Già dal lontano 2003, con la direttiva 2003/98/CE del Parlamento e del Consiglio europeo, si promuoveva il riutilizzo dell’informazione del settore pubblico (PSI), riconoscendo l’importanza nel concedere il riuso delle informazioni create/mantenute/gestite dalla pubblica amministrazione al fine di promuovere la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro. Col passare del tempo l’idea di promuovere il riuso si è via via rafforzata, rendendola di fatto obbligatoria (cfr. Direttiva europea 2013/37/UE, art. 52 CAD-Codice Amminstrazione Digitale). I dati delle pubbliche amministrazioni nascono oggi “open by default”, se non sono presenti particolari restrizioni.
Presso il Comune di Alessandria già dal luglio 2013 si era sviluppata una sensibilità verso questi temi, aderendo al progetto regionale di apertura dei dati e costituendo uno specifico gruppo di lavoro interdivisionale. Attuando quanto previsto dall’art. 52 del Codice amministrazione digitale le attività di rilascio dei dati aperti venivano inserite fra i parametri di valutazione delle performance dei dirigenti.
Nella primavera del 2015 l’ente organizzava, con il supporto specialistico del Gruppo Open Data Alessandria e grazie al finanziamento di UPI – Unione Province Italiane e ANG – Agenzia Nazionale per i Giovani, un corso di formazione sugli open data rivolto sia ai propri dipendenti che ai dipendenti di altre pubbliche amministrazioni, al fine far crescere la consapevolezza sulle potenzialità di riuso di dati aperti. A seguito del corso venivano rilasciati sul portale OpenData della Regione Piemonte (dati.piemonte.it) i primi dataset prodotti dall’ente.
Open Data, il problema “culturale”
Non tutta la struttura, però, recepiva l’importanza della cultura del riuso che si stava cercando di promuovere: a tal fine, la giunta comunale, con una propria deliberazione, nel 2016 inseriva tra gli obbiettivi di ogni Direzione la liberazione di almeno 3 dataset. Questo ha dato una scossa alla diffusione della cultura open data presso un pubblico più ampio, contribuendo ad aumentare la consapevolezza relativa a queste tematiche. A fine 2016 erano presenti sul portale dati.piemonte.it ben 37 dataset. Anche per il 2017 la giunta invitava il personale dirigente e il personale titolare di posizione organizzativa a rilasciare ulteriori 3 dataset, che si stanno raccogliendo in questi giorni per la successiva pubblicazione.
Una questione che emerge (e che era stata evidenziata già nel 2015 in occasione del corso di formazione sui dati aperti) è quella relativa all’interesse dei dati. Alcune direzioni sono potenzialmente in grado di liberare dati molto interessanti (sexy, ci diceva un relatore), come ad esempio le direzioni tecniche, che hanno liberato o stanno liberando dataset su parcheggi, impianti di illuminazione pubblica o semafori, che possono essere stimolanti e facilmente riutilizzabili. Altri ambiti (ad esempio, l’Avvocatura) sono invece detentori di dati molto meno interessanti, e fanno fatica a trovare, nei loro ambiti di lavoro, informazioni da liberare.
I problemi riscontrati sono più che altro di carattere culturale: fa fatica a diffondersi l’idea che la circolazione delle informazioni, anche all’interno stesso dell’ente, possa contribuire ad una semplificazione del lavoro di tutti. Si è ancora molto legati all’idea che “sapere è potere”, si teme che condividere le informazioni prodotte/gestite possa portare ad una riduzione del proprio ruolo.
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I vantaggi della libera circolazione delle informazioni
Col rilascio dei primi dataset e attraverso la formazione portata avanti dall’unità di progetto “Gruppo Innovazione” (gruppo interdisciplinare che si occupa di open data, informatizzazione, dematerializzazione e formazione per tutto il personale dipendente) questa cultura, però, sta crescendo: si inizia a capire che le informazioni gestite dall’ente sono effettivamente una ricchezza, sia per il personale dipendente che per il mondo esterno; si iniziano a vedere i vantaggi della libera circolazione delle informazioni ai fini del proprio lavoro; aumenta la consapevolezza sull’importanza dei dati aperti, visti non più come un ulteriore adempimento a cui sottostare ma una opportunità di semplificazione delle proprie attività. Liberare le informazioni prodotte/gestite dall’ente, inoltre, aumenta la trasparenza dell’attività amministrativa e permette di coinvolgere in maniera attiva la cittadinanza nei processi decisionali. Tutto ciò tende a ridurre il potere di discrezionalità di scelta che a volte si annida nei meandri della burocrazia.
Facendo circolare i primi dataset e visualizzando i dati territoriali attraverso mappe tematiche ci si è resi conto dell’importanza di questo aspetto ai fini della comunicazione sia verso l’interno che verso l’esterno dell’ente: più immediata, più semplice, più efficiente. Il detto “un disegno vale più di mille parole” dovrebbe spingere una istituzione che tratta principalmente informazioni legate al territorio a sfruttare meglio questa modalità comunicativa per relazionarsi coi propri cittadini.
Il riutilizzo “costruttivo” dei dati
Avere i dati disponibili ha permesso anche il loro riutilizzo costruttivo, direttamente all’interno del comune: poter accedere ad informazioni prima difficilmente reperibili (o che magari neanche si sapeva di possedere) ha consentito di effettuare operazioni prima non possibili: per esempio, l’utilizzo del dataset relativo ai passi carrai liberato dalla polizia municipale consentirà all’ufficio di riscossione tributi di incrociare questa informazione con l’elenco delle persone che hanno effettivamente versato il canone relativo, contribuendo così alla riduzione dell’evasione della relativa imposta.
Alcune informazioni di carattere geografico, poi, rappresentano una valida base di dati per la realizzazione di servizi e app che permetteranno ai cittadini di inviare richieste di intervento (come ad esempio la segnalazione di guasti o disservizi) e consentiranno all’ente una gestione più efficiente e tempestiva dei propri asset.
Per il futuro, l’impegno è quello di sensibilizzare ulteriormente i dipendenti sul tema dei dati aperti per far meglio comprendere i vantaggi che questo tipo di approccio può comportare, sia nella loro attività quotidiana che nella fornitura di servizi verso l’utenza esterna.