il commento

Noci, “Dopo Piacentini, la pubblica amministrazione che ci serve per cambiare l’Italia”

Incubatori d’impresa, pubbliche amministrazioni, centri di ricerca e formazione, grandi imprese. Queste forze stanno già lavorando per gestire in modo strutturato il cambiamento attraverso l’introduzione delle nuove tecnologie. Occorre valorizzarle e portarle a sistema, ma con una visione strategica. E qui deve agire la PA

Pubblicato il 20 Set 2018

Giuliano Noci

Politecnico di Milano

italia

Mentre è ormai ufficiale e di dominio pubblico la notizia dell’addio di Piacentini (commissario all’Agenda digitale nominato da Renzi) e si attende che la nuova direttrice dell’Agenzia per l’Italia Digitale (Teresa Alvaro) si insedi, si può essere tentati di cadere preda dell’horror vacui. Allora, in un momento di incertezza come questo, è importante tornare ai fondamentali. Per fare l’Italia digitale.

La digitalizzazione sta radicalmente trasformando la nostra società. Internet of Things, intelligenza artificiale, stampa 3D, automazione, blockchain sono solo alcune delle tecnologie che stanno gradualmente ma inesorabilmente cambiando il nostro modo di studiare, lavorare, comprare, divertirsi.

I colossi della Silicon Valley stanno cercando di cavalcare questo cambiamento proponendo e imponendo nuovi modelli di business e nuovi servizi raggiungendo in borsa valorizzazioni paragonabili a quelle del PIL del nostro Paese. Sono, questi, temi meno facilmente comunicabili rispetto ad altri che in questi giorni campeggiano sulle prime pagine dei giornali; si tratta tuttavia dei fattori che più profondamente impatteranno su temi come l’immigrazione, il lavoro, il reddito di cittadinanza, la qualità di vita della nostra società civile.

Una PA protagonista del cambiamento

In questo scenario, la Pubblica Amministrazione italiana può decidere di non fare nulla e quindi subire quello che sarà deciso da altri interlocutori (per lo più stranieri) o può invece prendere coscienza del cambiamento in atto e cominciare a diventarne protagonista, come ad esempio sta cercando di fare l’Unione Europea che nel giugno di quest’anno ha proposto di investire nel prossimo settennio 9,2 miliardi di euro di cui 2,7 per un supercomputer in grado di assicurare un uso più ampio ed efficiente del supercalcolo nel settore pubblico con capacità a esascala, ossia un miliardo di miliardi (o 1018) di calcoli al secondo, e 2,5 miliardi per permettere alle autorità pubbliche e alle imprese, soprattutto quelle più piccole, di avere un più agevole accesso alle strutture di prova e sperimentazione in intelligenza artificiale negli Stati membri.

Le forze protagoniste del cambiamento

Una volta deciso “se” orchestrare e supportare il processo di cambiamento delle nostre imprese e dei nostri Enti pubblici il “come” diventa forse più facile. A questo riguardo, è essenziale capire come valorizzare al meglio e portare a sistema le forze che già oggi stanno lavorando per gestire in modo strutturato il cambiamento attraverso l’introduzione delle nuove tecnologie: incubatori di impresa – che sfruttano la capacità di innovazione e la conoscenza delle proprie start up per fornire consulenza e far crescere le imprese del territorio di riferimento -; pubbliche amministrazioni, che si coordinano per mettere a fattor comune competenze e capacità di spesa per sviluppare e adottare nuove soluzioni tecnologiche e organizzative; centri di ricerca e formazione che negli anni sono diventati veri e propri centri di competenza per tutte gli stakeholder di riferimento; grandi imprese che oggi hanno la disponibilità e volontà di investire importanti capitali per sviluppare e promuovere nuovi prodotti e servizi.

Il ruolo della Pubblica Amministrazione

In questo senso, la Pubblica Amministrazione potrebbe giocare un ruolo molto importante attraverso iniziative di coordinamento, supporto e monitoraggio dei progetti in essere: nella prospettiva che quelli virtuosi già esistenti possano crescere e diffondersi. Un ruolo che richiede conoscenza del contesto e visione strategica sulla trasformazione digitale da perseguire e che ha un ostacolo significativo nella burocrazia: basti pensare che nella passata legislatura si è pensato alla costituzione di strutture straordinarie.

Un esempio evidente è rappresentato dal Team Digitale di Piacentini, appunto, che in pochi mesi è riuscito a fornire al sistema delle PA italiane strumenti e metodologie che si faceva anche solo fatica a individuare come necessarie. Strumenti come “Designer Italia”, che mette a disposizione guide, strumenti di lavoro e un forum per favorire la collaborazione tra designer e rafforzare il ruolo del design nello sviluppo dei servizi pubblici, o come “Developer Italia”, una comunità di sviluppatori che progettano e realizzano i servizi digitali open source a supporto della Pubblica Amministrazione Locale e Centrale. Strumenti che sono tasselli fondamentali per dare attuazione a principi come quello del “riuso” del software nella Pubblica Amministrazione stabiliti quasi 15 anni fa ma che fanno ancora fatica ad essere applicati.

È necessario quindi che si trovi una soluzione per evitare che sia solo con strutture di emergenza che in Italia si riescono a fare le cose. È necessario che si lavori affinché non accada più che i quasi 200 milioni di contributi finalizzati a finanziare lo sviluppo di Città intelligenti del futuro non siano ancora stati erogati al sistema della ricerca e delle imprese.

Quale burocrazia per un cambiamento equo

I progetti da mettere in cantiere sono certamente numerosi e in questi giorni si sprecano le proposte al Governo e al nuovo Direttore dell’AgID sulle priorità da affrontare e sul come gestirle. Colgo qui l’occasione per farle i miei migliori auguri per il suo mandato. Non voglio quindi in questa sede formulare ulteriori proposte o puntualizzazioni perché di idee buone ce ne sono già tante sul tavolo.

Voglio però evidenziare che la Pubblica Amministrazione è fatta prima di tutto da persone e sono loro che devono in primo luogo essere convinte che è necessario e possibile cambiare e che devono quindi essere incentivate e valorizzate affinché trovino l’entusiasmo di affrontare queste sfide.

Perché è un dato di fatto che oggi la “burocrazia” dà la possibilità a chiunque all’interno della PA di fermare l’innovazione senza conseguenze personali ma allo stesso modo la “burocrazia”, se ben utilizzata, ha in sé già le basi per consentire un processo di cambiamento equo e trasparente per tutto il sistema Paese.

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