Le iniziative lanciate recentemente dalla Commissione Europea “per migliorare le competenze chiave e le competenze digitali dei cittadini europei, per promuovere valori comuni e la conoscenza del funzionamento dell’Unione europea nelle scuole” sono un segnale forte del riconoscimento a livello europeo della carenza di competenze adeguate, e di competenze digitali in particolare, come uno dei principali problemi della nostra società, non soltanto dal punto di vista economico. Questo è chiaramente in linea con quanto affermato qualche mese fa dall’Ocse.
Lo stato di benessere sociale non può, infatti, essere raggiunto puntando soltanto ad interventi finanziari, normativi, economici, perché è necessario che i cittadini siano nelle condizioni di essere agenti di trasformazione delle organizzazioni, delle comunità, delle dinamiche sociali e del tessuto culturale indispensabile per una società sostenibile e resiliente.
Le tre iniziative proposte dalla Commissione sono:
- una raccomandazione del Consiglio relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente. In pratica, una evoluzione della Raccomandazione sulle competenze chiave adottata nel 2006, con indicazioni agli Stati membri su come svilupparle;
- un piano d’azione per l’istruzione digitale che delinea in quali modi l’UE può aiutare cittadini, istituti e sistemi di istruzione a prepararsi meglio a vivere e lavorare in un’era di rapidi cambiamenti digitali mediante tre “priorità”:
- un migliore impiego delle tecnologie digitali per l’insegnamento e l’apprendimento;
- lo sviluppo delle competenze e delle abilità digitali necessarie per vivere e lavorare in un’era di trasformazioni digitali;
- il miglioramento dell’istruzione mediante una previsione e un’analisi dei dati più attente.
- una raccomandazione del Consiglio sui valori comuni, l’istruzione inclusiva e la dimensione europea dell’insegnamento, dove si propongono modi in cui l’istruzione può aiutare i giovani a comprendere l’importanza dei valori comuni sanciti dall’articolo 2 del trattato sull’Unione europea e a farli propri.
L’approccio organico e strategico alle competenze
Credo che, rispetto alle iniziative avviate dalla Commissione (che qui non approfondisco in dettaglio), sia importante mettere in evidenza alcuni elementi:
- l’analisi dei dati sulle competenze pone correttamente in stretta correlazione l’alto tasso di analfabetismo funzionale rilevato dalle indagini PIAAC (Programme for the International Assessment of Adult Competencies), con alcuni Paesi che vedono oltre un terzo di popolazione adulta al livello più basso di competenze numeriche e linguistiche, l’elevato tasso di studenti (circa un quinto) con difficoltà a sviluppare adeguate competenze in lettura, matematica, scienze, secondo la rilevazione PISA (Programme for International Student Assessment), e il basso livello di competenze digitali (con il 44% di popolazione europea che non possiede neanche il livello di base di competenze). Testimonianza ulteriore per cui queste carenze sono da affrontare in modo organico e sinergico;
- i Paesi (e quindi i loro governi, le loro amministrazioni pubbliche) devono assumere la responsabilità di cambiare questa situazione supportando la popolazione nell’acquisire le competenze necessarie per la realizzazione personale, per la possibilità di occupazione e l’inclusione sociale. L’approccio diventa, così, simile a quello richiesto per il superamento dell’analfabetismo nei primi decenni del Novecento. E questo è necessario, come espresso chiaramente nella Raccomandazione, per “rafforzare la resilienza dell’Europa in un periodo di rapidi e profondi cambiamenti” e raggiungere anche gli obiettivi definiti nell’Agenda 2030;
- la strategia di intervento non può che prevedere un piano di azione organico tra tutti gli attori in campo, assicurando piena correlazione e sinergia nel complessivo sistema educativo, sia per giovani che per adulti. In questo senso è molto significativo quanto affermato nella proposta di Raccomandazione: “con i rapidi progressi tecnologici e i relativi cambiamenti nei requisiti e nei profili lavorativi, l’apprendimento permanente richiede la costruzione di forti collaborazioni e sinergie tra industria, istruzione, e gli ambienti di formazione e apprendimento”. E questo anche con l’obiettivo della “promozione dello spirito imprenditoriale e della mentalità orientata all’innovazione, al fine di liberare il potenziale personale, la creatività e lo spirito di iniziativa”;
- il superamento del divario digitale di genere è parte integrante del problema. In altri termini non è possibile pensare a un piano di azione per lo sviluppo delle competenze digitali della popolazione che non si ponga il divario di genere come obiettivo primario. Come ben espresso nella Raccomandazione “chiudere il gap di genere attraverso l’educazione digitale e imprenditoriale è vitale per l’Europa se deve pienamente sfruttare i vantaggi della rivoluzione digitale”;
- per uno sviluppo rapido e coerente delle competenze digitali nei diversi ambiti e a diversi livelli (individui, organizzazioni) è fondamentale l’utilizzo di framework consolidati e progettati in correlazione tra loro. Mentre per le competenze specialistiche ICT ormai l’e-Competence Framework (e-CF) è una realtà diffusa e affermata, per le altre il Digital Competence Framework for Citizens (DigComp) è una realtà riconosciuta solo da relativamente poco tempo, e in rapida evoluzione (nel 2017 è stata pubblicata la versione 2). L’iniziativa ha l’ambizione di sviluppare e coprire ambiti diversi come quello delle competenze imprenditoriali (EntreComp), degli educatori (DigCompEdu), delle organizzazioni che operano nel settore educativo (DigCompOrg). Insomma, un insieme di framework che consente di operare un approccio organico alle competenze digitali, e su cui è possibile (e questo è un altro obiettivo del Piano d’Azione per l’istruzione digitale) ambienti e strumenti di supporto. Si passa decisamente, così, dal campo delle raccomandazioni e delle indicazioni a quello, operativo e pragmatico, dei framework, degli strumenti, delle realizzazioni pratiche.
