la storia

Rinnovo passaporto, quante leggi (digitali) violate

Una mattinata tra bollettini postali, contanti e tabaccai. Per una legge che la PA, persino un ministero, viola da due anni. Specchio di una inerzia che costa caro a noi e all’amministrazione tutta

Pubblicato il 13 Mar 2018

passaporto

Una storia personale sulla mia trafila per il rinnovo passaporto può servirci a ricordare non solo quanto poco è digitale questo Paese – che sarebbe ovvio; ma anche quanto siano ignorate le leggi in materia da parte della pubblica amministrazione, centrale e locale.

I documenti per il rinnovo passaporto

Il primo passo è digitale. Solo quello, purtroppo. Sul sito della Polizia di Stato leggo che serve

  • Il modulo stampato della richiesta passaporto
  • un documento di riconoscimento valido ( n.b. portare con sé, oltre all’originale, anche un fotocopia del documento)
  • 2 foto formato tessera identiche e recenti (chi indossa occhiali da vista può tenerli purché le lenti siano non colorate e la montatura non alteri la fisionomia del volto – inoltre lo sfondo della foto deve essere bianco)
  • La ricevuta del pagamento a mezzo c/c di € 42.50 per il passaporto ordinario. Leggi circolare Il versamento va effettuato esclusivamente mediante bollettino di conto corrente n. 67422808 intestato a: Ministero dell’Economia e delle Finanze – Dipartimento del tesoro.
    La causale è: “importo per il rilascio del passaporto elettronico”. Vi consigliamo di utilizzare i bollettini pre-compilati distribuiti dagli uffici postali.
  • Un contrassegno amministrativo da € 73,50 (da richiedere in una rivendita di valori bollati o tabaccaio) . L’importo è cambiato dal 24 Giugno 2014 con la conversione in Legge del decreto Irpef.Va acquistato per il rilascio del passaporto ordinario, anche per quello dei minori.

Trovati gli errori analogici? Vi aiuto: ovunque in questi punti, eccetto (forse) per le foto tessere.

La trafila analogica e le leggi violate

Tocca fare la fila alla posta per il bollettino. E poi andare al tabaccaio per la marca da bollo (“contrassegno amministrativo”). Ma come, PagoPA non era obbligatorio da dicembre 2015 per tutte le amministrazioni, scadenza poi portata a dicembre 2016? Sì, ci confermano dal Team Digitale, ma il ministero degli Esteri deve ancora adeguarsi. Ci sta lavorando il Team, con un tavolo di lavoro con il ministero. Ma sorprende che il ministero non rispetti la legge: non parliamo di un piccolo Comune, che può giustificare l’inerzia con mancanza di soldi o competenze. Qui è solo mancanza di volontà. Ma, senza sanzioni, è giusto sulla volontà dei soggetti che bisogna fare affidamento.

Prima legge violata. Che vale doppio perché riguarda sia il bollettino sia la marca da bollo. Entrambi in teoria dovevano essere digitali – elettronici già da due anni.

Seconda legge violata: al tabaccaio. Niente Pos, quindi bisogna portare 73,50 euro in contanti. Il tabaccaio – ci spiega – non accetta la carta perché se no ci perderebbe in commissioni. Sappiamo che c’è un obbligo ad accettare il Pos, ma il Governo non ha mai fatto il decreto con le sanzioni (promesso dal viceministro del Mef Casero entro il 2017).

L’obbligo di foto cartacea è già più scusabile (pur nell’era dello smartphone), perché l’uso di chiavette o invio per posta potrebbe aprire nuovi canali di cybercrime/virus (si potrebbe risolvere il problema con una piattaforma sicura di caricamento allegati, ma immagino che non sia e non possa essere una priorità per la PA).

Alla fine, il risultato è una mattinata in pratiche. Ma più del tempo perso, brucia l’idea delle leggi violate, pensate a beneficio del cittadino e della stessa amministrazione. 

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