L’obbligo di fatturazione elettronica “che passa da SdI” per tutti i rapporti commerciali in essere fra soggetti residenti in Italia è ormai alle porte (residenti, avete letto bene, si partirà con i residenti, non potrebbe essere altrimenti).
Sta entrando nel quadro normativo e, di fatto, estende a tutti gli scambi B2b l’obbligo di fatturazione elettronica, analogo a quello già in vigore verso la PA. Il nuovo obbligo è previsto in partenza per il primo gennaio 2019, salvo alcune categorie che si dovranno attivare già da giugno 2018. È lecito attendersi, alla luce dei volumi di documenti in gioco, un fenomeno di almeno due ordini di grandezza superiore rispetto a quello generato dalla fatturazione elettronica verso la PA: da qualche decina di milioni di fatture a più di un miliardo di fatture. Tuttavia, non solo nelle dimensioni l’avvento dell’obbligo risulta un fattore rilevante. Lo è anche nella complessità dell’ecosistema su cui impatta: eterogeneo e con gradi di “maturità digitale” molto diversi.
Già oggi, infatti, tutt’altro che poche imprese hanno già adottato modelli di fatturazione elettronica (che non transitano da SdI) e in molti casi ricorrono a formati elettronici strutturati (EDI o XML EDI). Sono stati già da anni sviluppati standard, anche internazionali, operativi e consolidati dall’uso continuato e diffuso, che in qualche circostanza hanno portato a relazioni mature e complete di eSupply Chain: vero valore della digitalizzazione applicata alle relazioni B2b. La fatturazione elettronica descrive pertanto una progressiva ma inesorabile scalata del cost saving in tutti i comparti che sono toccati dalla digitalizzazione dei documenti del ciclo dell’ordine. Di fatto, quindi, nel B2b la fattura elettronica è solo una componente finale di un processo partito da tempo in molteplici contesti e che si innesca su iniziative di gestione dell’anagrafica articoli, ordini, conferme d’ordine, ddt elettronici secondo regole chiare e consolidate che sono diverse da filiera a filiera.
È dunque importante che l’obbligo:
- da un lato, accompagni le imprese ancora ancorate alla carta o poco sensibili alla digitalizzazione spinta, verso modelli scalabili e di prospettiva – potenzialmente estendibili ad altri documenti del ciclo dell’Ordine, non limitando l’impatto alla sola Fattura;
- dall’altro, non vada a sovvertire drammaticamente quanto già oggi funziona e consente alle imprese del nostro sistema economico (una fetta importante e maggioritaria delle grandi imprese, non poche PMI e persino alcune micro) di fare efficienza e, anzi, crei le condizioni per adempiere all’obbligo senza interventi rilevanti sui propri sistemi e processi interni.
Tutt’altro che impossibile! L’insieme dei dati che una fattura deve necessariamente riportare a fini fiscali, infatti, è solo un sottoinsieme delle informazioni che oggi le imprese si scambiano con questo documento di business. Un passaggio importante e già recepito anche a livello europeo, in cui esiste già il concetto di “core invoice”: l’insieme minimo di informazioni fiscalmente rilevanti che un documento deve avere per poter essere riconosciuto come una Fattura. Accanto alle “informazioni core”, poi, è possibile inserire tutte le altre informazioni richieste (per facilitare le riconciliazioni, per supportare i pagamenti, per rispondere a esigenze del cliente, ecc.), tutte concentrate nel “corpo” della Fattura.
Un possibile modello di fatturazione elettronica B2b
Ma come si può costruire un modello di fatturazione B2b obbligatoria che risponda a tre obiettivi apparentemente in contrasto tra loro, come: (i) introdurre un modello di fatturazione che renda semplice, veloce, economico e sicuro il rispetto delle regole e la verifica dei comportamenti; (ii) rispettare le molteplici “comunità B2B” sorte e consolidate negli anni nelle loro scelte tecnologiche e soprattutto di processo; (iii) aiutare le imprese – ma solo quelle più piccole e meno digitali – ad accogliere l’obbligo senza dover sostenere importanti costi di adeguamento?
Una soluzione appare percorribile, almeno secondo l’opinione di alcuni attori che da anni si occupano di fatture digitali e ne gestiscono – già oggi – un numero ingente all’interno di alcune filiere senza dubbio sensibili alle opportunità di efficienza introdotte dalla digitalizzazione delle relazioni B2b: l’elettronica di consumo, il materiale elettrico, il largo consumo e il farmaceutico. Non è completa nelle sue sfaccettature, ma lascia immaginare una possibile via di azione che potrebbe dare interessanti risultati.
Il Sistema di Interscambio, piuttosto che occuparsi sempre e comunque del recapito delle Fatture – attività che oggi svolge verso la PA, come un “postino” – potrebbe, per le relazioni B2b, limitarsi ad attribuire un codice alle Fatture B2b. Una specie di “protocollo nazionale” che ha il duplice scopo di:
- distinguere una fattura dall’altra, numerandole in modo progressivo e univoco;
- sancire che quel documento elettronico è una “Fattura valida”, realmente emessa.
In sintesi, questa scelta porterebbe a un obbligo di fatturazione elettronica dell’attivo che, validando in modo univoco e centrale le fatture emesse, genererebbe di conseguenza situazioni di passivo esclusivamente elettronico, ovunque. Una fattura sprovvista di “protocollo nazionale” semplicemente è una fattura “non valida”: può non essere pagata e deve venire ignorata – come le fatture cartacee rivolte alla PA. Potenza dell’obbligo…
Questo “codice univoco” potrebbe poi essere ripreso anche all’interno delle operazioni di pagamento, per facilitare le riconciliazioni e gli eventuali controlli.
Le comunità B2b avrebbero tendenzialmente solo un dato in più nelle fatture che già oggi gestiscono, apposto da SdI, che ne sancisce la validità fiscale e con piccoli accorgimenti potrebbero continuare a svolgere il loro lavoro con un impatto limitatissimo sui processi esistenti e ben funzionanti.
I piccoli potrebbero – come oggi verso la PA – disporre di form Web che producono Fatture Elettroniche “numerate dallo Stato”, come già oggi possono disporre per fatturare alla PA.
Ovviamente dietro a questi principi guida che sembrano semplificare il problema trasformandolo in un’interessante opportunità, si nascondono anche non pochi elementi di carattere tecnico, ciascuno dei quali merita un approfondimento.
La domanda che è lecito porsi è se l’infrastruttura complessiva pensata per sostenere la fatturazione elettronica nel B2b punterà a garantire totalmente e centralmente l’efficienza richiesta dal “mondo dei privati” – che significa garantire processi e tecnicismi, spesso piccoli ma molto numerosi (pari almeno a quante sono le fatture) oppure se preferirà accostarsi a quanto già esiste, sfruttandone l’efficienza e l’efficacia dimostrata in anni di “onorato servizio”, supportando dinamiche di digitalizzazione prevalentemente laddove la fattura è oggi ancora destrutturata o addirittura cartacea, a beneficio dell’intero sistema economico nazionale.