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Industria 4.0, Potti: “Le tre lacune del piano da sistemare”

L’unica leva che funziona su Industria 4.0 è l’iperammortamento al 250%, dedicato al cambio dei macchinari e del software annesso, nelle aziende. Tutto il resto è da sistemare, a partire dai competence center

Pubblicato il 03 Ago 2017

Gianni Potti

Presidente Fondazione Comunica e founder DIGITALmeet

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Sembra quasi una contraddizione in termini, ma mentre si parla della digital transformation nascono quotidianamente  iniziative stimolanti nei territori con varie strade in direzione di quanto hanno fissato l’Europa e il Governo su Industria 4.0.

L’ultima in ordine di tempo ci arriva dalla terza Confindustria italiana, quella di Vicenza, che getta un ponte concreto fra i due settori della meccanica e del digitale. Nei giorni scorsi infatti si è tenuta la prima assemblea annuale congiunta fra la Sezione Meccanica, Metallurgica ed Elettronica e la Sezione Servizi Innovativi e Tecnologici di Confindustria Vicenza. Una iniziativa impensabile solo qualche anno fa e che invece ora farà sicuramente da apripista a livello nazionale.

L’incremento massiccio dell’automazione e la digitalizzazione dei processi stanno producendo una rivoluzione nel modo di concepire e proporre il prodotto. Il cliente non è più un consumatore di beni, bensì di servizi. Il mercato chiede prodotti con una forte personalizzazione e ricchi di contenuti.

L’Industria 4.0 e gli incentivi del Governo hanno messo in luce nuovi punti di contatto fra i due settori. La digitalizzazione offre nuove opportunità, cambierà il nostro modo di produrre, amplierà la nostra offerta ai clienti, rendendo ancora più attrattive le nostre aziende agli occhi dei giovani migliori che vanno trattenuti nei territori.

L’assemblea ha proposto numerose testimonianze di casi virtuosi di meccanica digitalizzata. Giovanni Notarnicola, Principal Porsche Consulting, ha tratteggiato le fasi dell’evoluzione dell’automobile nella direzione della sostenibilità, delle connessioni e del dialogo con l’ecosistema. Un caso esemplare di bene diventato servizio. Enrico Romano, trentaquattrenne di ASO Group Spa ha declinato il tema dell’assemblea mettendo al centro il ruolo delle persone, che ha definito il vero motore della rivoluzione digitale. Matteo Losi, Innovation Director di SAP, ha delineato così l’obiettivo della meccanica digitale: connettere persone, oggetti e business. Per Giuliano Busetto, Ceo di Industrial Divisions Siemens, la meccanica del futuro non può fare a meno di velocità, flessibilità, qualità ed efficienza. Alberto Pellero, Strategy Manager di Kuka, ha illustrato la nuova frontiera dell’automazione, ovvero i robot collaborativi, perfettamente complementari al lavoro umano.

Ma l’assemblea è stata anche l’occasione per fare il punto sul Piano Governativo Industria 4.0 a dieci mesi dall’avvio dello stesso. E il quadro pur positivo in termini di dissemination sull’argomento, ovvero si svolgono tante iniziative e convegni formativi sui territori, resta negativo sulla pratica attuazione e risultati ottenuti.

Mi spiego meglio. Il Presidente di UCIMU, Massimo Carboniero, ci ha detto che in Italia nell’ultimo trimestre la vendita di macchinari è cresciuta del  28.5% sullo stesso periodo dell’anno precedente. Ciò ci consente di dire pertanto che l’unica leva che funziona su Industria 4.0 è l’iperammortamento al 250%, dedicato al cambio dei macchinari e del software annesso, nelle aziende. Provvedimento utilissimo per rigenerare il parco macchine del Paese, ma Industria 4.0 non può essere e non è solo una leva fiscale, è molto di più, è la trasformazione del sistema industriale europeo è la re-ingegnerizzazione del processo produttivo, è il ripensamento totale del rapporto prodotto/servizio. Questa la prima questione da risolvere, ovvero come stimolare, anche con incentivi e voucher la parte del processo produttivo della consulenza, della formazione, del cloud, della sensoristica, dei social, del marketing, degli analitycs e big data, della cyber security etc etc

La seconda questione da risolvere è lo sblocco dei competence center, come noto provvedimento di finanziamento delle Università italiane, prima drasticamente ridotto nell’entità, rispetto alle prime promesse governative, poi fermo (evviva l’Italia delle mille burocrazie…!) alla Corte dei Conti. Insomma nulla si muove e i mesi passano nonostante la buona volontà, nel caso specifico, del Ministro Calenda.

La terza questione è come il piano Industria 4.0 si integra o potrà integrarsi, sia con i PDI, questi nuovi 77 punti di impresa digitale di Unioncamere, per non andare in sovrapposizione, e poi come ci si raccorderà in questa fitta rete di competenze sovrapposte rappresentate dalle singole Regioni, destinatarie dei veri finanziamenti europei POR, FESR etc

Come si può cogliere il quadro è assai complesso e variegato. Le cose, a parte quelle contenute in finanziaria, chiamasi leva fiscale, non vanno avanti, ma nonostante l’evidenza noi siamo tra quelli che ci credono e non mollano, convinti che politica assente o presente (certo sarebbe utile avere buona politica presente…) spetta a noi imprenditori il vero cambio di passo, e questo (magari lentamente, specie nelle PMI…) sta avvenendo!

Le conclusioni all’evento vicentino le abbiamo tratte assieme ad Alberto Dal Poz, nuovo Presidente di Federmeccanica, con il quale abbiamo concordato – alla luce di queanto appena detto – sull’importanza che gli imprenditori per primi siano coscienti della rivoluzione contenuta nell’Industria 4.0. La prima rivoluzione digitale deve avvenire nelle teste di noi imprenditori e nella formazione, con skill diversi e più elevati, con l’elemento umano al centro dell’Industria 4.0 .

Decisivo in questo processo il coinvolgimento dei giovani, sapendo mescolare la naturale predisposizione dei giovani per il digitale con il profondo sapere che da sempre abbiamo nelle nostre imprese.

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