La conversione in legge del D.L. 193/2016 del 23 ottobre 2016, avvenuta nei giorni scorsi, offre l’opportunità da un lato per fare qualche considerazione procedurale e per contribuire a chiarire i dubbi che sono sorti e quelli che si porranno nei prossimi giorni, e dall’altro per sottoporre all’Agenzia delle Entrate una discrasia che il legislatore avrebbe potuto evitare ma che potrebbe essere eliminata con una corretta e sistematica interpretazione delle norme.
Con la riscrittura dell’articolo 21[1] del D.L. 78/2010, avvenuta ad opera dell’articolo 4 del Decreto Legge sopra citato, il legislatore ha ripensato il progetto di “costruzione” del database delle informazioni IVA dei contribuenti e ha imposto per legge l‘obbligo di trasmissione dei dati IVA delle fatture emesse e di quelle passive registrate in ciascun trimestre. In parole più semplici, è stato mantenuto l’adempimento, ma lo si è reso compatibile e coerente con l’evoluzione della fattura elettronica.
È stato introdotto anche l’obbligo di trasmissione dei dati delle liquidazioni IVA (inserimento dell’art.21 bis nel D.L. 78/2010), che servirà all’Amministrazione Finanziaria per monitorare la tempestività dei versamenti IVA periodici e intervenire con maggiore tempestività rispetto al passato. Infatti, se è vero che oggi il sistema fiscale offre dilazioni nei pagamenti che sono assolutamente favorevoli ai contribuenti, dall’altro non si può trascurare come la dilazione sia suscettibile di incrementare il rischio di insolvenza.
In buona sostanza, il legislatore, forse non nutrendo fiducia nella sensibilità dei contribuenti e dei Dottori Commercialisti nello stimolare un’adesione in massa all’opzione per la trasmissione telematica dei dati IVA prevista dall’articolo 1, comma 3, del Decreto Legislativo 127/2015, ha di fatto trasformato in obbligo quello che prima era un’opzione, da esercitare entro il 31 dicembre di quest’anno.
Sin qui tutto chiaro e regolare, salvo che ci saremmo aspettati anche l’abrogazione dell’articolo 1, comma 3, e il riconoscimento a tutti i soggetti, obbligati ex lege a porre in essere ciò che prima era opzionale, delle altre premialità, quali l’attribuzione di un canale prioritario ai rimborsi IVA anche in assenza delle condizioni previste dall’articolo 30, secondo comma, DPR 633/1972, e la riduzione di un anno (portata a due dal D.L. 193/2016, come convertito) del termine di decadenza per l’accertamento per i contribuenti che garantiscano la tracciabilità di tutti i pagamenti, ricevuti ed effettuati, di importo superiore a 30 euro, come previsto dal DMEF del 4/8/2016. In effetti vi sarebbe ancora un’altra agevolazione per coloro che opteranno per la trasmissione dati IVA ex art.1, comma 3, Decreto Legislativo 127/2015, ossia l’esonero dall’inclusione tra i dati IVA da trasmettere di quelli inclusi nelle Fatture Elettroniche inviate tramite il Sistema di Interscambio. Tuttavia a mio avviso tale agevolazione ha una portata assai modesta, considerato che, sin quando tutte le fatture elettroniche, emesse e ricevute, non transiteranno dal Sistema di Interscambio, il contribuente sarà comunque obbligato a trasmettere i dati delle fatture ricevute e registrate (lato passivo); il software applicativo automatizzerà queste funzioni e generare e inviare un file o due non cambia sostanzialmente nulla.
Invece l’articolo 1, comma 3, decreto legislativo 127/2015 è rimasto dov’è, col paradosso che i contribuenti entro fine anno potranno “optare” per un adempimento che il legislatore, con un altro provvedimento, ha reso obbligatorio.
Forse vi sono ragioni che la mia ragione non è in grado di percepire, ma se così non fosse sarebbe opportuno che gli organi competenti, quanto meno in sede interpretativa, si facciano carico della questione e la risolvano rispolverando il buon D.P.R. 442/1997, che stabilì, con un encomiabile impulso di civiltà giuridica, che le opzioni in ambito tributario si potessero desumere anche da comportamenti concludenti. L’intervento potrebbe evitare il ricorso al “clik day” del 31 dicembre e alla connessa e onerosa gestione organizzativa e di successiva verifica.
Rebus sic stantibus, chi potrebbe avere dubbi sul “comportamento concludente”, previsto addirittura da uno specifico obbligo di legge?
Attendiamo fiduciosi.
[1] La riscrittura ha determinato l’eliminazione del fastidioso obbligo di trasmissione telematica dei dati relativi alle operazioni di importo non inferiore ad euro 3.600, comprensivo dell’imposta sul valore aggiunto, per le quali non era previsto l’obbligo di emissione della fattura.