Rendere semplice e veloce il rapporto fra PA, aziende e cittadini è l’auspicio che ogni governo si è dato negli ultimi decenni.
Alla fine del secolo scorso il tema della semplificazione non era particolarmente sexy anche perché la burocrazia borbonica, che pervadeva ogni processo ordinario della vita lavorativa, non veniva in alcun modo messa in discussione. Il motto era: prendere o lasciare!
Ricordate, ad esempio, il rapporto con le banche o con le assicurazioni? Da paura! Carte, cartacce, moduli, clausole, code, sportelli, bolle, distinte, ecc.
Ma cos’è successo di importante per rendere il tema così urgente per tutti i governi recenti? Nulla di particolare, ma moltissimo di sostanziale, ovvero la consapevolezza dei cittadini di una mutazione di status: da ‘utente’ a ‘cliente’.
Tutto qui? Si, tutto qui!
Ma andiamo con ordine, perché stiamo affrontando problemi sociali e dunque relazionali, comportamentali e fiduciari non di poco conto.
Ad un certo punto del recente (non recentissimo) passato, è entrato in gioco un mediatore ingombrante. Lo chiamiamo internet? digitale? informatica?
Non importa come lo chiamiamo, anche perché interessa solo a noi che c’eravamo prima, mentre alle nuove classi di clienti importa poco che connotazione possa avere, sia essa semantica piuttosto che tecnologica.
Un ventenne che si approccia alla vita sociale e lavorativa oggi anno domini 2017, non conosce le leggi borboniche, ma solo quelle del suo smartphone. I più bravi dicono che questo è l’effetto della consumerization e cavalca il modello ‘mobile first’. Interessa poco perché e come è successo. Così è! E così si son adeguate banche, trasporti, commercio, istruzione, ecc.
Dunque quel ventenne è già abituato ad essere cliente di una banca a cui accede semplicemente appoggiando il pollice sul suo smartphone. Sa già che per salire in aereo è sufficiente passare il telefono sul rilevatore al gate e sa anche che se deve acquistare qualcosa basta fare un click, un solo click se non addirittura appoggiare lo smartphone sul POS. Il ventenne di cui sopra non è un utente sprovveduto, è piuttosto un cliente consapevole!
Dunque non si aspetta altro che tutto sia così, ed è scocciato quando si infrappongono degli intermediari (non solo Pubblica Amministrazione) che causano un rallentamento dei processi suddetti.
L’altro giorno ho guardato il portale di SPID e mi son soffermato sul catalogo dei servizi attivi. Ho anche chiesto un po’ in giro quante app native siano state generate per rendere il processo di autenticazione con l’identità digitale nazionale semplice, intuitivo, mobile first, one-click e possibilmente touch. Volete la risposta?
Ho fatto poi un paio di considerazioni su questi processi e devo dire che il numero di passaggi per accedere al servizio mi sembra ancora farraginoso:
- scelta del provider Spid
- inserimento credenziali
- ricevimento OTP
- autorizzazione
Quattro passaggi! Si lo so, qualcuno dirà che i problemi del mondo son altri. Ma poi dove si atterra?
Quasi sempre su web application che sono state progettate per il computer nei decenni precedenti e dunque non per lo smartphone.
Ok, arriviamo al dunque. Sia chiaro che qui facciamo tutti il tifo per SPID perché si tratta di una vera rivoluzione (ahimè, per il nostro vecchio paese è proprio così). Ma dopo un anno di sperimentazione l’adozione è bassissima e la reingegnerizzazione dei servizi praticamente assente Inoltre, la forma di erogazione freemium (alla fine dei due anni si dovrà pagare per avere accesso) non ci rende tranquilli.
Il piano triennale prevede una forte accelerazione di SPID, perché fra le varie piattaforme abilitanti è quella più importante e più delicata per il futuro stesso del rapporto fra la PA e i suoi clienti.
Il team sta facendo buone cose coinvolgendo gli sviluppatori nella community che dovrà cambiare la ‘piattaforma paese’, ma ad oggi i risultati non si vedono.
Colpa di tutti, PAC, PAL e mercato. Tutti con il freno a mano tirato.
Cosa serve dunque per accelerare? Semplice, riprogettare da capo le applicazioni, non solo mettere a disposizione un framework di autenticazione e accesso. Non basta!
E poi fase due: ridurre le applicazioni da gestire, pensando di dare accesso ai dati, sempre con SPID? Perché no!
Qui in Veneto un’idea un po’ pazza su questo tema la vogliamo condividere con Agid. Accesso ai dati libero e/o profilato con SPID attraverso API per permettere ai developer di progettare mobile app totalmente nuove. Lo chiameremo ‘playground’. Il campetto dove si gioca la partita più creativa e più emozionante.
Per vincere SPID ha bisogno di servizi nativi, non di cosmetica. Altrimenti sarà troppo tardi.