«Morto un Papa se ne fa un altro»… e ancora parafrasando Obama «Qualunque cosa accada, domani il sole sorgerà ancora», l’altro giorno a Roma nelle discussioni post referendum di imprenditori e innovatori il tema ricorrente era, ok Renzi é stato in questi anni un buon propulsore sulle tematiche dell’innovazione, del digitale, della banda larga, ma… Ma, appunto!
E qui nascono i distinguo: da chi dice che nessuno è indispensabile e che conseguentemente le politiche avviate proseguiranno a prescindere, a chi critica diversi dei provvedimenti approvati o in itinere.
Ma vediamo un pò di riepilogare cosa potrà succedere, stabilito che, qualunque cosa accada, con ogni probabilità per almeno sei/otto mesi difficilmente avremo in Italia un governo al pieno dei poteri:
1– primo dato certo, la Legge di Stabilità è stata già approvata mercoledì: contiene il Piano Industry 4.0, e questo è già qualcosa. Ma bisognerà vedere con decreti attuativi etc. cosa effettivamente potrà da subito essere sviluppato, specie per la parte inerente gli sgravi fiscali (il famoso superammortamento);
2– sul fronte decisivo della banda ultralarga, deve ancora andare in assegnazione il primo bando Infratel da 1,4 miliardi per la realizzazione della rete pubblica nelle aree bianche (a fallimento di mercato) di 6 regioni italiane. Il tutto sarà fatto, come programmato, entro fine anno? O la guerra” Enel – Telecom potrà fermare questa partita? E i bandi nelle altre regioni? E che farà il CIPE sulle altre risorse programmate? Non dimentichiamoci che Carlo Calenda puntava a un “piano bis” per la banda ultralarga, una specie di corsia “preferenziale” per il cablaggio dei distretti… Questa ipotesi ritengo vada, per ora, sicuramente in stand by;
3– terzo punto dolente la Pubblica Amministrazione, tema che già era stato danneggiato dalla bocciatura della Consulta arrivata a pochi giorni dal referendum, la quale ha azzerato alcune misure rilevanti: la Corte Costituzionale infatti è intervenuta sulla riorganizzazione delle in house Ict;
4– infine l’attacco martedì a Piacentini dei deputati del Movimento 5 stelle, della commissione Trasporti, poste e telecomunicazioni: «Dal suo insediamento nell’agosto scorso il commissario straordinario ha solo costituito una costosa struttura amministrativa senza mai presentare al Parlamento le linee strategiche della propria azione…Ora, è evidente alla luce degli ultimi sviluppi, che la struttura del commissario straordinario non ha più ragione di esistere». Insomma un attacco in piena regola ad una corposa struttura con un budget di 31 milioni di € in due anni.
Insomma quattro partite strategiche per il futuro digitale dell’Italia. Quattro partite comunque attese dal mondo digitale fatto di cittadini e imprese, che adesso dovranno essere ripensate, forse rifatte, nella migliore delle ipotesi ritardate, con grave danno per il Paese. Ma proviamo a vedere – a mio avviso – gli errori che Renzi, sui quattro punti, già stava commettendo e che forse adesso chi ci governerà potrà correggere.
1– il piano Industry 4.0 finanzia solo sgravi su macchinari, cosa meritevolissima a fronte di un Paese con sistema industriale vecchio, ma nulla dice sul punto strategico di Industry 4.0, ovvero sul passaggio “da prodotto a servizio“, ovvero sulla necessità di intervenire sulla re-ingenierizzazione dei processi produttivi, li sta la sfida. E ancora: si privilegiano i soliti noti, i grandi gruppi sia industriali, che della consulenza, che dell’ ICT e digitale, senza tenere conto delle PMI, tagliate di fatto fuori dal superammortamento e più in generale non considerate dai vari decreti Calenda, se non in minima parte… Nebbia infine sui Digital Innovation Hub che non hanno un € di previsione nella legge di Stabilità, ma soprattutto si sommano alla rete di DIH della UE già avviata, creando di fatto dei doppioni;
2– va molto bene strutturare un piano Paese sull’ultralarga, ma è fondamentale il raccordo con i territori e le Regioni, cosa non sempre avvenuta finora;
3– anche qui siamo alle solite, e noi lo diciamo da parecchi mesi, l’Ict deve andare a mercato, l’ente pubblico faccia il regolatore, ma non può fare anche da industria che produce! Vedi la lunga vicenda del Sistri, che dà l’idea dell’invasione del pubblico (con Cantone che ha bocciato l’idea di affidare direttamente a Sogei l’appalto per il monitoraggio della messa a regime del sistema di tracciabilità dei rifiuti) o dei grandi gruppi che ammazzano i piccoli e i medi, che sono stati la forza per Comuni e Regioni, che ha fatto crescere l’Italia informatica prima e digitale ora. Ben venga quindi la sentenza della Corte Costituzionale se servirà per affrontare lo scabroso tema dell’in house;
4– anche qui, Renzi si fa fotografare e lavora con Guerra di Luxottica, con Marchionne l’americano, con Piacentini che significa Amazon e Jeff Bezos, bello, figo, trendy sui giornali, ma poi ci si chieda perché affidarsi solo e soltanto ai soliti noti? E noi medi e piccoli? Anche Confindustria stessa deve fare una riflessione rapida, e so che il più sensibile al tema è proprio Vincenzo Boccia, perché noi non ci possiamo permettere il lusso, come Paese, di perderci per strada i piccoli e i medi imprenditori, che sono stati in questi anni quelli che hanno tirato la carretta, che hanno sorretto il Paese.
Guai sbagliare su questo, che sia Renzi o chiunque altro a governare! Al popolo delle partite iva, delle start up, delle imprese con meno di 10-20 dipendenti certo dobbiamo insegnare a crescere dimensionalmente, certo dobbiamo offrire loro strumenti per aggregarsi e fare rete (ci stiamo provando con Antonello Montante con le reti di impresa di Confindustria), ma guai abbandonarli, perché la forza del nostro Paese è qui, tra flessibilità, creatività, ingegno delle PMI che tante nazioni europee, Germania inclusa, spesso ci invidiano!