Il dottor Annthok Mabiis ha annullato tutte, o quasi, le memorie connesse della galassia per mezzo del Grande Ictus Mnemonico. “Per salvare uomini e umanidi dalla noia assoluta” perché le memorie connesse fanno conoscere, fin dalla nascita, la vita futura di ciascuno, in ogni particolare. La Memory Squad 11, protagonista di questa serie, con la base operativa, di copertura, su un ricostruito antico bus rosso a due piani, è incaricata di rintracciare le pochissime memorie connesse che riescono ancora a funzionare. Non è tuttora chiaro se poi devono distruggerle o, al contrario, utilizzarle per ricostruire tutte quelle che sono state annientate, se devono cioè completare il lavoro del dottor Mabiis o, al contrario, riportare la galassia a “come era prima”.
Trentamilatrecentoventidue ospiti. Un centesimo erano reali. Il resto simul-reali con memorie connesse, forse.
Gayanno Lu si addobbava alla festa. Fra due ore sulla sabbia ghiaiata di fronte al suo capanno tentacolare. Ora il sole frattato da nubi insidiose. Depone i colori. Di uno strepitoso tramonto.
Davanti all’antico specchio. Rugoso. Incattivito. Sarcastico. Sbrecciato. Amato da Gayanno. Specchio specchio delle mie brame chi è il più bello del reame. Pennello con schiuma bianca. Rigata di menta verde. Come quattro secoli prima. Le guance deliziate. Il mento infregolato. Il collo allupato. Aveva depennato la memoria “glabro” dalla lista di Asset Genetici Evoluti (AGE). La schiuma affettuosava.
Ai capelli aveva aggiunto la memoria di “foltitudine” (la AGE 99C) ma senza la crescita azzerata. Andare dai vecchi parrucchieri era sublime per Gayanno. Anche se ogni volta doveva attraversare mezzo mondo.
Il resto era la noia consolidata. Il trucco e la cosmesi scelti fra migliaia. Si eseguivano autonomi. Pennelli e pennellini. Cotoni e polveri. Matite e tatuaggi. Profumi ed essenze. Camicia. Braccialetti. Anelli e blusa. Calzari e brache. Intimo e collana. Il turbine si componeva. Il turbine avvolgeva. Artisticciava. Sublimizzava. Incantava. Il turbine si quietava. Nella perfezione assoluta. Niente trucco. Nessun inganno.
Lo specchio era mezzo. Guyanno ripeteva il rito. Saliva sul vecchio trespolo per mirarsi l’altra metà.
Il sole si perdeva. Le ginocchia rosse. Il sole spariva. Le ginocchia grigie. Scendevano dallo sgabello.
“Agenti, abbiamo capito che la festa è di quelle corpose… noi ci invitiamo senza problemi… facciamo i simul-reali… quelli laggiù sono attivi per le loro memorie connesse…” La comandante appoggiata. Al bus rosso. Sulla collina. Gli agenti stanchi. Di inseguire il nulla. Inseguire è sempre correre dietro a sé stessi.
Un chilometro sotto. La festa si alluminava. La spiaggia si aggregava. Il capanno si ammusicava. Gayanno Lu si abbacinava. Di solitudine. Gli ospiti simul-reali lasciavano i ciotoli. Ammarandosi. Sguazzavano brindisi. Schizzavano risate. Fluttuavano abbracci. Deglutivano baci. Sommergevano sguardi. Annegavano sensi. Spiaggiavano. Terminavano.
Gli agenti irrompono. Avidi di memorie. Il cielo infame. La spiaggia livida. Il capanno pavido.
La musica stordisce. Rapisce. Sorgisce. Gli ospiti simul-reali galleggiano esanimi sul mare annerito dal cielo di pioggia. Gli agenti li sfilano a riva.
“Questi non sono simul-reali comandante… questi sono reali e affogati davvero… non hanno memorie connesse… abbiamo fatto la solita corsa… abbiamo prodotto solamente una distesa di cadaveri, comandante… ” sgolano gli agenti.
La comandante Khaspros appalpebra. Il respiro si racchiude. Il collo si arrende. Il busto si apprega. Un vento leggero. Da terra. Sbreffa anche la sua solitudine stupida.
La musica sbaraglia. Attraglia. Maraglia. Rattattaglia. Attrizza. Attizza. Avviva.
Sputano in aria. Si sollevano. Sbracciano. Agguantano le note sfrenate. Gli affogati sabbiano i piedi. Accielano le braccia in una nuova infinita danza.
Per Gayanno Lu.
Per il suo compleanno.
(108 – continua la serie. Episodio “chiuso”)