La notizia, riportata dal Corriere delle Comunicazioni il 30 luglio, è di quelle incoraggianti: il Ministro Madia convoca ministeri, agenzie e altri enti centrali della PA con l’obiettivo di raccogliere proposte di piani d’azione sul digitale.
Ciascun destinatrio della lettera/convocazione deve indicare “un referente dell’amministrazione che illustri quali azioni a breve e medio termine possano contribuire a ridurre la spesa pubblica” attraverso iniziative di digitalizzazione. I singoli piani verranno poi armonizzati dal Dipartimento Funzione Pubblica e dall’AgID.
Passiamo finalmente, quindi, dall’approccio “top down indifferenziato” – che sinora non ha prodotto praticamente nulla di significativo – a un più ragionevole “bottom up di settore”: ciascun ministero concepisce al suo interno, avendo ben chiari i problemi e le possibili soluzioni, un piano di digitalizzazione orientato all’efficientamento e non già al soddisfacimento di desideri informatici.
Si parte dai processi, ed era ora.
L’esempio dovrebbe essere prontamente imitato dalle regioni e dagli enti locali: ciascun assessorato/dipartimento dovrebbe portare al vertice dell’amministrazione un piano settoriale orientato al processo e all’efficientamento. Compito poi del CIO tradurre tutto questo in soluzioni da richiedere al mercato.
Se poi tutto questo venisse arricchito da un piano di incentivi economici (i mitici “premi di risultato”) riconosciuti sulla base del cost saving conseguito, allora davvero avremmo fatto bingo.
Un “bingo” universale: se ne avvantaggia l’amministrazione, che risparmia soldi; il CIO, che finalmente assume un ruolo strategico all’interno del management pubblico diventando “l’uomo delle soluzioni”; il mercato, che finalmente potrebbe vedere qualcosa muoversi dopo troppi anni di bonaccia. E, naturalmente, il management più illuminato e capace di vedere e proporre soluzioni innovative.
La PA, come diceva qualche tempo fa Roberto Moriondo, deve diventare capace di mettere a gara soluzioni a problemi, piuttosto che pubblicare capitolati elencanti quantità più o meno ragionate di giornate/uomo o di righe di codice sorgente.
E non vale dire che “bisogna cambiare le leggi”: la procedura a evidenza pubblica che soddisfa il “mettere a gara soluzioni a problemi” c’è: esiste in natura, si chiama dialogo competitivo ed è previsto dal Codice degli Appalti (art. 58).
Vero è che si tratta di un procedimento non troppo conosciuto dalle PA ma anche dai vendor. Ed è un vero peccato, perché se solamente lo si sapesse utilizzare si potrebbe arrivare a una vera e propria rivoluzione del procurement pubblico applicato all’innovazione (la quale, per definizione, è un “problema complesso”).
Probabilmente Consip, che non ha solamente compiti operativi ma anche di sviluppo della cultura del procurement nelle pubbliche amministrazioni, dovrebbe aiutare la domanda e l’offerta a comprendere meglio i meccanismi del dialogo competitivo e ad applicarli con successo.
Tornando alla convocazione del Ministro, interessante notare che nell’elenco dei ministeri convocati non figura il Ministero della Salute. Il quale ha negoziato a suo tempo (aprile di quest’anno) un meccanismo in base al quale tutti i risparmi conseguiti dal comparto Sanità – anche grazie ad operazioni di innovazione tecnologica e di processo – saranno reinvestiti “internamente” per poter garantire l’universalità, l’equità e la sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale.
In settembre, alla ripresa dopo la pausa vacanziera, verrà finalmente avviato il “Patto per la Sanità Digitale”, approvato qualche settimana fa in Conferenza Stato-Regioni all’interno del Patto per la Salute.
“Patto” che va esattemente in questa direzione: partendo dai problemi, si costruiscono – insieme all’offerta – le soluzioni.