Un recente lavoro di due economisti del MIT e della North Carolina School of Law “Can Robots be Lawyers” ha mostrato che il 13% del lavoro di un avvocato potrà essere automatizzato; altri arrivano anche al 23% (McKinsey). Ma ciò non solo con conseguenze “negative”: si è rilevato infatti che gli studi professionali che hanno investito di più in tecnologie hanno anche aumentato il proprio reddito.
Partiamo però da un altro dato: è quello fornito dallo studio del World Economic Forum secondo cui il 65% dei bambini che oggi vanno a scuola, una volta diplomati o laureati, svolgeranno dei lavori che ad oggi ancora non esistono, ma che possiamo provare ad immaginare.
Secondo il forum di Davos, entro il 2020 si prevede la perdita di 7.1 milioni di posti di lavoro, la maggior parte nei ruoli amministrativi. Contemporaneamente però ci sarà anche un incremento fino a 2 milioni di posti di lavoro nelle professioni del settore delle tecnologie, della matematica e dell’ingegneria: un differenziale quindi di 5,1 milioni di posti di lavoro.
Intelligenza artificiale e studi professionali
Il tema dell’Intelligenza Artificiale, quindi, sta entrando anche negli studi professionali e nella Pubblica Amministrazione, con un obiettivo ben preciso: quello di sfruttare sistemi automatici per ridurre le mansioni di routine e smaltire le pratiche che si accatastano sulla scrivania.
Ma c’è una differenza rilevante tra la sostituzione di lavoro umano mediante macchine cui si è assistito in passato e quella a cui probabilmente assisteremo nel prossimo futuro.
I robot dotati di intelligenza artificiale, infatti, incominciano a sostituire anche il lavoro umano di contenuto professionale molto elevato. Ci si trova quindi di fronte almeno a due scenari: quello dove l’automazione ci libererà dai compiti più ripetitivi lasciandoci concentrare su quelli a più alto valore aggiunto; e quello di robot molto specializzati di alto livello con conseguente aumento della domanda di formazione e competenze di medio livello.
Dal lavoro morto al lavoro vivo
In altre parole si passerà “dal lavoro morto al lavoro vivo” (Ferraris) con più tempo da impegnare nelle attività intellettuali importanti. O ancora più precisamente nel nostro ambito giuridico “l’informatica potrà essere d’aiuto nel fornire ed elaborare i precedenti in modo da trarre da ciò che fu deciso indici di prevedibilità di ciò che si deciderà” (Marchetti).
Ecco allora il via libera a software per catalogare i dati e algoritmi che scansionano i documenti, per facilitare la conoscenza di normative e giurisprudenza; e software che istruiscono gli assistenti vocali a rispondere con rapidità a complesse domande sulle leggi fiscali italiane.
Per la maggior parte degli osservatori l’intelligenza artificiale, quindi, è ancora in una fase pionieristica, ma tuttavia lascia appunto intravedere il suo valore aggiunto: un «supporto decisionale» che libera energie intellettuali.
Secondo alcuni sotto questo punto di vista «la categoria dei notai non ha da temere impatti rilevanti sul modo di lavorare in quanto gode già di un tasso di informatizzazione molto elevato». «Ci sono parecchie funzioni primarie della professione che non possono essere sostituite: ad esempio, come fa un software a capire se una persona è capace di intendere e di volere?» (Sole24Ore 18/06/2018).
Intelligenza artificiale e lavoro notarile
Anche in questo campo, tuttavia, non viene meno l’interesse del notariato che, per il tramite della Commissione informatica del Consiglio Nazionale, sta iniziando le prime attività di approfondimento sull’impatto che l’intelligenza artificiale potrà avere nella quotidianità del lavoro notarile, con particolare riferimento alla individuazione della soluzione giuridica e alla compilazione dell’atto.
Principalmente, di fronte alle nuove tecnologie (ad es. blockchain), il notariato si interroga su cosa comporti la loro adozione in termini di sicurezza e tutela dei diritti delle persone, e se queste siano effettivamente neutre o non possano favorire alcuni (in genere i più forti) a discapito di altri.
Siamo convinti in ogni caso che un compito tecnologicamente evoluto non escluda la funzione di controllo e garanzia che l’ordinamento attribuisce a un soggetto terzo e imparziale, qual è appunto il notaio.
Certo in questo contesto occorrerà uno sforzo di carattere culturale e operativo; i notai dovranno prima convincersi e poi continuare a formarsi e aggiornarsi, nella consapevolezza che il cambiamento in atto nella società comporterà per tutti la necessità di trovare nuovi percorsi.