Se tanto si sta parlando dei contenuti disarmanti e discriminatori della campagna pubblicitaria del Fertility Day portata avanti dal Ministero della Salute, ancora più incredibile è quanto sta accadendo con la sua declinazione digitale. Mentre le pubbliche amministrazioni centrali e locali ogni giorno devono provare a orientarsi in un groviglio di normative dedicate al digitale (e in questi ultimi giorni devono fare i conti anche con gli interrogativi sollevati dalla riforma del Codice dell’amministrazione digitale), per il Ministero della Salute queste norme sembrano non esistere affatto, dal momento che nel sito www.fertilityday2016.it sono rimaste totalmente inapplicate. E bene ha fatto Matteo Flora a rilevarlo con un post di denuncia nel gruppo Facebook “Italian Digital Minions”.
Prima di tutto, è quanto meno singolare, per un sito che (come indica chiaramente la sua configurazione grafica) appartiene a un Ministero e da esso è stato commissionato per finalità pubbliche, che il relativo dominio fertilityday2016.it non sia riferibile al Ministero ma alla Mediaticamente srl. Basta fare una semplice richiesta Whois per scoprire questo dettaglio imbarazzante.
Tale società ha senz’altro titolo per interessarsi dello sviluppo del sito e della criticatissima campagna comunicativa a esso legata, ma di certo è regola elementare non intestare direttamente il sito al web master che lo realizza ma piuttosto al committente che ne è il legittimo titolare. È possibile che questo “trascurabile” dettaglio sia stato tralasciato nella definizione del contratto di appalto di servizi informatici: ma se è così, il “digitale” per il Ministro Lorenzin quanto poco è importante?
In realtà, anche il bando per l’affidamento dell’incarico della campagna di comunicazione presenta qualche pesante incongruenza su cui non ci dilungheremo, e in merito alla quale Selvaggia Lucarelli ha giustamente avanzato qualche interrogativo che speriamo trovi risposta, ad esempio perché, cito testualmente, “il bando per la campagna sulla fertilità che partirà nel settembre 2016 viene indetto, pensate un po’ che cosa strana, il 18 dicembre 2015 e si chiude il 28 dicembre 2015. Quindi le agenzie sono state chiamate a ideare una campagna in 10 giorni (che sono pochissimi e che si possono giustificare se la campagna deve uscire in fretta e furia, non 9 mesi dopo) durante le feste natalizie partire da un venerdì (il 18 dicembre). Ma tu guarda che stranezza”.
Ma da giurista attento al diritto dell’informatica, più che approfondire queste singolarità (a cui Matteo Flora aggiunge il fatto – ma trattasi forse, per la natura del sito, di un peccato “veniale” – che nel caso di fertilityday2016.it “un sito ministeriale è su un dominio di primo livello anziché su un dominio di terzo livello .gov.it come da normativa in vigore”), trovo molto più preoccupante che il sito sia totalmente inadeguato ai fondamentali parametri di accessibilità dei siti web delle PA. In particolare, come tutte le PA e i gestori di servizi pubblici dovrebbero sapere, secondo l’art. 12 del Codice dell’amministrazione digitale “le pubbliche amministrazioni nell’organizzare autonomamente la propria attività utilizzano le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, imparzialità, trasparenza, semplificazione e partecipazione nel rispetto dei principi di uguaglianza e di non discriminazione”. Ancora più nel dettaglio, questi principi fondamentali si sono concretizzati nella Legge 9 gennaio 2004, n. 4 “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici” (cd. Legge Stanca), secondo la quale le pubbliche amministrazioni hanno appunto l’obbligo di favorire l’accesso delle persone disabili agli strumenti e ai servizi informatici. Infatti, l’articolo 1 della stessa legge, riprendendo e concretizzando per il mondo digitale il fondamentale principio di uguaglianza contenuto nell’art. 3 della Costituzione, afferma che “la Repubblica riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici. È tutelato e garantito, in particolare, il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione”.
Questi fondamentali obblighi di accessibilità, ai sensi dell’art. 3 comma 1 della Legge Stanca, si applicano “a tutte le pubbliche amministrazioni di cui al comma 2 dell’articolo 1 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, agli enti pubblici economici, alle aziende private concessionarie di servizi pubblici, alle aziende municipalizzate regionali, agli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, alle aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico e alle aziende appaltatrici di servizi informatici, nonché a tutti i soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet”: quindi anche al sito web http://www.fertilityday2016.it. Inoltre, secondo l’art. 4 della stessa legge “i soggetti di cui all’articolo 3, comma 1, non possono stipulare, a pena di nullità, contratti per la realizzazione e la modifica di siti Internet quando non è previsto che essi rispettino i requisiti di accessibilità”.
Secondo voi in base a quanto rilevato, il Ministero della Salute per il tramite del suo fornitore “accuratamente selezionato”, ha rispettato anche solo in minima parte le regole dell’accessibilità per i soggetti diversamente abili stabiliti dalla Legge Stanca e suoi regolamenti applicativi?
Ovviamente no. Sta di fatto che l’inosservanza delle disposizioni della Legge Stanca comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare “ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme vigenti”. A quanto pare la dirigente coinvolta è già stata sollevata dal suo incarico per altri motivi – ovvero la pioggia di critiche che la campagna si è attirata da ogni parte – ma il Ministero avrebbe sicuramente dovuto dimostrare più attenzione al tema dell’accessibilità, dal momento che l’argomento fertilità interessa tutta la popolazione, senza differenze o discriminazioni.
Qualche Digital Minion ha anche osservato come sia piuttosto assurdo che nel 2016 esistano ancora siti “che se non gli metti il www. davanti non funziona la chiamata?… quanta sterilità di neuroni!”
Insomma, sarebbe il caso di aggiustare subito questo “sterile” sito web e magari, avvalendosi delle possibilità previste dalla legge, dichiarare giudizialmente la nullità del contratto di affidamento e chissà – da oggi in poi – iniziare a pensare che il digitale è cosa seria e non solo (pessimo) storytelling da veicolare in siti web amatoriali.