Riflessioni sulla situazione italiana
I dati alla base delle valutazioni che hanno portato la Commissione UE all’avvio delle tre iniziative vedono l’Italia in condizione di forte retroguardia. Dai dati 2017 degli indicatori su cui si basa il DESI (Digital Economy and Society Index) si riscontra un’incapacità del nostro Paese di produrre progressi significativi nell’area delle competenze digitali e dell’uso di Internet, in cui appare in forte ritardo, con il 22,3% di popolazione che non ha mai utilizzato la rete e solo il 69% che dichiara di utilizzare Internet almeno una volta la settimana. Le iniziative della Commissione, pertanto, se sono vitali per il benessere europeo lo sono a maggior ragione per l’Italia.
Questo credo possa condurre ad alcune ulteriori riflessioni su quanto è necessario per attuare il Piano d’Azione per l’Istruzione Digitale e la Raccomandazione sulle competenze chiave:
- bisogna dare maggiore impulso nel PNSD al fronte dell’accompagnamento alle scuole, perché intraprendano con forza il percorso di trasformazione. La spinta su DigCompOrg e sullo strumento di autovalutazione SELFIE, presente nel Piano di Azione europeo, va proprio nella direzione di rafforzare le scuole come organizzazioni capaci di progettazione anche territoriale oltre che di erogazione di formazione, e quindi anche in grado di affrontare il problema della forte resistenza culturale (sia da parte di diversi docenti che di non pochi genitori);
- se vogliamo dare seguito a uno dei punti principali della Raccomandazione (i Paesi dovrebbero “incrementare e migliorare il livello di competenze digitali a tutti gli stadi dell’istruzione e della formazione e per tutti i segmenti di popolazione”) penso sia necessario dissotterrare il lavoro d’inquadramento promosso nel 2014 dall’AgID (oltre che la Coalizione per le competenze digitali avviata negli anni successivi) e lavorare, con un coordinamento inter-istituzionale e multistakeholder, ad un approccio in grado di correlare i diversi piani di azione (dove presenti) e assicurare la copertura delle esigenze complessive (definendo nuovi interventi), valorizzando l’utilizzo dei framework europei. Questo permetterebbe di correlare organicamente, dal punto di vista dello sviluppo delle competenze, Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), Piano Nazionale della Ricerca, Piano Impresa 4.0, l’Agenda Digitale nazionale e quelle territoriali;
- come ho scritto su questa testata, l’Italia è “uno dei Paesi Ocse dalla governance più frammentata (dietro soltanto alla Francia) e quello dove si registra la spesa più bassa sul sistema delle competenze a livello di governo sub-nazionale. Quando si parla di governance multilivello (nazionale-regionale-locale) e multistakeholder (istituzioni e amministrazioni, imprese, ricerca e università, associazioni civiche, finanza, ..) immediatamente si fa riferimento, pertanto, ad un ambito di per sé molto complesso e in Italia poco efficace”. L’approccio necessario richiede pertanto alcuni ingredienti: attenzione politica ai massimi livelli, coordinamento stabile a livello governativo, responsabilità nazionale, e sistemi informativi che consentano la disponibilità di dati (utili per l’analisi e la programmazione degli interventi).
L’auspicio è che questo tema, anche grazie alle iniziative della Commissione Europea, trovi un posto di primo piano nel dibattito politico elettorale. Perché è difficile parlare di futuro senza affrontare, organicamente, il tema delle competenze.