Un uso responsabile della tecnologia si impone con urgenza, a partire dai progettisti.
Ce l’ha ricordato un interessante rapporto, “Human Rights in the Age of AI” (artificial intelligence), appena pubblicato da Access Now. Si legge che da una parte la tecnologia come l‘Intelligenza Artificiale “contestualizzata” può aiutare ad affrontare molte sfide in campi come la sanità, l’agricoltura, il cambiamento climatico. Dall’altra, la tecnologia “decontestualizzata” rischia di essere vista come “neutra” e quindi prestarsi a abusi e usi impropri, con impatti spaventosi sulla società e sul pianeta.
Si pensi alla sorveglianza di massa, alla diffusione della disinformazione, all’impatto dell’intelligenza artificiale sul lavoro, nel mondo della finanza; con il rischio di accentuare discriminazioni sociali togliendo controllo alla parte umana.
Da segnalare anche un recente reportage di BBC su come l’intelligenza artificiale sfrutti il lavoro sotto pagato nel Sud del mondo, ad esempio a Kibera (Nairobi) (dove per esempio taggano immagini per permettere a programmi di AI migliorare nel riconoscimento immagini).
I computer professional stanno seriamente interrogandosi sul loro ruolo nelle imprese e nella società: pochi mesi fa, ad esempio, la più grande associazione di informatici del mondo, la ACM, Associatio for Computer Machinery, ha rilasciato, raccogliendo i contributi di migliaia di professionisti, ricercatori, docenti, il nuovo codice etico.Una innovazione socialmente desiderabile, ambientalmente sostenibile e eticamente accettabile è possibile ma i progettisti devono allargare la loro prospettiva, includendo tutti gli stakeholder (incluso il pianeta) e tenendo presente il contesto nel quale si trovano ad operare.
Il ruolo dei policy maker, degli utilizzatori è importante ma ancora più importante è il punto di vista di chi le tecnologie le progetta: i computer professional. Per loro diventa urgente un salto qualitativo nel loro percorso formativo che deve includere aspetti deontologici e di etica professionale.