la norma

Multe stradali sulla PEC, ricorsi più facili: tutti i punti deboli del decreto

Il nuovo decreto – per la notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada tramite posta elettronica certificata – ha più di qualche debolezza. Tanto che potrebbe aprire la porta a ricorsi da parte del multato. Ecco perché

Pubblicato il 05 Feb 2018

Matteo Savoldi

Archivista esperto di conservazione digitale e dematerializzazione

multesosta5web

Solleva qualche perplessità il decreto che dà al via alle multe stradali tramite PEC. Al punto che viene da chiedersi se si aprono così possibilità nuove per chi ha ricevuto la multa di fare ricorso e farsela annullare. Vediamo perché.

Il decreto delle multe su pec

Lo scorso 16 gennaio è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto 18 dicembre 2017 emanato dal Ministero dell’interno di concerto con i Ministeri della giustizia, delle infrastrutture e dei trasporti, dell’economia e delle finanze e del Ministero per la semplificazione e la pubblica amministrazione.

Il provvedimento, costituito da sette articoli, intende:

  • disciplinare la procedura relativa alla notificazione dei verbali di accertamento delle violazioni del codice della strada tramite PEC;
  • determinare il contenuto minimo del messaggio PEC e dei relativi allegati;
  • determinare il momento e la documentazione necessaria a considerare gli atti notificati;
  • disciplinare la notifica laddove non fosse concretamente possibile effettuarla tramite PEC.

La notifica dei verbali di contestazione di violazioni al Codice della strada può essere effettuata, come già previsto da norma, nei confronti di chi ha emesso la violazione perché fermato ed identificato al momento dell’accertamento oppure nei confronti del proprietario del veicolo.

Nel primo caso colui che ha commesso la violazione può fornire un valido indirizzo PEC o un domicilio digitale, nel secondo caso invece se la notifica avviene al proprietario del veicolo (ad esempio nel caso in cui la contestazione della violazione non sia stata effettuata al momento dell’accertamento dell’illecito) l’ufficio può ricercare l’indirizzo PEC nei pubblici elenchi disponibili.

L’art. 4 si addentra in una dettagliata descrizione del contenuto del messaggio PEC e dei suoi allegati spingendosi fino alla definizione dell’oggetto stesso e del contenuto della relazione di notifica.

A seguire l’art. 5 affronta il tema dei termini temporali/informatici e delle condizioni da rispettare perché siano ottemperati gli obblighi di spedizione e notificazione del provvedimento e determina anche i casi di impossibilità di notificazione via PEC e delle conseguenti azioni da intraprendere da parte del soggetto notificatore.

Le perplessità sul decreto

La decisione di predisporre un decreto sulla notifica delle contravvenzioni mediante PEC merita una prima riflessione in quanto solleva un inevitabile interrogativo sull’efficacia della normativa precedente: prima del decreto non era forse già possibile notificare via PEC le contravvenzioni stesse? Le indicazioni non erano sufficienti?

In realtà, la lettura del provvedimento solleva qualche perplessità proprio per l’eccesso di dettaglio che lo caratterizza. La complessità del quadro normativo vigente in materia di digitalizzazione è già notevole. Nuove norme rischiano di ingenerare più confusione che certezza, soprattutto se la strada intrapresa finisce per dar vita a segmenti procedurali e a prassi settorializzate, mentre la maggioranza degli operatori oggi ritiene che la PA abbia invece bisogno di quadri interpretativi della norma all’interno dei quali far confluire il maggior numero possibile di pratiche/attività/procedimenti. In una fase ormai matura della trasformazione digitale, non possiamo permetterci di aumentare il numero di provvedimenti specifici destinati a rendere la dematerializzazione uno scoglio insormontabile di soluzioni ad hoc, a loro volta a rischio di contestazione a fronte di disposizioni di natura generale.

Il tema della “notificazione” costituisce un esempio di particolare rilevanza: si tratta di una tipologia di atto ricorrente in numerosi contesti e procedimenti. Non è certo opportuno né utile che per ognuno di questi contesti si debbano definire i termini specifici di validità e le modalità con cui assicurare la regolarità e l’efficacia della spedizione/ricezione, tenuto conto del fatto che per la PEC esse coincidono con la ricevuta di accettazione e consegna completa. Allo stesso modo sembra ridondante e, quindi, controproducente che si indichino le forme per la produzione di una copia informatica di documento originale analogico considerato che le disposizioni esistenti (CAD e regole tecniche) sono sufficientemente precise e dettagliate in proposito.

È opportuno inoltre sottolineare che ogni nuovo provvedimento ha bisogno di essere allineato alla normativa generale, a sua volta in continua evoluzione e che, pertanto, si moltiplicano i problemi di aggiornamento del sistema normativo tutte le volte che il legislatore introduce nuove (non necessarie) disposizioni.  Si deve, infine, osservare che gli orientamenti recenti, approvati nel correttivo del CAD (Dlgs 217/2017) sono finalizzati a semplificare il processo di regolamentazione e a renderlo compatibile alla rapida evoluzione del contesto tecnologico, tanto da derubricare le regole tecniche prima emanate nella forma di DPCM a linee guida predisposte da Agid e quindi facilmente aggiornabili. Il decreto sulle contravvenzione sembra decisamente in contro-tendenza con quanto appena deciso dal Codice dell’amministrazione digitale.

Chissà se il destinatario della contravvenzione ricevuta via PEC, riscontrando un’eventuale difformità tra l’oggetto della PEC ricevuta e l’oggetto dettagliatamente specificato nel decreto potrà opporre ricorso e magari vedersi annullata la sua contravvenzione.

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