RIFORMA PA

Coppola (PD): “I sistemi per valutare i dirigenti della PA devono cambiare”

Pubblicato il 14 Mag 2015

Paolo Coppola

Professore associato di informatica, Università di Udine, consulente Governo per progetti di digitalizzazione della PA

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Uno dei punti chiave della riforma della PA è la rivisitazione del ruolo del dirigente pubblico, che è fondamentale per la positiva e concreta attuazione delle iniziative di innovazione delle amministrazioni pubbliche. Un aspetto da considerare attentamente, anche sulla base dell’esperienza di questi anni, è relativo al sistema di valutazione, non tanto per la sua architettura quanto per la sua logica di applicazione.

In molte amministrazioni pubbliche, a fronte di obiettivi strategici ambiziosi e ben definiti, i dirigenti vengono spesso valutati sulla base di indicatori di obiettivo parziali, burocratici, forse preliminari al raggiungimento del risultato che ci si propone, ma certamente non rappresentativi: proposte di documenti, proposte di regolamentazioni. Quasi mai indicatori di efficacia, che provino il raggiungimento reale del risultato. La trasparenza, purtroppo, in questo caso ancora non ha aiutato. Leggere nella banca dati degli obiettivi strategici che si trova all’indirizzo http://consultazionebanchedati.portaletrasparenza.it/performance/obiettivi-strategici che, ad esempio, l’obiettivo strategico del Ministero dei Beni Culturali con titolo “Assicurare la tutela del paesaggio” si ritiene monitorabile con l’indicatore numero di circolari elaborate (sic, nemmeno approvate, solo elaborate) e con un target (ambizioso!) per il 2015 di ben 3 circolari, fa cadere le braccia! Non ho dubbi che le azioni del ministero per assicurare la tutela del paesaggio siano molte e assai più sfidanti, ma non trovarne traccia nella scheda degli obiettivi strategici fa capire quanto poco interesse ci sia nel far funzionare bene il sistema della programmazione e controllo, sia da parte dei dirigenti, sia da parte degli organi politici che dovrebbero approvare quei documenti.

Allo stesso tempo, le inadempienze rispetto alla normativa sono ancora significative e non sono quasi mai sanzionate. Il Codice dell’Amministrazione Digitale ne è un triste esempio. Trovare all’art. 3-bis, comma 4 o all’art. 52 comma 4 un riferimento al dlgs 150 del 2009 per cercare di spingere la comunicazione telematica tra PA e cittadino o l’accesso telematico e il riutilizzo dei dati delle PA sanzionando i dirigenti che non adempiono e poi scoprire che quel riferimento, che conteneva la sanzione (art. 11 comma 9), è stato spazzato via dal dlgs 33 del 2013 non fa di certo piacere. Si applica l’art. 10 comma 5? Non è chiaro e invece le sanzioni dovrebbero essere chiarissime perché invece è chiarissimo che la legge non viene rispettata e questo non è accettabile.

Per “fare innovazione” dobbiamo cambiare approccio, imparare a misurare e a misurarci tutti, per capire se davvero riusciamo a mettere in campo iniziative che incidono sul concreto e se le regole che ci diamo hanno poi una reale applicazione.

I dirigenti pubblici, cui spetta l’onore e l’onere della realizzazione di gran parte del rinnovamento dell’amministrazione, sono chiamati a dare un messaggio chiaro: il loro ruolo si motiva solo con i risultati ottenuti. E in una logica di sistema, dove ciascun ufficio e ciascun dipartimento contribuisce alla realizzazione delle strategie nazionali.

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