Nuovo governo

Santoni (Cisco): “Puntare su infrastrutture e cultura digitali per rilanciare il Paese”

L’Agenda Digitale sarà operativa quando non ne parleremo più, perché la tecnologia sarà diventata parte integrante delle scelte del nostro Paese in ogni campo: economico, sociale, industriale. Bisogna continuare a lavorare sulle due premesse chiave per una piena digitalizzazione: l’infrastruttura e la cultura

Pubblicato il 07 Giu 2013

Agostino Santoni

VP Confindustria con delega al Digitale

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Il nuovo Governo deve gestire una situazione di crisi che richiede allo stesso tempo attenta riflessione e rapidità di azione, sulla spinta di dati che parlano chiaro. Il PIL del Paese in negativo da sette trimestri, la disoccupazione giovanile oltre il 30%, lo stallo di settori che hanno storicamente trainato la nostra economia e non hanno risorse per affrontare adeguatamente un contesto competitivo sempre più duro.

A fronte di questo scenario, continuare a lavorare sull’ Agenda Digitale è una necessità. Una integrazione intelligente, scalare e pervasiva della tecnologia nelle scelte delle istituzioni, e nel tessuto imprenditoriale e sociale, è una leva decisiva per rilanciare l’Italia. Se c’è un appello da fare oggi a tutti coloro che sono coinvolti nell’attuazione delle misure previste dal decreto Crescita 2.0 e ad ulteriori passi avanti è questo: prendete in considerazione l’opzione digitale in ognuno dei provvedimenti che sono e saranno allo studio per affrontare i problemi di questo paese, consideratela una chiave di volta per il futuro.

La tecnologia permette di liberare risorse economiche importanti – come ha sottolineato di recente una ricerca dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management del Politecnico di Milano, che ha stimato in circa 70 miliardi di euro i risparmi che potrebbero venire da una piena digitalizzazione del paese; soprattutto, permette di creare le condizioni per attrarre investimenti, aprire nuovi spazi alle nostre imprese, coltivare innovazione e talenti.

Perché ciò possa avvenire, è però necessario lavorare su due premesse che, purtroppo, per l’Italia costituiscono ancora un problema: infrastruttura e cultura.

Per quanto riguarda l’infrastruttura, sappiamo che oggi non siamo ancora in grado di garantire un accesso di qualità alla Rete all’intero paese: in particolare, non si raggiungono in percentuali francamente preoccupanti settori nevralgici per il nostro futuro, come la scuola e le nostre PMI.

Per quanto riguarda la scuola, un recente rapporto OCSE riporta che solo circa il 50% delle classi è raggiunta da una connessione web, e dove questa c’è non è scontato che abbia una banda sufficiente per una didattica di qualità. In parallelo le piccole e medie imprese, che potrebbero prosperare reinventandosi in un’ottica digitale, patiscono una diffusione carente di banda e servizi, che impedisce loro, ad esempio, di sfruttare al meglio l’e-commerce, di accedere in modo efficace a marketplace internazionali e di servirsi di tecnologie largamente diffuse altrove, che possono fare la differenza.

Ci si aspetterebbe una levata di scudi incisiva e visibile contro questa situazione: invece , anche se le voci ci sono, non si è ancora raggiunta una massa critica, e ciò in buona parte a causa di una carenza culturale rispetto al digitale che non è affrontata sistematicamente né a livello educativo né nei confronti della popolazione adulta. Una azione decisa anche in questo senso è fondamentale, perché condizione per la trasformazione digitale del nostro paese è che la maggiore disponibilità di accesso di qualità alla Rete incontri una domanda più consapevole di ciò che si può chiedere alla Rete.

Banda larga e cultura digitale non sono certo una panacea per tutti i mali che affliggono oggi il nostro paese; d’altro canto, ulteriori ritardi nel creare le condizioni per un utilizzo efficace della tecnologia comprometteranno definitivamente la nostra capacità individuale e collettiva di stare al passo con scenari di grande importanza.

Faccio un esempio, legato ad un fenomeno che oggi Cisco mette al centro della propria visione strategica e operativa: l’Internet of Everything. Con questa espressione, indichiamo uno scenario in cui il proliferare di connessioni fra persone, processi, dati, “oggetti” trasforma la connessione stessa in un valore per costruire nuovi modelli di business, immaginare nuovi prodotti e servizi, trasformare l’esperienza di vivere, lavorare, apprendere. Può sembrare uno scenario futuristico, ma è già qui e produce cambiamento ora, quando solo l’1% di ciò che potenzialmente si può connettere al web è connesso; ed è uno scenario che fra sfide e opportunità, può generare un “valore potenziale” globale (value at stake) pari a 14.400 miliardi di dollari nei prossimi dieci anni – e questo considerando solo il mondo business.

Il mondo dell’Internet of Everything è un mondo in cui per vincere contano allo stesso modo la capacità di gestire in modo solido, sicuro e affidabile una complessità senza precedenti e la capacità di cogliere le possibilità di innovazione “nascoste” in questa immensa massa di nuove relazioni. Non riesco a immaginare niente di più adatto alla creatività che il mondo ci riconosce, ed al talento dei giovani che studiano nelle nostre università, lavorano nelle nostre aziende e nei nostri centri di ricerca.

E’ per questo che attuare subito l’ Agenda Digitale è importante: perché permette di intervenire sulle difficoltà presenti in modo già orientato al futuro. Se questo accadrà, finalmente non parleremo più di Agenda Digitale perché la vedremo in azione, e la tecnologia sarà diventata parte integrante delle scelte del nostro paese in ogni campo.

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