Convertire gli analogici, mission impossible?

Il digitale, dove arriva, non dà spazio ai grigi su cui si basa il delicato equilibrio di regole non scritte fondamentali per questo Paese. Per questo motivo il digitale non è fatto per noi italiani. Ma ci sono ancora speranze, parola di Marco Camisani Calzolari, ex docente Iulm ora passato alla Brunel University di Londra

Pubblicato il 10 Dic 2013

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Marco Camisani Calzolari è andato via dall’Italia, dopo essere stato per anni tra l’altro docente allo Iulm. Ora insegna alla Brunel University di Londra e ha appena pubblicato Il Mondo Digitale per Mondadori, confermandosi tra i più noti “digital evangelist” italiani. In questa intervista ad Agendadigitale.eu rivela una sfiducia profonda nella capacità della cultura italiana di aggiornarsi. “eGov e Italia sono come acqua e olio”. Eppure una ricetta è possibile, la speranza non è persa, non a caso Camisani Calzolari continua a scrivere libri per “evangelizzare” gli italiani.

Secondo te quali sono le cause che ci pongono all’ultimo posto per l’uso di internet, banda larga, egov?

Alla base c’è il decadimento culturale di questo Paese e seguire la cecità della classe dirigente e di quella politica. Il resto è solo una diretta conseguenza. Ci abbiamo messo anni per far capire ai vari governi che si sono succeduti che la banda larga non era un gruppo musicale di obesi ma un’infrastruttura fondamentale per il Paese, alla stessa stregua delle autostrade negli anni 60. Da poco abbiamo il piacere di sentir pronunciare “Agenda Digitale” da un Presidente del Consiglio, ma di fatto le logiche che tengono insieme questo Paese ne rendono difficile l’attuazione. La scarsa cultura e la scarsa visione rende la macchina dello stato impermeabile alla consapevolezza che l’introduzione massiva del digitale possa davvero cambiare, in meglio, il Paese.

Consideriamo l’eGov…in particolare, perché siamo tra gli ultimi al mondo per utilizzo?

Egov=trasparenza, egov=efficienza. Il digitale, dove arriva, cambia tutto uno e zero, non da spazio ai grigi su cui si basa il delicato equilibrio di regole non scritte fondamentali per questo Paese. Tutti vogliono difendere le proprie posizioni, dalle piccole alle grandi. E’ il Paese in cui le cose si “aggiustano”. L’italia di Totò non è cambiata poi molto da allora. Il digitale mette ordine, non ha amici e soprattutto misura. Sono pochi quelli che vogliono confrontarsi con le misure certe.

Il digitale riporta il cittadino al centro, così come fa regolarmente con gli altri servizi online. L’utente è sempre al centro. La tecnologia deve essere al servizio dell’utente come un hotel di lusso; se non lo fa, l’utente è a distanza di un click dal una diversa alternativa.

La burocrazia online non esiste, mentre la macchina burocratica del secolo scorso è ancora molto potente. Il cittadino è abituato a subire e non ci sono alternative alle regole imposte dal Pubblico. Egov e Italia sono come l’acqua nell’olio.

Come risolvere: da quali priorità cominciare. Con quali strategie e piani l’Italia può superare questo tremendo digital divide culturale?

Ci vuole una vera visione d’insieme. Servono meno proclami e più fatti. Serve non guardare in faccia a nessuno e andare a goal. Serve dare incarichi a chi è capace e non agli amici degli amici. Serve pensare al digitale come cosa organizza e non solo alla banda larga o solo normative. Serve essere intransigenti. Deve essere un processo governato da qualcuno con “licenza di uccidere”. Dove passa e vede inefficienze, manda a casa tutti e cambia.

Ma da italiani sappiamo che questo purtroppo non è possibile perché tutti vogliono cambiare tutto, ma nessuno vuole che nessuno tocchi il proprio orticello.

Ho poche speranze ma non le ho perse tutte, altrimenti non continuerei a lottare, anche se non più in Italia, almeno in italiano.

Quale è il ruolo dello Stato, delle scuole, delle Pa per svegliare la cultura digitale? Hai una ricetta?

Serve spendere energie e risorse nel far capire a tutti, dai cittadini in su, che il digitale è importante per la vita di tutti. Digitale=occupazione, Digitale=crescita, Digitale=cultura… Bisogna andare a parlare con la gente dov’è la gente. Gli analogici non leggono i nostri blog e i nostri tweet. Bisogna andarglielo a dire nelle trasmissioni televisive, sui giornali di carta, alla radio e su tutti i mezzi di comunicazione di massa. E’ quello che sto facendo io nel mio piccolo da 20anni. Uso la TV, i libri, la radio e tutti i mezzi che mi permettono di usare, per andare a dire agli “analogici” che il digitale è bello, è divertente, è utile. Lo devi dire con un linguaggio che possano capire, e quella è la vera sfida.

L’alfabetizzazione informatica non esiste più. Oggi chiunque con una “ditata” si collega a Internet, ma purtroppo si stanno spendendo ancora un mucchio di soldi negli esami per l’ECDL (patente del computer) che viene fatta su Office 2003. Peraltro difficilissimo da trovare.

Si parla per esempio dei decreti per la Scuola digitale, che ne pensi del piano Carrozza?

Vedi sopra. Irriformabile. Carrozza va piano e con difficoltà. Nomen omen, ma chiunque farebbe comunque fatica a fare di meglio. Il tema dei diritti, delle piattaforme, dei concorrenti internazionali, dei Apple, Google, etc. non è materia facile e negli altri Paesi devo dire che hanno gli stessi problemi che abbiamo noi.

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