whistleblowing

Corruzione, i Comuni italiani non sanno rilevarla: lo dimostra uno studio

Nel 2017, su 115 capoluoghi di provincia monitorati solo 16 sono stati in grado di identificare casi di corruzione al proprio interno, mentre resta alto il timore di segnalare casi di illeciti ai superiori nonostante le tutele. I dati emersi dalle relazioni dei Responsabili della prevenzione della corruzione dei comuni

Pubblicato il 20 Nov 2018

Salvatore Papa

Riparte il Futuro

IA e lotta alla corruzione

Resta ancora un tabù o un timore per i dipendenti pubblici italiani dover segnalare al proprio superiore o comunque nel proprio ambiente lavorativo un caso di corruzione, nonostante l’entrata in vigore della nuova normativa sul whistleblowing, che introduce forme di tutela nei confronti di chi segnala casi di illegalità sul posto di lavoro.

Fa riflettere il dato, fra i molti altri, rilevato dallo studio “L’anticorruzione nei comuni italiani”, un’analisi che valuta le relazioni dei responsabili anticorruzione negli anni 2015-2017 in 115 comuni capoluoghi di provincia, presentato in occasione della recente Assemblea dell’ANCI e realizzato da Riparte il futuro, Civico97 e Transparency International Italia. Ecco cosa è emerso.

Le relazioni dei responsabili della prevenzione della corruzione

Secondo quanto indicato dall’art. 1 comma 14 della legge n. 190/2012, ogni anno, i Responsabili della prevenzione della corruzione hanno il compito di pubblicare nel sito web dell’amministrazione di loro appartenenza una relazione recante i risultati dell’attività svolta durante l’anno precedente in tema di prevenzione del fenomeno corruttivo. La relazione è, quindi, un documento redatto dagli stessi responsabili anticorruzione con l’obiettivo di dare evidenza del proprio lavoro in tema di prevenzione. La sua funzione è innanzitutto informativa perché si propone di comunicare all’opinione pubblica informazioni su eventi corruttivi verificatisi, sulle segnalazioni da parte di whistleblower, sulla trasparenza dell’ente e la possibilità di accedere alle informazioni, sulla rotazione degli incarichi e, infine, sulla formazione specifica in materia di anticorruzione.

I dati emersi dalle relazioni

Dall’analisi delle relazioni emerge un dato lampante: nel 2017, 99 comuni capoluogo su 115 (86% del totale) non hanno rilevato nemmeno un evento corruttivo. Si tratta di un dato in controtendenza rispetto alle segnalazioni di casi corruttivi raccontati dai media nello stesso anno (e per gli stessi luoghi).

Mentre infatti le cronache della stampa riportano numerose e diverse vicende di illegalità, le relazioni non sempre ne contengono traccia. I dati emersi dalle relazioni risultano però viziati dalla mancanza di una definizione precisa e condivisa di cosa sia un “evento corruttivo”, visto che gli enti pubblici non hanno ricevuto linee guida precise che aiutino il loro lavoro di reportistica.

Inoltre l’85,2% delle amministrazioni comunali monitorate (98 su 115) non ha raccolto – sempre facendo riferimento all’anno 2017 – alcuna segnalazione di corruzione da parte dei propri dipendenti e di quelli delle società partecipate, facendo segnare un calo del 10% rispetto ai dati rilevati nel 2016. Ciò, nonostante l’entrata in vigore della nuova legge sul whistleblowing, che introduce forme di tutela nei confronti di chi segnala corruzione e illegalità sul posto di lavoro. I dati vanno però interpretati: mentre il numero delle segnalazioni giunte all’Autorità nazionale anticorruzione è cresciuto sensibilmente a seguito dell’approvazione della nuova legge, segnando perciò un trend in forte crescita, per molti è ancora un tabù o un timore dover segnalare al proprio superiore o comunque nel proprio ambiente di lavoro.

Trasparenza, i (lenti) miglioramenti della PA

Il report ha evidenziato come la trasparenza e l’accessibilità della PA siano migliorate, ma ancora molto lentamente: nel 2017, 100 enti pubblici su 115 hanno dichiarato di aver ricevuto una o più istanze di accesso civico generalizzato, ovvero richieste da parte dei cittadini di accedere agli atti detenuti dalle amministrazioni. La normativa sull’accesso alle informazioni introdotta nel 2016 (FOIA) ha chiaramente aumentato il livello di responsabilizzazione degli enti pubblici, ma il processo risulta oggigiorno ancora molto lento.

Infine, le problematiche maggiori sembrano riguardare i conflitti d’interessi solo il 42% degli enti locali monitorati presenta infatti un sistema di rotazione dei dipendenti per prevenire questo rischio, e solo il 43% delle grandi amministrazioni ha definito regole chiare di inconferibilità per i dirigenti in conflitto d’interessi.

Le Relazioni, quindi, si confermano essere un documento molto utile sia per i responsabili della prevenzione della corruzione, che hanno dimostrato, nella maggior parte dei casi, di utilizzare correttamente tale strumento, sia per i cittadini che, tramite la lettura delle relazioni, possono comprendere in maniera immediata quanto realizzato sulla lotta alla corruzione negli ultimi tre anni.

Lo strumento può essere sicuramente migliorato partendo da una maggiore attenzione e precisione alla sua compilazione. Nonostante ciò, siamo convinti che i dati pubblicati rappresentino un importante bagaglio di conoscenza e un primo passo per ulteriori e più approfondite analisi.

C’è da dire, però, che i responsabili anticorruzione si trovano spesso disarmati e non riescono autenticamente a vigilare con attività ispettive, per questo motivo abbiamo lanciato un invito ai Sindaci italiani perché dotino i propri enti di strumenti validi per la lotta contro la corruzione permettendo a chi ne è preposto di poter effettivamente operare.

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