Fra Correttivo Codice degli Appalti e Piano triennale Agid, i primi sei mesi dell’anno hanno certamente visto il legislatore e l’amministrazione molto impegnati nello sforzo di dare un nuovo quadro normativo e regolamentare più definito rispetto a prima sul fronte del procurement dell’innovazione. Ma i nuovi strumenti, che pure ci sono, spesso e volentieri rimangono ancora poco praticati, e c’è l’impressione che il motivo non sia da ricondurre solo al fatto che le novità sono recenti. Ci sono anche problemi di scarsa chiarezza e di difficile applicabilità da una parte, e di predisposizione alla pratica da parte degli enti pubblici. «La propensione della PA a fare appalti innovativi non è cambiata», segnala Mauro Draoli, responsabile Servizio strategie di procurement e innovazione del mercato AgID (agenzia Italia digitale), «non è stata influenzata nè dal vecchio nè dal nuovo codice, perché è la pubblica amministrazione che deve avere capacità e voglia di comprare innovazione». Poi, le regole servono a poterlo fare senza problemi. Diverso il discorso per il Piano triennale, che invece è lo strumento corretto per intervenire, ma «è prevalentemente attento alla razionalizzazione della sistema, o riduzione della spesa, che non all’innovazione», trascurando un aspetto molto importante come quello organizzativo. Luca Gastaldi, direttore Osservatorio Agenda Digitale del Polimi, da una parte sottolinea l’aspetto positivo, che riguarda le nuove procedure di aggiudicazione per comprare innovazione digitale, dall’altra registra «la mancata conoscenza di questi strumenti, che ne penalizza l’utilizzo e rallenta le gare». E forse qui siamo al punto vero e proprio: l’obiettivo da perseguire è quello di far decollare le gare in innovazione.
C’è anche un vantaggio intrinseco, sottolineato da Draoli, che riguarda il generalmente basso rischio di corruzione o scarsa trasparenza negli appalti ad elevato contenuto innovativo. «Sono meno soggetti a fenomeni corruttivi proprio perché sono sfidanti dal punto di vista tecnico funzionale, e dunque prevale l’aspetto qualitativo anche in considerazione del fatto che diventa più difficile fare un’eventuale aggiudicazione guidata». In parole semplici, quando in una procedura prevale il contenuto tecnico, il soggetto che tenta di aggiudicarsi l’appalto in maniera illegittima fa comunque più fatica, perché deve anche produrre un’offerta qualitativamente alta.
Gli strumenti per gli appalti in innovazione: nuovo dialogo competitivo, partneriati per l’innovazione, nuove procedure con negoziazione. Tutti «potenzialmente sofistifcati ed efficaci», segnala Gastaldi, ma «nella pratica ancora poco conosciuti, dall’offerta e dalla domanda. Anche perché non sono ancora stati specificati e analizzati fino in fondo». E questo ne penalizza l’utilizzo e di conseguenza rallenta le gare. E’ una «novità che sulla carta funziona e produce benefici, ma nella pratica se non è ben accompagnata (con presentazione di buone pratiche, analisi di quanto succede all’estero, diffusione con linguaggio chiaro), genera confusione e preccupazione».
E’ un po’ l’atteggiamento che c’è, nel settore pubblico come in quello privato, nei confronti di qualsivoglia tipologia di innovazione. La mancata conoscenza e chiarezza portano a una naturale prudenza nei confronti di qualsiasi strumento. Quindi, una delle priorità per far ripartire le gare è la «chiarezza sugli strumenti: bisogna dire alle amministrazioni come usarli, quando, come e quando sono più convenienti».
E’ un po’ quello che segnala Draoli in relazione al piano triennale AGID: pone un’enfasi forse eccessiva sull’aspetto tecnologico e metodologico, quindi su software, project managment, mentre «non affronta l’aspetto organizzativo, chiarendo come si devono organizzare le pubbliche amministrazioni con le proprie strutture per gestire e migliorare l’IT». A cosa serve avere 32mila addetti, e non preccuparsi di come impegnarli?
L’Italia in questo senso ha grosse potenzialità. Come AGID, spiega Draoli, «siamo uno dei soggetti più attivi in Europa, nel senso che siamo la stazione che ha appaltato di più».
Proseguendo con l’analisi delle misure recentemente adottate, legislative e amministrative, Draoli sottolinea come in realtà il Codice Appalti di fatto abbia introdotto un solo nuovo strumento, il partneriato per l’innovazione, che però è complesso e, spesso, sconosciuto, per cui l’adozione è lenta e complicata. Per quanto riguarda il piano triennale, invece, c’è una sezione dedicata ai Progetti ad alto contenuto d’Innovazione (allegato 2, comma 2), all’interno della quale si consiglia alle amministrazioni che devono investire in innovazione di valutare l’opportunità di definire l’oggetto dell’appalto privilegiando la specificazione della domanda, di svolgere una consultazione di mercato preliminare, valutare l’applicabilità di procedure di appalto “innovative”, quali il dialogo competitivo e il partenariato per l’innovazione, nonché di concorsi di progettazione e di idee, contratti di concessione e contratti di partenariato pubblico privato, suddividere gli appalti in lotti, per favorire l’accesso alle Pmi, verificare l’adattabilità del criterio del costo del ciclo di vita per la valutazione delle offerte. Il capitolo segnala anche l’utilità di ricorrere allo strumento dell’appalto precommerciale, per il quale la stessa AGID offre supporto e fa da centrale di committenza. Draoli insiste anche sull’opportunità di differenziare il pi possibile la scelta delle stazioni appaltanti (mentre l’attuale sistema tende a privilegiare gli accordi quadro Consip), anche perché gli accordi standard non valorizzano possibilità e capacità della stazione appaltante.
Infine, conclude Gastaldi, non dimentichiamoci che ci sono anche i “soliti” ritardi normativi, per cui è vero che c’è un Correttivo Codice Appalti approvato, ma è anche vero che mancano ancora oltre 60 provvedimenti attuativi.