E così, il 23 dicembre è arrivato e passato, e con esso la “rivoluzione epocale” del FOIA.
Dall’anti-vigilia di Natale è possibile, quindi, esercitare effettivamente anche il nuovo diritto di accesso ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli già oggetto di pubblicazione, come previsto dall’art. 5, comma 2 del riformato D. Lgs. n. 33/2013.
Ma è davvero così?
Più in teoria che in pratica, al momento, perché se è vero che chiunque può inoltrare le richieste di accesso alle P.A. detentrici delle informazioni richieste – indirizzandole all’URP o direttamente all’ufficio, se noto – in concreto ci sono alcuni scogli non ancora superati.
Un diritto quindi, che è insieme teorico ed effettivo: sovrapposizione normativa, mancanza di un vero “prontuario”, efficace e di immediata applicazione, scomparsa di numerosi obblighi di pubblicazione (pre)vigenti hanno, di fatto, depotenziato l’innovatività del decreto.
La sovrapposizione normativa
Sin dalla circolazione delle prime bozze, ho spesso evidenziato la difficoltà del relazionarsi ad una normativa che ha creato tre diverse figure di accesso: agli atti, disciplinato dalla legge n. 241/90 e non toccato dalla riforma; civico, introdotto dal previgente art. 5 del D. Lgs. n. 33/2013; generalizzato, introdotto dalla novella del D. Lgs. n. 97/2016.
Tre tipologie, tre procedure, tre differenti motivazioni.
Soprattutto all’inizio – quanto durerà, l’inizio? – sarà difficile districarsi tra la pluralità di richieste e le molteplici eccezioni previste.
Mancanza di un prontuario per le P.A.
Nell’idea di tutti, Le Linee Guida Anac sugli obblighi di pubblicazione – e, ancor di più quelle sulle eccezioni all’accesso generalizzato – avrebbero dovuto essere un vero e proprio vademecum, ad uso e consumo delle PA, soprattutto di quelle che, per dimensioni e risorse, non possono in alcun modo dotarsi delle professionalità adeguate auspicate dall’Autorità. Si rivelano, invece, delle “prime indicazioni”, utili ma niente affatto esaustive, rimettendo, per l’accesso generalizzato, ad una valutazione “caso per caso” che non tutti sono e saranno in grado di fare.
Soprattutto, comporteranno una non indifferente applicazione disomogenea sul territorio nazionale: la mancata previsione di un registro delle richieste accessibile online, infatti, renderà di fatto impossibile una cooperazione tra PA, nell’evasione uniforme di richieste analoghe.
Forse è anche per questo che le Linee Guida “sull’attuazione degli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni contenute nel d.lgs. 33/2013 come modificato dal d.lgs. 97/2016”, approvate con la Deliberazione n. 1310 del 28 dicembre u.s. sono state in extremis denominate “prime Linee Guida”? Vedremo.
Scomparsa di alcuni obblighi di pubblicazione
Erano 270 vigente la vecchia disciplina del D. Lgs. n. 33/2013, sono 264 con l’entrata in vigore della riforma.
Alcuni di essi, inspiegabilmente abrogati espressamente nel testo del decreto, sono fatti rivivere da Anac, con una singolare operazione di coordinamento che avrebbe dovuto fare il decreto a monte, per espressa delega – operata sulla base della mancata abrogazione espressa di un identico o similare obbligo inserito nella legge anticorruzione n. 190/2012. Rimangono così in vigore – e per fortuna – gli adempimenti relativi ai provvedimenti di autorizzazione o concessione, o quelli di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, e – sempre per fortuna – il monitoraggio periodico dei tempi procedimentali. Sancita, quindi, la prevalenza dell’anticorruzione – non è certo un caso che la programmazione della trasparenza sia assorbita nella programmazione dell’anticorruzione – che è sì reale, ma complicata dalla evidente mancanza di un testo unico – non doveva essere questa la sede per farlo? -; altri obblighi, troppi, sostituiti dal linking alle proprie banche dati, per la cui predisposizione/strutturazione/gestione/utilizzo non esistono ancora le previste Linee Guida.
Risultato? obblighi esistenti, ma al momento inapplicabili.
I regolamenti applicativi
Limiti ed eccezioni previsti nei regolamenti sull’accesso agli atti potranno temporaneamente essere applicati anche per disciplinare i limiti all’accesso civico generalizzato, prorogando ulteriormente al 23 giugno p.v. la già differita, completa entrata in vigore della normativa in esame. Termine troppo lungo, se è vero che il suggerimento di Anac alle Amministrazioni destinatarie è stato quello di dotarsi di nuovi regolamenti già entro la data del 23 dicembre u.s.
Evidentemente, quelli qui evidenziati sono solo alcuni dei punti critici che l’entrata in vigore della nuova disciplina non ha risolto.
Tra tutti, voglio sottolineare le difficoltà applicative per le P.A., da non sottovalutare dal momento che la carenza di mezzi e personale rende sempre più stridente la difficoltà delle riforme a “costo zero”, che sono tali solo sulla carta – senza che solitamente sia nota la valutazione ex ante -, ma che un costo considerevole hanno sia per il cittadino/utente – che vede frustrato e disapplicato un proprio fondamentale diritto -, sia per le tante persone di buona volontà che lavorano nelle P.A., alle prese con quotidiane difficoltà.
Gli si diano strumenti e mezzi per operare, presto e bene. Solo così, questa e altre riforme potranno realmente funzionare.