Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
“Meno male, piove leggero… come vi sentite? Bene, vero?” Mohan interrogava la risaia. La risaia rifletteva Mohan che si velava di pioggia. Fine. Tiepida. Naturale. L’anno scorso indotta. Anche l’anno prima.
“Cara Mohan… è tempo di tenerci allagata, come piace a te…” la risaia imparava ogni volta a conversare con Mohan. Le memorie connesse del linguaggio interspecie erano formidabili. Da più di un secolo.
“Tu scegli di tenerci sommerse… noi siamo contente di stare con le radici sotto quest’acqua melmosa e ricca…”
“Le radici nascondono le forze e le debolezze. Piegano il tuo futuro. E lo spiegano. Lo raccolgono. Fortunate voi che potete conservarle lì sotto… E quando l’acqua se ne va potete mostrarle. Noi umani possiamo solo dimostrarle e raccontarle…”
“Ma a te, cara Mohan non tagliano il collo! Non ti staccano la testa dal busto, tanto per farti sputare la lingua, gli occhi, il naso…”
“Le piccole tragedie sono quelle che più sfamano…”
“Il male perché esista il bene! Vecchia storia!… Facile raccontare questa favola per chi ha il falcetto in mano! Facile dire al condannato ‘La tua morte sarà la vita per molti’!”
“Ogni semina vuole un raccolto… ognuna di voi…”
Il bus rosso a due piani, sede di copertura della Memory Squad 11, fanghizzava. Sbrullocava nella risaia. Le ruote svruzzavano. Avvuotolivano. Bloccastavano.
“Scendere agenti! Quel deficiente dell’autista si è infilato nella melma della risaia! Prendere le biciclette e correre sui muretti!…” pistava la comandante Akila Khaspros.”Ci sono ancora memorie attive… connesse… sofisticate, dunque preziose!”
Lo specchio infinito accoglieva i disegni degli stormi. L’orizzonte di cime incappucciate. Il traffico silenzioso dei corpi aerei. La fattoria coi silos rossi.
“Eccola là, sta conversando con la risaia! Lì le memorie connesse sono milioni… ogni pianticella di riso è connessa… e tutte insieme fanno un coro ben grande… una voce unica, agenti!” spaziava la comandante Akila Khaspros.
“Comandante ti ricordo che le memorie connesse sono state tutte disabilitate un mese fa dal Grande Ictus Mnemonico! Di memorie da recuperare ce ne saranno ben poche…”
Le biciclette rotavano. Arginavano. Fangavano. Sguizzavano. Sguazzavano. Convergevano su Mohan.
“Prendiamo almeno la memoria connessa della coltivatrice di riso… Lei sta parlando con le pianticelle di riso… magari con una sola… rimane sempre qualche memoria connessa da portare al comando… Recuperiamola! Agenti nell’acqua! È solo una spanna! Un po’ di piedi bagnati non vi faranno certo male…” le tute-save ormai disfatte.
Gli agenti chini. Come mondine. Cercavano le memorie. Trovavano solo fango.
Mohan continuava la calda conversazione. La risaia le rispondeva a tono.
Gli agenti intorno a Mohan. Intorno al collo. La nuca. Le tempie. “Niente, comandante! Neppure una memoria connessa! Ma continuano a parlare fra loro… continuano… da ore…”
Mohan spiegava alla risaia che sarebbe diventata riso.
(105 – continua la serie. Episodio “chiuso”)