teorico – il catalogo del riuso a cui gli enti possono attingere. A mio modesto avviso è però impostato in modo non corretto; non prevede infatti alcun tipo di qualificazione dei progetti iscritti. Sarebbe invece importante che venisse definito un sistema di classificazione che discrimina per qualità del progetto e livello di riusabilità. É inoltre fondamentale che si definiscano meccanismi amministrativi e incentivi adeguati per l’ente che mette a riuso il progetto: allo stato attuale, infatti, un progetto di successo rischia di non poter essere diffuso sul territorio nazionale per la mancanza di incentivi adeguati e di tempo disponibile del soggetto primo attuatore.
L’analisi dello stato dell’arte evidenzia, in secondo luogo, l’opportunità di favorire la realizzazione di progetti multi-ente: sono di questo tipo, infatti, le iniziative che hanno sortito i risultati più soddisfacenti. In questa prospettiva, diviene fondamentale il ruolo di soggetti in grado di stimolare la nascita di aggregazioni coerenti e di verificarne nel tempo l’andamento. Ritengo, in particolare, cruciale il ruolo che le Regioni – oltre al compito di coordinamento – potrebbero incorporare. Penso anche alla fondamentale attività di indirizzo e formulazione di linee guida operative: più volte richieste invano dai Comuni – ad esempio con riferimento allo Sportello Unico delle Attività Produttive -. Tant’è che in quelle regioni in cui si è operato in modo integrato i risultati non sono mancati.
Un ultimo aspetto che mi preme portare all’attenzione dei lettori riguarda l’assoluta necessitòìà di perseguire economie di scala. Cerco di spiegarmi: quasi tutti i progetti di e-government necessitano di importanti infrastrutture hardware e software: non ha senso, da un punto di vista economico e strategico, che singoli enti, o loro aggregazioni, duplichino investimenti e sforzi quando invece potrebbero trarre enormi benefici da infrastrutture di servizio centralizzate: penso ancora una volta al ruolo che le Regioni potrebbero assumere a questo riguardo.
Alcuni poi potrebbero obiettare che queste mie considerazioni fanno parte di una sorta di libro dei sogni: a quasi quindici anni dal primo “Bando Stanca” e dopo qualche versione del Codice per l’Amministrazione Digitale, siamo ancora fermi al palo.
Mi permetto sommessamente di coltivare qualche speranza, dettata da due ordini di considerazioni: la recente costituzione dell’Agenzia per l’Italia Digitale, che da mandato dovrá “esercitare un ruolo forte di indirizzo e coordinamento”; le difficoltá economiche, in cui versano le istituzioni del nostro Paese, che rappresentano un forte incentivo alla sviluppo di modelli di cooperazione rimasti fino ad oggi quasi lettera morta. Insomma, vi sono le condizioni di contesto perché si affermi un sistema integrato di Governance dell’Innovazione articolato a tre livelli: centrale, di indirizzo e definizione delle macro-strategie, incardinato nell’agenzia; quello territoriale, per il raggiungimento di economie da massa critica, imperniato sulle Regioni; infine, quello locale, per la gestione dei servizi di consulenza ai singoli Comuni, costituito da centri servizi e/o consorzi di enti. Speriamo sia davvero la volta buona: uscire dalla crisi richiede infatti anche una Pubblica Amministrazione diversa da quella attuale!