la soluzione

Fattura elettronica b2b, ecco un modello per aiutare le aziende

L’obbligo di Fatturazione Elettronica per tutti gli scambi B2b scatterà da gennaio 2019, con un volume di documenti atteso prossimo a un miliardo. La sfida è sia aiutare le aziende a adeguarsi sia non sovvertire gli equilibri di chi già fa e-fattura senza Sdi. Una soluzione possibile? Un protocollo nazionale. Eccolo

Pubblicato il 10 Gen 2018

Daniele Marazzi

Consigliere Delegato – Consorzio Dafne

Mirko Repetto

GS1 Italy

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L’obbligo di fatturazione elettronica “che passa da SdI” per tutti i rapporti commerciali in essere fra soggetti residenti in Italia è ormai alle porte (residenti, avete letto bene, si partirà con i residenti, non potrebbe essere altrimenti).

Sta entrando nel quadro normativo e, di fatto, estende a tutti gli scambi B2b l’obbligo di fatturazione elettronica, analogo a quello già in vigore verso la PA. Il nuovo obbligo è previsto in partenza per il primo gennaio 2019, salvo alcune categorie che si dovranno attivare già da giugno 2018. È lecito attendersi, alla luce dei volumi di documenti in gioco, un fenomeno di almeno due ordini di grandezza superiore rispetto a quello generato dalla fatturazione elettronica verso la PA: da qualche decina di milioni di fatture a più di un miliardo di fatture. Tuttavia, non solo nelle dimensioni l’avvento dell’obbligo risulta un fattore rilevante. Lo è anche nella complessità dell’ecosistema su cui impatta: eterogeneo e con gradi di “maturità digitale” molto diversi.

Già oggi, infatti, tutt’altro che poche imprese hanno già adottato modelli di fatturazione elettronica (che non transitano da SdI) e in molti casi ricorrono a formati elettronici strutturati (EDI o XML EDI). Sono stati già da anni sviluppati standard, anche internazionali, operativi e consolidati dall’uso continuato e diffuso, che in qualche circostanza hanno portato a relazioni mature e complete di eSupply Chain: vero valore della digitalizzazione applicata alle relazioni B2b. La fatturazione elettronica descrive pertanto una progressiva ma inesorabile scalata del cost saving in tutti i comparti che sono toccati dalla digitalizzazione dei documenti del ciclo dell’ordine. Di fatto, quindi, nel B2b la fattura elettronica è solo una componente finale di un processo partito da tempo in molteplici contesti e che si innesca su iniziative di gestione dell’anagrafica articoli, ordini, conferme d’ordine, ddt elettronici secondo regole chiare e consolidate che sono diverse da filiera a filiera.

È dunque importante che l’obbligo:

  • da un lato, accompagni le imprese ancora ancorate alla carta o poco sensibili alla digitalizzazione spinta, verso modelli scalabili e di prospettiva – potenzialmente estendibili ad altri documenti del ciclo dell’Ordine, non limitando l’impatto alla sola Fattura;
  • dall’altro, non vada a sovvertire drammaticamente quanto già oggi funziona e consente alle imprese del nostro sistema economico (una fetta importante e maggioritaria delle grandi imprese, non poche PMI e persino alcune micro) di fare efficienza e, anzi, crei le condizioni per adempiere all’obbligo senza interventi rilevanti sui propri sistemi e processi interni.

Tutt’altro che impossibile! L’insieme dei dati che una fattura deve necessariamente riportare a fini fiscali, infatti, è solo un sottoinsieme delle informazioni che oggi le imprese si scambiano con questo documento di business. Un passaggio importante e già recepito anche a livello europeo, in cui esiste già il concetto di “core invoice”: l’insieme minimo di informazioni fiscalmente rilevanti che un documento deve avere per poter essere riconosciuto come una Fattura. Accanto alle “informazioni core”, poi, è possibile inserire tutte le altre informazioni richieste (per facilitare le riconciliazioni, per supportare i pagamenti, per rispondere a esigenze del cliente, ecc.), tutte concentrate nel “corpo” della Fattura.

