Poco usabili i servizi digitali della PA

La soluzione probabilmente sta nel costruire un identificativo unico che sia utilizzabile nel pubblico ma anche nel privato.
La mia banca lo deve accettare così come lo deve accettare il mio comune e deve essere indipendente dalla tecnologia di accesso che scelgo. Mentre la Pec vale solo in Italia

Pubblicato il 27 Giu 2013

Eugenio Prosperetti

Avvocato esperto trasformazione digitale, docente informatica giuridica facoltà Giurisprudenza LUISS

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Il rapporto tra PA e cittadini attualmente soffre in quanto si sono percorse strade di eccessiva complessita’ nel mettere a punto lo strumentario che il cittadino ha per rivolgersi alla PA in digitale. Si è percorsa cioè una via che privilegiava, in un certo senso, l’eccellenza informatica rispetto alla reale possibilità di utilizzo.

Serve ai cittadini una carta d’identità elettronica che e’ in grado, in quaslasi momento di identificarli e rivelare digitalmente il loro gruppo sanguigno? Tutto in uno strumento? Senza che i computer abbiano il lettore per leggerla e si sia previsto che i terminali dei principali servizi digitali, anche non pubblici (es. i bancomat e i terminali delle farmacie) possano interagire con essa?

Probabilmente è un ottimo ma non utile strumento. Serve una carta nazionale dei servizi che, anch’essa, richiede specifici lettori e che, per essere emessa, richiede l’identificazione?

Il cittadino pensa sia troppo complicato ottenerla e, se non gli viene data in automatico non la chiede. Se non è uno strumento diffuso non viene presa in considerazione come strumento unico, sostiuita da molti diversi PIN e password delle singole amministrazioni.

La soluzione probabilmente sta nel costruire un identificativo unico che sia utilizzabile nel pubblico ma anche nel privato.

La mia banca lo deve accettare così come lo deve accettare il mio comune e deve essere indipendente dalla tecnologia di accesso che scelgo: esistere in versione per cellulare (magari anche non “smart”, basato sulla sola SIM), per tablet, per PC connesso al web, ecc.

Dovrebbe essere un identificativo di base, un set di credenziali standard che un certificatore garantisce come appartenenti ad una persona. Non e’ questo che fa una banca quando mi fa accedere ad un conto? Non certifica l’identita’, quello lo fa la Polizia e lo fa il Notaio. Si limita a validare credenziali, l’anagrafe non viene coinvolta.

Un tale strumento potrebbe facilmente diventare internazionale. Tale non è la Pec, che è riconosciuta solo in Italia ma non nel resto d’Europa.

Nell’Agenda Digitale UE c’e’ una proposta di Regolamento sul reciproco riconoscimento delle identita’ digitali che e’ assolutamente necessario riprendere e portare avanti… altrimenti rimarremo con la raccomandata cartacea che ha valore internazionale e la PEC e firma digitale che hanno valore solo nazionale. Per quanto riguarda i pagamenti, il problema riguarda, a mio avviso, la settorializzazione di alcune discipline: ad esempio se vogliamo usare il telefono per fare i pagamenti (invece di un App dello Smartphone) sono coinvolte le numerazioni e decide AGCOM, ma se parliamo di pagamenti decide Banca d’Italia. L’una stabilisce se si possono usare le numerazioni per veicolare pagamenti, l’altra se gli operatori telefonici possono accettare pagamenti. A volte ci sono veti incrociati e si può avere una situazione per cui diventa complicato utilizzare un SMS per pagare un biglietto dell’autobus. Occorre un lavoro coordinato teso a superare le rigidita’ di settore per utilizzare da subito tecnologie nuove nei modi piu’ innovativi.

Per quanto riguarda la trasparenza e Open Data che fornisce dati interrogabili solo da specialisiti e giornalisiti dotati di appositi software… Non sarebbe meglio affiancarvi anche degli strumenti standard per consultare e comprendere i dati e incoraggiare i cittadini a vivere la trasparenza digitale? I politici lanciano slogan sulla trasparenza digitale che parlano di bilanci sui siti dei comuni.

Se uno prova a consultarli scopre che non sono realmente accessibili al cittadino. La trasparenza deve essere possibilita’ di interagire con il documento, di effettuare ricerche, di navigarlo, altrimenti rimane un processo importantissimo ma per addetti ai lavori.

Infine farei un pensiero al fatto che la privacy, per come si stanno evolvendo i servizi sta per diventare il tema più caldo in quanto i nuovi device saranno in grado di catturare dati con nuove forme e senza richiedere ogni volta il consenso (occhiali, orologi, ecc.). La sfida per costruire una societa’ digitale consiste nel trovare un regime accettabile di trattamento dei dati, che lasci alla persona la libertà di gestire i propri dati personali (senza perderne il controllo a favore di terzi), salvaguardi l’innovazione ed assicuri la possibilità di creare strumenti affinche’ il digitale continui ad essere un fattore di progresso. Questo richiede di aggiornare alcuni strumenti di regolamentazione in un equilibrio tra pubblico e privato ma questi temi non sono ancora propriamente nell’Agenda Digitale.

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