La trasformazione degli ambienti di apprendimento promossa da molte delle nostre scuole attraverso un utilizzo intelligente delle ICT, coinvolge ormai migliaia di insegnanti e rappresenta oggi il movimento di innovazione più importante della scuola italiana. Al di là dei titoli è bene chiarire subito che “la scuola digitale” non esiste. Così come non esiste “l’apprendimento elettronico” (traduzione letterale del celebre e-learning) e neppure il computer in grado di sostituire gli insegnanti come a volte una parte del sindacato paventa. Quello che invece esiste ed è ormai del tutto evidente è la grande opportunità che oggi ha la scuola per operare un salto di qualità decisivo che le faccia superare questa “disconnessione” con la realtà che la circonda e che soprattutto le consenta di diventare il luogo dell’apprendimento e della crescita.
Quindi la rivoluzione digitale, una rivoluzione largamente annunciata e prevista che non si può arginare confinandola in una materia e neppure in un laboratorio o pensare che possa coinvolgere solo alcuni insegnanti. Si tratta di un processo avviato che trasformerà “i fondamentali” della scuola così come la conosciamo oggi. Dove ci porterà questo processo di trasformazione tra qualche decina di anni è difficile dirlo. Certamente verso strutture più flessibili, orari diversi, strumenti, linguaggi, metodologie che saranno largamente influenzate dal digitale ma anche arredi e spazi, ruoli degli insegnanti e contenuti.
Non possiamo non sostenere questi processi di trasformazione per i quali l’OCSE ci rimprovera di non impegnare sufficienti risorse. Negli anni 70 uno dei movimenti di innovazione fu quello dell’adozione alternativa dei libri di testo. Un movimento che cercava appunto delle alternative all’adozione del manuale scolastico come oggi stanno facendo le scuole del “Book in progress”. Insegnanti impegnati in un processo di innovazione con redazioni che operano a distanza utilizzando tutte le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. Ma le cl@ssi 2.0 stanno passando da poco meno di 500 a 2.000, le scuole 2.0 da 17 a 40, le LIM installate nelle scuole di ogni ordine e grado stanno rapidamente raggiungendo le 100.000 unità; e il 30% di queste sono state acquistate direttamente dalle scuole, dai genitori grazie ad iniziative di autofinanziamento.
Stiamo assistendo quindi ad un processo di trasformazione che non è solo italiano ma che sta avvenendo in tutti i paesi del mondo e che deve essere sostenuto dalla politica, possibilmente in modo bi-partisan, perché è in gioco il futuro del nostro paese.
Uno degli obiettivi dell’Agenda Digitale è quello di innalzare le competenze digitali della popolazione italiana : la scuola è certamente uno dei driver più importanti in grado di “contagiare” oltre la metà della popolazione italiana. Ma anche l’Agenda digitale rischia di rimanere “di carta” se non punta ad accelerare questi processi. Le infrastrutture sono importanti ma sono più importanti e comunque più urgenti i processi di trasformazione di un modello trasmissivo e di una organizzazione “tayloristica” della scuola. Se non sosteniamo questi processi di innovazione rischiamo che quando arriverà la banda larga in tutte le scuole italiane queste non solo non siano pronte ad usarla ma la considerino un investimento inutile, non richiesto e che quindi non sarà utilizzato.
Dobbiamo anche evitare le facili, sbrigative e semplicistiche semplificazioni che contrappongono “il libro al computer”. Non c’è alcuna contrapposizione ma una integrazione tra contenuti che in forma digitale possono essere maggiormente efficaci e consentire una reale interazione e contenuti che in forma testuale possono benissimo rimanere su carta o in e-book.
Quindi le reti di scuole che si sono costituite in questi anni, INDIRE appena ricostituito come Istituto di ricerca e finalmente dotato di proprio personale qualificato, quella parte dell’editoria scolastica che sta investendo in questa direzione e tutti gli insegnanti impegnati in questo processo di innovazione e di trasformazione della nostra scuola vanno sostenuti ed incoraggiati sia con le risorse che il MIUR riuscirà a mettere a disposizione ma soprattutto con forti segnali di supporto, non contraddittori, da parte del governo e del parlamento.