Un possibile modello di fatturazione elettronica B2b

Ma come si può costruire un modello di fatturazione B2b obbligatoria che risponda a tre obiettivi apparentemente in contrasto tra loro, come: (i) introdurre un modello di fatturazione che renda semplice, veloce, economico e sicuro il rispetto delle regole e la verifica dei comportamenti; (ii) rispettare le molteplici “comunità B2B” sorte e consolidate negli anni nelle loro scelte tecnologiche e soprattutto di processo; (iii) aiutare le imprese – ma solo quelle più piccole e meno digitali – ad accogliere l’obbligo senza dover sostenere importanti costi di adeguamento?

Una soluzione appare percorribile, almeno secondo l’opinione di alcuni attori che da anni si occupano di fatture digitali e ne gestiscono – già oggi – un numero ingente all’interno di alcune filiere senza dubbio sensibili alle opportunità di efficienza introdotte dalla digitalizzazione delle relazioni B2b: l’elettronica di consumo, il materiale elettrico, il largo consumo e il farmaceutico. Non è completa nelle sue sfaccettature, ma lascia immaginare una possibile via di azione che potrebbe dare interessanti risultati.

Il Sistema di Interscambio, piuttosto che occuparsi sempre e comunque del recapito delle Fatture – attività che oggi svolge verso la PA, come un “postino” – potrebbe, per le relazioni B2b, limitarsi ad attribuire un codice alle Fatture B2b. Una specie di “protocollo nazionale” che ha il duplice scopo di:

  1. distinguere una fattura dall’altra, numerandole in modo progressivo e univoco;
  2. sancire che quel documento elettronico è una “Fattura valida”, realmente emessa.

In sintesi, questa scelta porterebbe a un obbligo di fatturazione elettronica dell’attivo che, validando in modo univoco e centrale le fatture emesse, genererebbe di conseguenza situazioni di passivo esclusivamente elettronico, ovunque. Una fattura sprovvista di “protocollo nazionale” semplicemente è una fattura “non valida”: può non essere pagata e deve venire ignorata – come le fatture cartacee rivolte alla PA. Potenza dell’obbligo…

Questo “codice univoco” potrebbe poi essere ripreso anche all’interno delle operazioni di pagamento, per facilitare le riconciliazioni e gli eventuali controlli.

Le comunità B2b avrebbero tendenzialmente solo un dato in più nelle fatture che già oggi gestiscono, apposto da SdI, che ne sancisce la validità fiscale e con piccoli accorgimenti potrebbero continuare a svolgere il loro lavoro con un impatto limitatissimo sui processi esistenti e ben funzionanti.

I piccoli potrebbero – come oggi verso la PA – disporre di form Web che producono Fatture Elettroniche “numerate dallo Stato”, come già oggi possono disporre per fatturare alla PA.

Ovviamente dietro a questi principi guida che sembrano semplificare il problema trasformandolo in un’interessante opportunità, si nascondono anche non pochi elementi di carattere tecnico, ciascuno dei quali merita un approfondimento.

La domanda che è lecito porsi è se l’infrastruttura complessiva pensata per sostenere la fatturazione elettronica nel B2b punterà a garantire totalmente e centralmente l’efficienza richiesta dal “mondo dei privati” – che significa garantire processi e tecnicismi, spesso piccoli ma molto numerosi (pari almeno a quante sono le fatture) oppure se preferirà accostarsi a quanto già esiste, sfruttandone l’efficienza e l’efficacia dimostrata in anni di “onorato servizio”, supportando dinamiche di digitalizzazione prevalentemente laddove la fattura è oggi ancora destrutturata o addirittura cartacea, a beneficio dell’intero sistema economico nazionale.

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