Politecnico di Milano

Corso (Polimi), Sanità digitale: “bene i patti, ma ora passiamo ai fatti!”

Nell’ultimo anno sono stati compiuti notevoli sforzi a livello di Governo, Ministero della Salute e Agenzia per l’Italia Digitale per sviluppare un Patto per la Sanità Digitale all’interno del “Patto della Salute”. Ma quali sono stati i reali passi in termini di azioni avviate? Cosa impedisce oggi in Italia di passare “dai patti ai fatti”?

Pubblicato il 27 Mag 2015

Mariano Corso

Presidente P4I e membro del Board Scientifico Osservatori Digital Innovation del Politecnico di Milano

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Dopo anni di ritardi e disattenzione, la Sanità Digitale sembra aver finalmente assunto un ruolo di rilievo nei piani di azione del Governo. Nell’ultimo anno il Ministero della Salute e l’Agenzia per l’Italia Digitale hanno fatto importanti passi nella direzione del riconoscimento dell’innovazione digitale come fattore indispensabile per garantire qualità e sostenibilità al nostro sistema socio-sanitario:

· a marzo 2014 sono state pubblicate linee guida e indicata la scadenza di giugno 2014 entro la quale le Regioni hanno dovuto presentare i propri piani di implementazione del Fascicolo;

· a luglio 2014 nel Patto della Salute è stato inserito un “Patto per la Sanità Digitale” che indicava l’obiettivo di disegnare un Master Plan quinquennale (2015–2019) per l’eHealth che identificasse risorse disponibili e possibili iniziative di partenariato pubblico-privato;

· a marzo 2015 nella “Strategia per la crescita digitale 2014–2020”, viene dato uno spazio rilevante alla Sanità Digitale identificando alcune linee prioritarie di intervento.

Governo, Ministero e AgID sembrano finalmente muoversi nella direzione da tempo auspicata per una trasformazione digitale del Sistema Sanitario.

Quando però dai Piani e “dai Patti” si passa ad analizzare “i fatti”, in termini di azioni reali intraprese e di implementazioni avviate, il quadro si fa meno confortante.

· Dopo aver ottemperato alla richiesta di presentare i propri piani per lo sviluppo del FSE entro lo scorso giugno, Regioni e Province Autonome non hanno ricevuto l’approvazione degli stessi e non è stato emanato il DPCM[1] attuativo relativo al FSE. A fronte di questo, resta definita la scadenza per lo sviluppo dei FSE stessi che, secondo le Linee Guida, devono essere istituiti entro il 30 giugno 2015.

· Il Master Plan previsto dal Patto per la Salute Digitale non è ancora stato reso pubblico e non si conoscono i risultati della ricognizione dei fondi disponibili e/o attivabili che avrebbero dato il via al piano stesso.

· Le dimissioni di Alessandra Poggiani, Direttrice dell’Agenzia per l’Italia Digitale, alla fine di Marzo di quest’anno hanno messo ulteriormente in luce le difficoltà di governance dell’Agenzia che Antonio Samaritani, nuovo direttore dell’Agenzia, si troverà ad affrontare.

A fronte di un’accelerazione nello sviluppo dei piani, appaiono quindi oggettive le difficoltà di esecuzione e implementazione mostrati da Governo e Ministero. A fronte di questo, tuttavia, sono sempre maggiori le pressioni da parte del Parlamento a una centralizzazione delle competenze in ambito Digitale che metta fine all’attuale frammentazione: è di recente approvazione, ad esempio, l’emendamento all’articolo 117 della Costituzione, promosso dagli onorevoli Coppola e Quintarelli, che assegna allo Stato centrale competenza esclusiva nel coordinamento informatico dei dati, dei processi e delle relative infrastrutture e piattaforme informatiche.

In questo contesto, Regioni e Aziende Sanitarie non possono e non vogliono aspettare, ma si vedono strette tra due spinte contrastanti: da un lato la pressione delle scadenze e degli obiettivi spinti dal Governo centrale, dall’altra la carenza di risorse e l’incertezza derivante da un ruolo di coordinamento centrale dell’implementazione che, pur a fronte di una volontà di centralizzazione, resta nei fatti molto debole.

Il rischio è che, proprio quando tutti sono finalmente consapevoli dell’importanza e dell’urgenza di un ripensamento “digitale” del sistema socio-sanitario, si crei uno stallo istituzionale nel quale non si riesca a passare dagli obiettivi e dai piani a una loro implementazione, o in altre parole “dai patti ai fatti”.

La soluzione auspicabile, forse l’unica possibile, è quella che a sostituire la tradizionale e inadatta governance frammentata dell’innovazione digitale, non sia una soluzione centralizzata, che sarebbe incompatibile con la storia, le risorse e le competenze del nostro sistema, bensì una governance partecipata, in cui il governo centrale svolga un ruolo non intrusivo di regolatore di alto livello, ma in cui spetti direttamente alle Regioni il ruolo di promuovere la crescita digitale e l’integrazione.

L’istituzione da parte della Conferenza delle Regioni della Commissione speciale Agenda Digitale sembra andare proprio in questa direzione ed ha la potenzialità di creare un punto di raccordo tra le Regioni, e tra queste e il Governo, contribuendo a superare sia l’attuale frammentazione che l’inutile contrapposizione tra Stato Centrale e Regioni.


[1] Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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