La banca dati del DNA è uno strumento tecnologico all’avanguardia che rende possibile un più efficace contrasto di taluni reati, oltre che uno strumento davvero indispensabile per affrontare i casi delle cosiddette “persone scomparse”.
La banca dati del DNA, inoltre, non si presenta come “strumento a sé stante”; infatti è concepita in modo da essere in sintonia con le banche dati degli altri paesi europei. Ciò grazie allo sviluppo, anni fa, di un trattato di intesa tra diversi Stati europei, con il quale, gli stessi, si impegnavano singolarmente alla costruzione di un imponente database di dati del DNA e, contestualmente, si impegnavano alla condivisione dei dati.
Il software Codis dell’FBI in uso alle forze dell’ordine
È doveroso specificare che la banca dati deve la sua istituzione in Italia alla Legge n. 85/2009, in materia di contrasto al terrorismo, alla criminalità organizzata trans-nazionale ed all’immigrazione clandestina. Tale legge, portando fattivamente alla creazione della banca dati del DNA in Italia, ha la finalità di rendere più agevole l’identificazione degli autori dei reati.
Tale normativa, davvero molto stringente sotto determinati punti di vista, specie sulla regolamentazione dei profili “idonei” ad essere acquisiti e immessi nel database, ha comportato l’elaborazione di un programma tecnico ad hoc proprio per rendere operativa la banca dati. Il software che supporta l’impianto del database e permette l’organizzazione dei dati relativi al DNA nel sistema informatico si chiama CODIS (Combined DNA Index System) ed è stato fornito direttamente dall’FBI alla direzione centrale della polizia criminale italiana. Ciò si è reso necessario proprio a fronte della alta specificità e del particolare funzionamento che richiede un software per il corretto management di questo tipo di dati.
Il CODIS operante in Europa, similmente al modello americano, ha tre livelli di organizzazione funzionale:
- 1° livello, entro il quale i profili genetici sono materialmente elaborati e vengono immessi nel sistema
- 2° livello, entro il quale i profili genetici acquisiti in uno stesso Stato vengono immessi in un maxi-file che li raggruppa
- 3°livello in cui tutti i profili genetici provenienti dai file dei diversi stati sono riuniti. Qui sono possibili i riscontri comparativi, i quali sono funzionali anche se il campione registrato nel database e quello di riferimento che produce il match provengono da Stati diversi
Regolamento banca dati del DNA in Italia
Sotto il profilo, poi, del contesto giuridico internazionale, la Legge N. 85/2009 (regolamento istituente la banca dati del DNA in Italia) segna proprio l’adesione dell’Italia al trattato di Prum, firmato il 27 maggio 2005 da Germania, Spagna, Francia, Belgio, Austria, Paesi Bassi e Lussemburgo; tale trattato ha l’obiettivo di rafforzare gli strumenti in dotazione delle forze di polizia dei diversi Stati europei succitati favorendo lo scambio informativo e la cooperazione per contrastare efficacemente fattispecie delittuose quali terrorismo, criminalità trans-nazionale ed immigrazione clandestina. Inoltre, lo sviluppo di tale importante database è in grado di fornire un validissimo supporto nei casi delle “persone scomparse”, in quanto ciò è mezzo di ausilio importante per un’eventuale identificazione od esclusione di un soggetto del quale si sono perse le tracce, ovvero un soggetto che risulta irreperibile dalla legge.
La normativa che disciplina tale argomento, ovvero il rafforzamento dei sistemi tecnologici di polizia investigativa a mezzo di istituzione del database del DNA, è articolato in modo minuzioso, talvolta anche complesso. Entro questo vi sono alcune normative che, per una corretta divulgazione dell’argomento, è bene richiamare. Nel secondo capitolo, per esempio, si disciplina l’impegno reciproco delle parti contraenti a creare dei maxi-schedari nazionali, all’interno dei quali va acquisito, conservato e preservato il DNA di una categoria ben determinata di soggetti, per i quali la legge in materia, anche e soprattutto in chiave di prevenzione dei fenomeni delittuosi, prevede la possibilità di acquisizione e conservazione delle informazioni provenienti dal materiale genetico.
Il Capo II, inoltre, appositamente prevede l’istituzione della Banca Dati del DNA presso il Ministero dell’Interno- Dipartimento della Pubblica Sicurezza, e del laboratorio centrale per la banca dati del DNA istituito presso il Ministero della Giustizia- Dipartimento della Amministrazione Penitenziaria.
In ultimo, è da specificare che, proprio per avere maggiori tutele, anche viste le nuove disposizioni sulla privacy emanate ad inizio 2018, il controllo sulla banca dati del DNA sarà costantemente sotto la cura e la vigilanza del Garante Nazionale della privacy.
Attuazione della banca dati DNA italiana
Infine, è importante sottolineare il fatto che, sebbene la legge che predispone l’istituzione della banca dati del DNA in Italia sia del 2009, la reale attuazione di tale database non è stata possibile prima del 2017, fin quando, con D.M. del 12 maggio p.v., il Ministro dell’Interno ha provveduto alla pubblicazione del cd “decreto attuativo” in Gazzetta Ufficiale (n.137 del 2017) con il quale, fattivamente, si è giunti alla reale istituzione della banca dati del DNA operante sul territorio italiano e con possibilità di propria interazione con le banche dati DNA degli altri paesi europei aderenti all’intesa.
L’istituzione della banca dati italiana è fattivamente avvenuta a seguito della soddisfazione totale di stringenti requisiti descritti nella “check-list”, atti appunto ad accreditare ed allineare le procedure di acquisizione, analisi ed immissione del DNA in banca dati dei 15 laboratori eletti per tale scopo. Tali laboratori sono dislocati in diverse regioni del territorio italiano e sono direttamente sotto il controllo delle FFOO, tra Carabinieri, Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria, nonché sono presenti in rinomati poli universitari italiani.
Ad oggi, la banca dati del DNA italiana è composta da circa 40mila campioni di soggetti fermati, il cui arresto è stato sottoposto a convalida da parte del giudice.
Privacy e legittimità del trattamento delle informazioni
Sempre in tema di privacy e legittimità nel trattamento di informazioni sensibili (quali il DNA dei cittadini), va specificato che tale software, in ottemperanza alle leggi sulla privacy dei soggetti, è in grado di catalogare efficacemente tutti i profili del DNA presente nel database, nonché di garantire in modo efficace l’anonimato. Ciò si realizza in quanto il software prevede l’assegnazione di codici alfanumerici specifici ed unici a ciascuno campione. Ciò, di fatto, rende le informazioni presenti nel database visibili solo come “un mero insieme di numeri e lettere”, sistema questo idoneo alla tutela della privacy dei soggetti e, al contempo, al corretto funzionamento della banca dati quale strumento di utilità investigativa-forense per la trattazione e la risoluzione di molteplici fattispecie delittuose.