Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base operativa su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è ancora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
Infinite finestre. In tutte le direzioni. Negli occhi del calabrone. Mille visioni. Mete. Illusioni. Prospettive. Inquadrature. Pensieri. Tentazioni. Deviazioni. Obiettivi. Spirali. Sorvoli. Impennate. Atterraggi. Assalti. Tesori. Amori. Vittime.
Ronzava nella polvere illuminata. Finestra spalancata. Ombra accentuata. Volo ondulato. Vetro graffiato. Cielo ingombrante. Chin questuante. Leea tremante.
“È una memoria volatile… forse è connessa…” semplificava Afro Allaa, l’agente navigatore esperto di mappe e di sopravvivenza della Memory Squad 11.
La comandate Khaspros: “Dopo il grande ictus mnemonico, senza tutte le connessioni funzionanti, non è più possibile essere matematicamente certi… In questo caso dobbiamo verificare, dobbiamo intervenire. Prepariamoci. Preparatevi! Scendere dal bus! Distanza breve! Si va in bici! Dobbiamo sorprenderli! ”
Chin:“Sono generazioni che la conserviamo. Non è stata mai museata… un mio avo ha lasciato scritto, tre secoli fa, in modo preciso… conservarla per 33 generazioni… funzionante! A te l’onore amica mia. A te l’onore e l’onere, mia cara Leea…”
“Qui, precisamente qui… Avvicìnati di almeno un passo. L’ho capito che non la vuoi appoggiare alla fronte… ti sporcheresti troppo.”
Leea stringeva. Leea piangeva. Nell’ombra nera. Nella grande poltrona. Davanti a Chin.
Afro Allaa: “È un robo-calabrone killer, comandante… ha sicuramente più di una memoria connessa… forse l’ha chiamato la signora Chin stessa. Sta librato a tre metri dalla donna… Cerca la posizione ideale. Chin gli sta parlando.”
La comandante Khaspros: “Entriamo con una semplice retìna di graxene. È indistruttibile e si avvolge intorno al robo-calabrone catturato! Se siamo bravi otteniamo due bei risultati con una sola cattura… recuperiamo le memorie e salviamo Chin… Correre agenti! Correre! Pedalare! Siamo solo a cento metri dalla casa!”
Le ruote forsennate. Abbrancate. Affannate. Fraggavano la ghiaia. Striavano il gradino. Lateravano la porta. Assiepavano l’entrata. L’ultima corsa è sempre la più vigliacca. Ti spezza il cuore dandoti in cambio la fine.
Chin roteava gli occhi. Inseguiva il ronzio: “Cerchi il sole, cerchi la rotta… è la tua stagione degli amori…” declamò. Gli agenti fermi. Pronti allo scatto. Sulla soglia. Stagliavano. Dal basso.
Leea lo tirò coi pollici. A fatica. Prese la mira.
Chin sorrideva al suo volgere.
Per mezzo di un’antica arma da fuoco.
(106 – continua la serie. Episodio “chiuso”)